Italo Arcidiacono
Inizia tutto per caso, o forse per gioco. È il 1964 ed è una storia come tante. Siamo a Jacksonville, Florida, un gruppo di adolescenti, che frequenta la stessa scuola, decide di mettere su una band. Sono tre ragazzi dai 13 ai 16 anni e nessuno di loro, credo, immagini che sia l’inizio di un’avventura che, trascorsi 50 anni, li porterà ad essere ancora oggi conosciuti in tutto il mondo. Il nucleo fondante di una delle formazioni più influenti e seminali del panorama rock mondiale è al momento composto dal cantante Ronnie Van Zant, ragazzo dal carattere sanguigno e pronto alla rissa, e dai chitarristi Allen Collins e Gary Rossington. Il loro professore di educazione fisica, Leonard Skinner, non ha nemmeno il sospetto che la sua politica di rigore verso chi porta i capelli lunghi lo farà diventare «con tutta probabilità l’insegnante di educazione fisica di scuola superiore più influente nella cultura popolare americana», secondo la definizione del New York Times. I suoi continui richiami, conditi da punizioni e sospensioni, gli procureranno infatti una certa reputazione negativa tra i membri del complesso che consegneranno il suo nome alla storia, storpiandolo in Lynyrd Skynyrd. Come da copione i ragazzi iniziano a farsi le ossa partecipando a diversi contests tra band del luogo e battendo tutti i locali della zona. Le influenze principali sono gli immancabili Rolling Stones, Hendrix, i Cream, ma il tratto caratteristico del loro bagaglio artistico, che porterà a quell’emulsione quasi perfetta tra tradizione e modernità, è il forte legame con le radici musicali del sud degli Stati Uniti: il Delta Blues, la musica delle paludi (Swamp Music), il country, la musica Hillbilly. Inoltre, non è fattore trascurabile che nel novembre del ’69 gli Allman Brothers Band, formatisi sempre a Jacksonville e musicisti di altissima tecnica e creatività, pubblichino il loro album d’esordio, introducendo il principio delle twin guitars che sovverte lo schema classico della musica rock, che ha previsto fino a questo momento la rigida distinzione tra chitarra ritmica e solista.
A completare il tutto mancherebbe solo un musicista di formazione classica e il caso vuole che la band ingaggi, in qualità di roadie, Billy Powell. Il nuovo tecnico del suono sa strimpellare discretamente il pianoforte e poco prima dell’inizio di un concerto, durante una breve pausa, butta giù una versione al piano di Free Bird. Ronnie Van Zant lo recluta all’istante nei Lynyrd Skynyrd. Nel 1972 durante un’esibizione ad Atlanta il gruppo (ora composto da Van Zant, Collins, Rossington, Powell, Bob Burns e Leon Wilkeson) viene notato e messo sotto contratto dal produttore e musicista Al Kooper, che intuisce l’imminente decollo della scena Southern Rock e ha appena fondato l’etichetta Sounds of the South per la casa discografica MCA. A breve entrerà in organico Ed King, in un primo momento al basso, come subentrante di Wilkeson, per poi passare alla chitarra al rientro del bassista originario. Il 1973 è l’anno di Pronounced ‘lĕh-’nérd ‘skin-’nérd, esordio di altissimo livello con gemme di valore assoluto come Simple Man e Free Bird, quest’ultima dedicata alla memoria di Duane Allman, il prodigioso chitarrista dei già citati Allman Brothers Band, scomparso in un incidente di moto. Del ’74 è invece la pubblicazione di Second Helping. Sul piano artistico il disco è considerato da alcuni appassionati – e con qualche ragione – meno ispirato del suo predecessore, rispetto al quale sarebbe in difetto in quanto a verve sanguigna, atteggiamento scanzonato e disinvolto, sincerità nell’approccio compositivo. Ma ciò che rende Second Helping un evento periodizzante nella storia della musica, va legato anche al fatto che la sua pubblicazione provochi lo sdoganamento definitivo del Southern Rock e la sua fuga dalla nicchia. È rarissimo trovare chitarristi di ogni genere che non si siano mai cimentati con Sweet Home Alabama.
