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Secessioni dolci e confusioni amare

Creato il 28 novembre 2010 da Zfrantziscu
Secessioni dolci e confusioni amareHo sempre pensato, e a volte detto, di amare l'Italia, intesa come penisola, ma di non avere alcuna stima dello Stato italiano. La prima è una straordinaria raccolta di paesaggi incantevoli, di bellissimi lasciti dei popoli che l'hanno abitata, di nazioni dagli spiriti diversi, e anche di brutture, naturalmente, ma non più che in altre parti. Ma non stimo questo Stato, forse perché la sua natura di stato unitario è truffaldina, frutto di imbrogli e di aggressioni che, accaduti oggi, avrebbero suscitato forti reazioni internazionali. Anche per questo lo Stato nazione è in crisi, non solo quello italiano (il belga sta molto peggio) ma anche l'italiano.Fatto sta, il suo declino non può essere arrestato dagli enfatici richiami all'unità nazionale che altro non è se non la pretesa della Nazione italiana, che pure esiste nel sentimento di chi sente di farne parte, di sovrapporsi alle nazioni non italiane, dalla sarda alla sudtirolese. Né credo questa decadenza potrà essere bloccata e invertita dal federalismo che timidamente si affaccia, troppo timidamente per essere efficace. La parte nord dell'ex Regno di Sardegna, insieme all'ex Lombardo Veneto è proiettata verso la secessione, prima dolce attraverso un federalismo asimmetrico, come lo chiede la Confindustria e la Regione Lombardia, e infine istituzionale, se il primo non sarà sufficiente. L'ex Regno delle due Sicilie, conquistato manu militari dal Regno di Sardegna con appoggi interni di élites locali, è oggi spaventato dal federalismo fiscale che, per non trasformarsi in una débacle economica e sociale, ha bisogno di forti finanziamenti da parte dello Stato centrale e di nuove classi dirigenti capaci di resistere alla seduzione dell'assistenzialismo. Ma le spinte a far da sé, soprattutto nella Sicilia più ricca, sono sempre più forti e sempre più decise a fare da sé. Gli ex stati del Centro, mediamente ben amministrati da Pci e discendenti, sono probabilmente i soli ad essere indifferenti alle due voglie e/o necessità di secessione. In Sardegna c'è sta stata la settimana scorsa una specie di sondaggio sulla desiderabilità dell'indipendenza. 28 consiglieri regionali hanno detto di no, 21 hanno detto sì o forse, 29 erano assenti. Se gli indipendentisti non possono cantar vittoria, le vestali della “unità nazionale” non saranno certo in festa. Quel che potrà sembrare un esercizio di fanta-geopolitca è solo una sintesi delle preoccupazioni che da un po' di tempo a questa parte si leggono negli articoli di commentatori e politologi. Preoccupazioni che vanno crescendo mano a mano che la politica italiana dà il peggio (o il meglio, secondo i punti di vista) di se stessa di fronte alla crisi dello Stato, confusa con la crisi di governo di cui illusoriamente si pensa che finita questa finito il declino dello Stato. La cosiddetta “unità nazionale” è nuda davanti ai comportamenti della politica. E se le apposizioni, con la loro appendice finiana, giocano alla guerriglia parlamentare e urbana, amoreggiando strumentalmente con gli studenti e i ricercatori, la maggioranza evoca lo spettro di manovre mediatiche e internazionali tese a deprimere il buon nome dello Stato italiano. Fra queste manovre dovrebbe esserci la pubblicazione su un sito svedese di documenti compromettenti per almeno due governi, uno di centrosinistra, quello di Prodi, e l'attuale di centrodestra. Avrebbero, entrambi, fatto cose di cui è meglio non sapere. Si continua, insomma, a confondere cause ed effetti, fingendo di credere che, mandato a casa Berlusconi o confermato al governo, lo Stato italiano riconquisterà quel “sentimento nazionale” che si è perduto strada facendo. E di infingimento in infingimento, ecco ieri risuonare nella manifestazione della Cgil un grido: “Il nostro Paese non merita questa classe politica”. Già, chi sa chi la ha mandata al potere? Si è autopartorita o è “il nostro Paese” ad averla eletta?
PS – Ieri c'è stata a Cagliari la marcia pro s'indipendèntzia. Qualcuno che non ci fosse, sa per caso come è andata? Con l'arrogante consapevolezza che una cosa non raccontata non esiste, oggi i giornali non dedicano una riga alla manifestazione. Solo in Internet girano video e foto, a confermare che ormai la libertà di stampa gira quasi esclusivamente dalle parti di chi non fa giornali ma informazione.

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