Sedicenni date in spose? E' un futuro che non vogliamo, ma che ci piace leggere ...

Creato il 16 novembre 2011 da Pupottina
Cari Amici Blogger,cosa accade quando si realizza la cosa maggiormente indesiderabile possibile?Che cosa posssiamo fare? Cosa può fare il genere umano?Se non ne abbiamo idea, forse possiamo prendere spunto da quello che si narra nel romanzo a 4 mani di Alessandro Gatti e Manuela Salvi (nella foto), dal titolo "Picabo Swayne Le storie della camera oscura" (Collezione Teens, pag. 256, 14,00 euro, 978-88-347-1784-4). E' una bellissima storia di fantascienza per ragazzi, ma anche per adulti, ambientata nel peggio che possa accadere, in un mondo futuro che vuole cancellare tutti i ricordi.Una ragazzina di nome Picabo Swayne, grazie a una macchina fotografica magica può salvare il mondo dalla rovina. E' uno dei libri che viene pubblicato questo mese da Fanucci Editore e Pupottina l'ha già adocchiato come probabile regalo natalizio per qualche ragazzina di sua conoscenza, le sue vicine di casa, quelle che si insediano da lei per guardare la tv. Magari riesce a farle rimanere nella loro casa, attaccate alle pagine di un libro. ;-)Pupottina vi propone ne le prime pagine. Ecco il Prologo e il primo capitolo:
16 febbraio2095
Erapossibile, lo sapevamo tutti. Ma per molto tempo ci è sembratalontana, così lontana che era facile non pensarci.Epoi è arrivata. Lafine del mondo. Del nostro mondo.Glieventi che nessuno di noi aveva voglia, o forza, o coraggio diimmaginare ci hanno travolti in pochi giorni. Edè stato peggio, molto peggio dell’immaginabile. All’improvvisosi sono spente le luci, un blackout totale che hasprofondato la città in un panico assoluto. Sento le sirene di autoambulanzee polizia che gridano nel buio, mentre scrivo a lumedi candela su questo pezzo di carta con una vecchia penna asfera. Avevo dimenticato come si fa, a scrivere senza tastiera.Giàda tre mesi Coldbay è stata blindata e nessuno può entrare ouscire. Dicono sia per le polveri tossiche che vengono daest, ma io sospetto ci sia qualcos’altro. Capire cosa, però, è impossibile.Tuttigli schermi sono neri e muti, non c’è possibilità di ricevere notizie,e Andreas è fuori con Barnaba. Non mi fido più diCox: da quando c’è stato l’annuncio della crisi energetica è comeimpazzito. Non credo più nemmeno a tutte quelle storie checi ha raccontato sui soldi che si è procurato per avviare il progettodel Grande Inceneritore. Andreas ne è entusiasta, ma perlui a volte l’oceano è più importante di tutto il resto.
Comincioa pensare che mio padre avesse ragione. E di aver fattobene a non parlare in giro della macchina fotografica.Scrivoper avere memoria degli eventi, e per lasciarne traccia achi verrà dopo di noi. È la memoria la cosa più importante, inquesto momento. Non dimenticarci chi siamo, cosa abbiamo fattoe come siamo arrivati a questo punto.Siparlava di crisi globale già dall’inizio del millennio. Ma solo adesso,solo la nostra generazione ha toccato con mano cosa significasseroquei segnali che sono stati ignorati per decenni.
Nel2090, il Pacific Trash Vortex ha raggiunto le coste americane.
Un’immensamarea di rifiuti in putrefazione, disgregati dallasalsedine e dal sole, si è abbattuta sulle spiagge e ha chiuso Coldbayin una palude pericolosa, di cui non si conoscono lacomposizione né le nuove specie animali che vi hanno prolificato, mutandoe diventando dannose per l’uomo.
‘Immensa’non rende l’idea. Tutto è iniziato da una chiazza dirifiuti radunati e spinti dalle correnti in un punto al largo delPacifico. La chiazza è diventata grande due volte la Francia.E ha continuato ad allargarsi. Finché nel 2090 ha unito lacosta americana a quella dell’Asia.
