Magazine Diario personale

Secret word: Parole Segrete.

Da Chiara Lorenzetti

Il web come sostituto al tangibile.
Molti inorridiscono di fronte a ciò, come se scrivere su di una tastiera contasse meno che scrivere sulla carta. Altra cosa il sostituire lo scritto alle parole, ma questo è un problema che riguarda entrambi i casi ed è caratteristica di ognuno aver coraggio diretto delle proprie parole o nascondersi dietro a schermo e carta.
Il web, che pare così etereo e impalpabile, lascia invece tracce indelebili e incancellabili, segni eterni, più ancora della carta stessa; si sa che ogni scritto, fotografia che noi pubblichiamo entra in una rete infinita, si snoda, si compone con altre parole, si avviluppa ad altre immagini e nulla può più essere cancellato.
Qualcuno sta cercando di porvi rimedio, studiando l’oblio telematico o l’eredità digitale su facebook dopo la morte, altri invece perseguono nel credere all’immortalità delle parole in rete, custode e deposito.
Secret Words è un progetto in fase di definizione (qui la notizia) 
Parole Segrete.
Quante ne abbiamo, appoggiate ai denti, sul limitare delle labbra, pesi profondi sul cuore che non riescono né possono emergere.
Secret Words si ripromette di conservarle e di mandarle all’interessato il giorno della vostra morte. Il progetto è semplice: si scrive un file con le cose che non si sono dette a qualcuno; lo si invia a Secret Words con l’indirizzo del destinatario; si è liberi di cambiare il file, cancellarlo, cambiare mittente tutte le volte che si vuole; il giorno della propria morte, un vostro garante avverte Secret Words dell’accaduto e dopo alcuni accertamenti sulla sua veridicità, il file viene inviato al destinatario.

Questa notizia mi ha fatto pensare. Ho cercato dentro di me parole non dette, segreti non confessati che vorrei confessare a qualcuno. Dopo la mia morte.
E non ho trovato nessuno a cui confessare alcunché né cose da confessare dopo la mia morte.
Perché confessare qualcosa dopo la morte? Quando non ci sarà più possibilità di confronto? Quando l’altro, che già dovrà accettare la nostra morte, si troverebbe a fare i conti con qualcosa che non ha saputo mai?
Ma se abbiamo ritenuto di non dire qualcosa a qualcuno quando eravamo in vita, perché farlo dopo la nostra morte?
Certi segreti, se sono tali, occorre che restino segreti, doppiamente dopo la nostra morte; pensare di poterli liberare è solo un espediente, in vita, di liberarsi la coscienza, soprattutto se sono segreti pesanti e dolorosi.

Se invece la mia parola segreta è il Ti amo che non ti ho mai detto, meglio dirlo in vita che dopo morti, non pare?

Chiara 

 


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