..proseguiamo la lettura con il secondo capitolo, sempre che il primo vi sia piaciuto! Ora conosceremo uno degli abitanti principali di Villa Patatona! Aspetto di sapere se dovrò continuare a raccontare oppure fermarmi….
Dopo un tempo che a me parve lunghissimo, dove credo di avere dormito e forse anche un po’ russato, sento sulle mie guanciotte pelose, un alito fresco e profumato al pino marittimo, che mi soffia forte provocandomi un poderoso starnuto. Poi finalmente riesco ad aprire gli occhi e mi si presenta davanti un bellissimo..” Principe azzurro”, direte voi? “ No!” “Un mago con cappello e mantello”? “No!”.“Una strega con la scopa?”. “Ma no!”. “Un gattone bianco ed infiocchettato?”. “No e poi ancora no!” Uno stupendo e maestoso cavallo bianco con la criniera nera, mi guarda stranito mentre continua ad alitarmi sul viso per farmi riprendere conoscenza. Potete immaginare quale sia lo sbigottimento nel sentire, con queste orecchie, che il cavallo parla come un essere umano chiedendomi in continuazione chi sono. Io non riesco a proferire parola per l’ agitazione che mi pervade, mi sento anche un po’ ridicola, non capisco bene se sto sognando o se sono sveglia. Mi domanda come mi chiamo, da dove vengo, perché sono lì a curiosare tra le stanze di questa casa. Forse la caduta di prima mi ha confuso ancora di più le idee. Non trovo gli occhiali e credo di essere impazzita! Non avevo mai sentito prima d’ora un cavallo parlante! Con molta titubanza e con un pochino di paura mi metto a balbettare e, miagolando, gli sussurro il mio nome. Sul suo muso compare una smorfia di paura e sgomento, poi si mette a nitrire in modo arrabbiato, mentre mi chiede, scuotendo forte il muso, come mai anch’io so parlare, dato che non sono una persona, proprio no cari bambini! Io non sono una personcina come voi, sono una vecchia, pelosa, morbida, rispettabile, vanitosa, gatta permalosa. Quando finalmente gli dico a voce alta come mi chiamo, il cavallo si mette a ridere così forte , che per poco non mi fa cadere, con il rischio di pestargli la sua stupenda e spazzola coda. Così scappo e mesta mesta, mi accuccio come una palla su una poltrona a forma di gatto e gli miagolo che mi chiamo Gattolona Pasticciona. Lui invece fiero ed orgoglioso, con la voce forte, scandendo bene le lettere mi dice che si chiama, pardon, lo hanno chiamato,F U L M I N E. Accipicchia! Accipicchietta! Che nome imponente! Data la sua altezza, le sue maniere regali, il muso con occhi che sembrano quelli di un principe, immagino la velocità che avrà nel correre nei prati e comprendo in un battibaleno perché lo hanno chiamato Fulmine. Mi aiuta ad alzarmi, mi fa accomodare in una camera da letto dove tre lettini a forma di orsacchiotto sono rifatti e ben curati. Chi mai vi dormirà? Fulmine mi fa tantissime domande alle quali non riesco a rispondere, ma soprattutto vuole sapere il perché mi trovo lì, come ho fatto a scoprire Villa Patatona, dato che nessuno sa che esiste! Fulmine mi informa che egli è l’abitante principale di Villa Patatona, assieme alla sua mamma e ad altre persone che scopriremo più avanti, se lui avrà la bontà di farmele conoscere e voi la pazienza di aspettare. Gli chiedo chi e’, dove si trova ora la sua mamma e con un colpo di criniera all’indietro, che per poco non mi fa cadere ancora in terra, molto irritato, non mi risponde. In verità cari amici miei, sono stanca di cadere, il pelo mi fa male ovunque e le mie povere zampette con le unghie fresche di pedicure, stanno perdendo lo smalto arancione, che la mia amica Berenice mi aveva appena messo. Che disastro! Sbattendo quei suoi occhioni e le sopracciglia che sembrano due spazzole, finalmente si decide a rispondermi e, come fosse la cosa più naturale del mondo, mi spiega che la sua mamma ora si trova in giardino, ad innaffiare i fiori e le piante. “Caspita!”, dico io! Una cavalla che innaffia i fiori e le piante, non l’ho mai conosciuta né vista nelle mie trascorse vite! Glielo richiedo per essere certa di avere capito bene. Fulmine mi risponde con un tono deciso che mamma e’ in giardino, scandendo bene le lettere della parola giardino. Molto contrariato, mi domanda se per caso, oltre che quasi cieca, grassa, strana, pelosa, vecchia, buffa e con un nome cosi ridicolo, non sia anche un po’ sorda. “Può darsi” e ammetto di essere diventata con gli anni anche sorda. Non ci sarebbe nulla di strano! Gli chiedo con gentilezza se mi accompagna a vedere le stanze del piano superiore, vista la mia curiosità che ora è alle stelle, lui molto orgoglioso e fiero di potermi aiutare, mi fa da guida, facendomi promettere di non toccare nulla di quello che tra poco scoprirò. Io piccola e cicciottella, con tanto di quel pelo rosa addosso, che potrebbe ricoprire venti poltrone e una camminata traballante, lui altissimo, tocca quasi il soffitto con le sue lunghe orecchie, un portamento regale, gambe perfette e coda strepitosa è veramente il cavallo più bello che io abbia conosciuto. Ci incamminiamo così per i corridoi e, guardando la nostra immagine riflessa in uno specchio a forma di uovo di Pasqua, iniziamo a ridere a crepapelle, perché nonostante le evidenti differenze fisiche, siamo proprio una bella, strana e insolita coppia. Fulmine piano piano comincia a rilassarsi, non ha più sul muso quell’aria severa e diffidente. Anche io inizio a rilassarmi e cominciamo a parlarci come due vecchi amici. Tra una stanza piena di giochi, un bagno con specchi decorati con pesci parlanti, saponette che ridono, un lampadario di mele e salviette ricamate sempre con quella “S”.. ci ritroviamo davanti ad altre camere da letto. Una più divertente dell’altra, una più strana dell’altra, con colori che sembrano usciti dalla tavolozza di un pittore. Letti strani a forma di animali, un altro Babbo Natale è un armadio e un grandissimo cane di peluche, con le orecchie penzoloni fa da attaccapanni ad una vestaglia rossa e bianca, molto morbida, ma consumata dai segni del tempo. Mah! Di certo non e’ una vestaglia per bambine, di certo non è la vestaglia di un cavallo e provo a domandare a Fulmine a chi appartiene. Mi risponde che me lo dirà a tempo debito. Stiamo quasi per completare il giro di perlustrazione, mentre i miei occhi si posano su un armadio enorme con tanti catenacci che lo chiudono: è così grande che dentro potrebbero dormirci centinaia di gatti randagi. Ma perché tutti quei lucchetti, quei catenacci, tutti quei campanelli che suonano se solo lo sfioro con una zampa? Fulmine si rabbuia ancora e mi invita caldamente a non toccare né guardare l’armadio e, fingendo di non sentire le mie domande alquanto curiose, mi invita a scendere di sotto. Lo seguo, ma i miei furbi occhioni ora spalancati, continuano a guardare quell’insolito, grande e segretissimo armadio.