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"Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono." José Saramago

Da Lacucinadiqb

Qual è il senso più importante? In generale e in cucina?E’ stato questo un punto di arrivo, e successivo punto di partenza, di una riflessione che stavamo facendo qualche giorno fa con Elisabetta. Il pensiero principe ed ispiratore è come sempre la donna (siamo un po’ fissate, in effetti) e il suo essere “animale emozionale”: dai tempi del neolitico la cura dei cuccioli, la difesa della "tana", i prodromi della coltivazione le hanno sviluppato sensi e sensibilità.Ma la natura non perdona e solo chi era dotato di tutti i sensi sarebbe sopravvissuto in condizioni estreme. Chi era deficitario in qualche modo veniva tagliato fuori. Una rupe Tarpea perenne. Crudele ma efficace.

Io non ci ho mai visto bene. Anzi, nel tempo sempre peggio.



Vedo bene da vicino e il mondo, a qualche metro di distanza - anche con gli occhiali sopra le lenti - resta un mondo quasi onirico, sfocato nei dettagli, indefinito nei confini. Un volto, un insieme di particolari dettagliati, per me diventa un insieme di sfumature cromatiche. Un paesaggio scomposto e ricomposto, e quindi riconosciuto, grazie ai dettagli che gli altri sensi, maggiormente sviluppati, sottolineano. Un cartello stradale sempre una scommessa.

Una stretta di mano diventa riconoscibile anche a occhi chiusi grazie alle callosità o alla morbidezza della  mano, una scala diventa una sequenza numerica di gradini, gli utensili da lavoro, divisi per materiale, riconoscibili per le sensazioni che rimandano al tatto, un ingrediente in frigo individuato per l'odore che emana, una spezia per le emozioni che trasmette, un rumore sordo diventa piedini scalzi o zampette pelose, una stanza riconosciuta per l'odore della persona che la abita.


In piedi, in silenzio oppure con un leggero sottofondo musicale, preparare un piatto significa sentire la croccantezza di una verdura tagliata con un'affilata lama che suona nella perfezione del suo acciaio. L'impalpabilità, come un broccato prezioso, di una farina che nell'accumularsi in una ciotola rimanda un rumore sordo, un tonfo rassicurante. Il guscio, forte e fragile insieme, di un uovo che scricchiola mentre le mani che lo aprono "vedono" la turgidezza composta del tuorlo che contrasta con lo sfuggente albume. La morbidezza golosa del burro che viene "vista" dall'indice che affonda, birichino ed irriverente, nella massa composta. E non "vedono" forse le papille mentre lentamente, ad occhi chiusi, un pezzettino di cioccolata si scioglie in bocca rimandando al resto del corpo brividi di piacere, come un languido bacio?Mani che vedono le carni di un pesce, occhi che annusano le note frizzanti di uno spicchio di limone, orecchie che salivano allo sfrigolio di una pentola, lingua che ascolta ogni singola nota di piatto. Ad occhi chiusi, come ad un concerto di Adele al The Royal Albert Hall. Ad occhi chiusi, come le carezze di un massaggio. Ad occhi chiusi, come l'odore di chi ami.

Adolescente negli anni '80, quando il mondo dell'immagine - che già si era trasformata lasciando l'elegante bianco e nero, e alle volte seppia, per i colori oramai sempre più vividi e vivi - stava diventano "il mondo"  tutto attorno a me, a noi, si è concentrato sulla vista.
Immagini e immagini, ritmi psicadelici, sequenze sincopate, lampi furibondi. E voci. Voci che si sovrappongono, che interrompono, che accusano, che giudicano, che feriscono.I cinque sensi sono diventati due, la vista e l'udito. I due sensi attivi che facevano la differenza tra la vita e la morte sono diventate delle appendici che registrano passive la vita degli altri.Siamo diventati dei voyer della passione, degli spettatori delle emozioni.Alla fine dello spettacolo si spengono le luci e dentro noi il buio cancella anche gli odori e i sapori, lasciando in cambio il palpabile disagio di schiamazzi incomprensibili.Ecco perchè la passione per la cucina non potrà mai essere raccontata in un reality televisivo. Ma questa è un'altra storia.

Zuppa di verdure e pomodoro con paprika, anzi due.Ingredienti2 cipolloti, 2 scalogni, 2 peperoni friggitelli, 2 carote, 2 patate medie, 1/4 di cavolo, 1 gamba di sedano, un po' di zucca, 1 barattolo di Polpapiù Cirio, sale, olio evo, 1 cucchiaino di paprika dolce e 1/2 cucchiaino di paprika piccante.ProcedimentoTagliare sottilmente cipollotti e scalogno, in dadolada le patate e la zucca, a rondelle le carote, il sedano e i peperoni, a piccole cimette il cavolo.In una casseruola rosolare con abbondante olio evo cipollotti e scalogno, unire il sedano e la carota, cucinare qualche minuto, unire la polpa e cucinare per qualche minuto. Unire la zucca e la patata, coprire e cucinare coperto per 10' minuti. Unire, mescolando bene, i peperoni e le cimette di cavolo e cucinare coperto per altri 10'. Togliere dal fuoco, unire i due diversi tipi di paprika, regolare di sale, far riposare qualche minuto e servire con dei crostini di pane caldo, con una cucchiaiata di orzo e riso lessati a parte o con una bella grattugiata di ricotta affumicata.

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