Second Helping non è un lavoro che si distingue per significati profondi nascosti nei testi, non è un discorso complicato sull’interpretazione della realtà, ma una rappresentazione di vita quotidiana. I testi descrivono relazioni umane, legame con la propria terra d’origine, ricordi di esperienze vissute. La musica non evoca trip per lunghi viaggi astrali, ma entra subito sotto la pelle, non ha bisogno di tempi di sedimentazione. Contestualmente però arrangiamenti, fraseggi e contrappunti sono meticolosamente studiati e sembrano non lasciare nulla al caso. Anche in virtù di questa cura scrupolosa del dettaglio l’album si può considerare una perla di immediatezza e semplicità, con le stimmate del classico, la novità che diventa subito tradizione. Un disco importante anche per l’universo chitarristico. È qui che infatti trova compiutezza il cosiddetto triple guitar attack (triplo attacco di chitarra). Tre chitarre che eseguono armonie e fraseggi diversi, ma che si intrecciano e si fondono in un tutto unico. Raramente i tre chitarristi suonano le stesse note, ma la sintesi è una pienezza di suono quasi perfetta. Tre solisti, mai da soli. Obiettivamente credo sia stato il primo gruppo in grado di utilizzare questo approccio melodico in modo così efficace. Un esempio: in Sweet Home Alabama Ed King inizia l’arpeggio partendo dalle note basse degli accordi di Re – Doadd9 – Sol, Gary Rossington entra col fraseggio in leggera distorsione, completa la melodia Allen Collins con un arpeggio sulle note alte. Qualcosa di simile era stato anche il marchio di fabbrica dei purtroppo dimenticati Black Oak Arkansas, dov’era però più rilevante la presenza di un chitarrista prettamente ritmico. Sono sfrontati i ragazzi, non hanno soggezione di aprire le danze sferzando, in Sweet Home Alabama, un totem del calibro di Neil Young, che nei suoi brani Alabama e Southern Man aveva espresso opinioni fortemente polemiche verso il Sud. «Un uomo del sud non ha bisogno di averlo intorno», canta ironicamente Ronnie Van Zant. Ma il valore del pezzo non dipende da questo elemento. L’intreccio chitarristico è smagliante, gli assolo fondono tecnica e feeling, il cantato trasmette allegria e il ritmo ti obbliga al movimento.
Segue I Need You, unico passaggio a vuoto dell’album. La canzone non decolla, la melodia chitarristica e al piano è stancante, il cantato è piuttosto piatto. Visibilmente un passo falso. La qualità riconquista però subito la scena con Don’t Ask Me No Questions, un classico dei passaggi radio americani, scritto dalla coppia Rossington – Van Zant, a quanto pare, durante una battuta di pesca. Atmosfera da bar, musica live, Jack Daniel’s à gogo. Segue Workin’ for MCA, brano dal buon ritmo, ricco di intermezzi e contrappunti dove la Stratocaster di Ed King regala un gioiello di assolo in antagonismo con il piano di Billy Powell. Diventerà la canzone di apertura delle esibizioni dal vivo. Il testo racconta il periodo di difficoltà antecedente al successo e descrive in modo ironico le insidie legate ai vincoli contrattuali con una major. The Ballad of Curtis Loew e Swamp Music rappresentano un ritorno alle origini. La prima in particolare è un viaggio nel passato che attinge ai ricordi di un ragazzo e al suo incontro con un anziano musicista nero da strada. La memoria è quella di Ronnie Van Zant, la cui voce tocca uno dei suoi picchi assoluti in termini di intensità espressiva. Un tributo caldo ed emozionante ad un vecchio bluesman, accompagnato da un’ottima perfomance alla chitarra slide. The Needle and the Spoon, nella tematica centrale, suggerisce un ulteriore richiamo a Neil Young, in questo caso a The Needle and the Damage Done. Ma non c’è contrapposizione, entrambi i pezzi rappresentano una condanna del consumo di eroina. Sul piano compositivo è evidente il debito con i Cream e nell’assolo al wah-wah di Allen Collins si percepiscono limpidi echi claptoniani, vedi White Room.
Chiude l’album la cover di Call Me the Breeze di J.J. Cale. Il brano non è stravolto nelle linee vocali, ma grazie alla robusta sezione ritmica, il moderato incremento della velocità e la dilatazione della durata attraverso fraseggi e assolo alla chitarra e al piano – senza retorica Gary Rossington e Billy Powell sono da enciclopedia del rock – ne nasce un blues moderno, dal ritmo infuocato, anch’esso tappa irrinunciabile di ogni concerto della band. La ricezione da parte di pubblico e critica sarà ottima. Second Helping diventerà doppio disco di platino negli Stati Uniti, successivamente vinile irrinunciabile di molti collezionisti e i sette ragazzi con i jeans a zampa di Pronounced ‘lĕh-’nérd ‘skin-’nérd entreranno di diritto nel gruppo dei grandi. L’avventura dei Lynyrd Skynyrd sarà in seguito costellata di avvenimenti drammatici, ma in questa sede si chiude qui. Si è preferito raccontare solo una bella storia.