Magazine Per Lei
Quando è scoppiata la guerra nella ex-Jugoslavia, agli inizi degli anni 90, io ero impegnata con l'università e con la costruzione di quello che pensavo sarebbe stato l'amore della mia vita.
Seguivo quelle vicende neanche troppo lontane senza approfondire molto e il risultato è che non ho mai capito bene che cosa era successo, com'è che lì tutti avevano cominciato a combattersi l'un l'altro, fino a dare vita a un nuovo orrore proprio di fianco a noi italiani.
Dieci giorni fa, però, un mio amico mi ha messo in mano La figlia, un romanzo pubblicato da Sellerio e mi ha detto che era un libro bellissimo. L'ho letto e ora della guerra nella ex Jugoslavia so molto di più. Non solo: ora, grazie all'autrice di quel libro, Clara Usòn, sono entrata nella testa dei più importanti protagonisti di quell'orribile pagina della nostra storia (ripeto: della NOSTRA storia) da Slobodan Milosevic a Radovan Karadzic, da Ratko Mladic a Biljana Plavsic.
La figlia del titolo è Ana Mladic, adorata primogenita di Ratko, il generale serbo che ha condotto la feroce guerra in Bosnia, colui che con il suo esercito ha assediato Sarajevo per quattro anni (12 mila morti, 50 mila feriti) e che ha compiuto vari massacri di uomini, donne, vecchi e bambini, in nome di un odio cieco e furioso per i musulmani. Un mostro, insomma.
Nel 1994 Ana a 23 anni si è suicidata sparandosi con la pistola più cara a suo padre.
Clara Usòn ricostruisce in forma di romanzo in che maniera la ragazza arrivò a quel gesto. Per farlo si è documentata per tre anni, ha indagato, intervistato, scavato... e alla fine ha scritto un libro travolgente perché riesce a farci entrare nella testa dei protagonisti di quelle vicende, mischiando finzione letteraria e cronaca storica in modo molto onesto e ricco di umanità.
È una lettura dolorosa e perturbante, come è normale che sia quando si entra dentro il Male, quando la Storia si incarna nei personaggi che davvero l'hanno fatta (o subita), che non sono più solo nomi scritti sulla carta, ma portano pensieri ed emozioni in cui è perfino possibile riconoscersi. Mi sono irritata di fronte all'ostinato nazionalismo di Ana, ma ho anche sofferto con lei per lo strazio della lotta che le è poi nata dentro di fronte ai dubbi che la tormentavano. Ho provato vergogna per il generale olandese dei caschi blu, vigliacco e complice, e per tutti noi che ce ne siamo stati belli al sicuro a guardare, e ho sorriso amaro insieme a Danilo, una delle voce narranti, così lucido nella sua disillusione.
Non solo, la Uson cita molti documenti video che si trovano facilmente su Youtube. Inevitabile per me andare a cercarli. E così ho scoperto il volto, la risata, lo sguardo della vera Ana e non li dimenticherò mai più. E allo stesso modo ho visto suo padre scherzare con la sua famiglia e i suoi soldati, piangere annichilito dal dolore sulla bara di Ana ma anche camminare baldanzoso tra le rovine di un paesino bosniaco raso al suolo, tronfio davanti a centinaia di musulmani tremanti e macilenti. L'ho ascoltato ribadire la necessità di una conquista totale e ho visto Biljana Plavsic, la genetista serba ideologa del genocidio baciare la tigre Arkan dopo una delle sue sanguinarie imprese.
È un capolavoro questo libro. Davvero il libro da leggere, da non perdere, perché capace di incagliarsi dentro e di riverberare a lungo, e magari chissà, anche di renderci più vigili e attivi di fronte alla storia che stiamo vivendo (do you remember Siria?) e che vivremo domani.
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