Andreasha lottato al fianco delle associazioni ambientaliste
finda quando era un ragazzino, ma non c’è stato niente da fare.
L’oceanoPacifico è perduto e l’espansione del Vortex non si èfermata.Conl’ecosistema marino distrutto, la crisi del petrolio e il globalwarming, tutto è precipitato, a catena. Manon pensavamo che si sarebbe arrivati a questo. Albuio, all’oscurità. Al silenzio, rotto solo dalle sirene incessanti. Igrattacieli e i palazzi sono neri, dalla mia finestra ne intravedo lesagome nella notte. Se davvero siamo alla Crisi EnergeticaGlobale,come faremo a sopravvivere? Tutta la nostra civiltà sifonda sull’uso della corrente elettrica e delle tecnologie informatiche.Siamo perduti. Vorreisolo che Andreas tornasse a casa, sapere che sta bene. Miopadre diceva sempre: È solo guardando il passato che sipuò capire il presente. E solo alzando la testa verso il futuro sipossono superare gli errori del passato. Mail futuro è avvolto dall’oscurità, impossibile scorgerlo. Eil nostro presente? Da mesi spariscono persone, il Governo
raccoglielibri, ci è stata imposta la consegna di tutto il materiale cartaceoconsiderato inutile, come riviste, giornali, vecchi quaderni,fotografie. A chescopo?Hopaura che stiano cercando di cancellare la nostra memoria. Siparla con ottimismo di Civiltà Nuova, ma cosa significa?Hopaura. Ho paura che si perda il controllo, che la paura stessaci spinga ad agire senza considerare le conseguenze profonde dellenostre scelte. Lamia amica Amelia aveva cominciato a portare via libri dallabiblioteca in cui lavora e a nasconderli in casa. Le ho dato dellapazza, ma adesso non lo so più. Vorrei capire cosa sta succedendo. Vorreisolo che le sirene smettessero di urlare e che tornasselaluce. Mi sono alzata per premere l’interruttore. Ma tutto è rimastobuio e immobile. Smettodi scrivere, è meglio conservare la candela.
PenelopeSwaynePrimaparteSidoveva vivere (o meglio si viveva, per un’abitudinecheera diventata, infine, istinto) tenendo presentechequalsiasi suono prodotto sarebbe stato udito e che,ameno di essere al buio, ogni movimento sarebbe stato vistoGEORGEORWELL, 1984
1
Quandorientrò a casa quella sera, Picabo non trovò sua madrePenelope.
Non era insalotto, con un bicchiere di ecotè in mano, e nemmeno allavoro nella camera oscura. Picabo non udì la sua voceche la rimproverava perché aveva di nuovo tardato, nésentì l’odore del cibo riscaldato per la cena.«Mamma?»
La cercònelle stanze in penombra, l’eco pesante dei suoi anfibisul pavimento di legno che risuonava comeun boato nelsilenzio.
Si avvicinò auna delle finestre e scostò la tendina: la via era deserta epriva di illuminazione, con le facciate dei palazzi immobili eavvolte dalle prime ombre della notte. Gli abitantidi Coldbay erano rincasati al tramonto, come da Programma,e la città era piombata in una quiete innaturale.Sua madreavrebbe dovuto essere già a casa.
Tonfi leggeridi passi provenienti dal piano di sopra, accompagnatida uno scricchiolio di vecchie assi e dal
suonoovattato di un sassofono, ruppero il silenzio. Picabo non era sola,nel quartiere di Red Bricks. I suoi amici sipreparavano per la lunga serata. Ma in quel momento neanche laloro presenza nel palazzo le era di conforto. Non puòsparire come gli altri, si disse, trattenendo le lacrime.Aveva sempre detto che non l’avrebbero presa.Si sedettesul divano ad aspettare. Tenne gli occhi fissi sulla portad’ingresso, concentrandosi.
Torna,pensava, torna. Un rumore dibestia che rosicchia e gratta la raggiunse dalbattiscopa dietro la poltrona di velluto stinto. Picabo non si mossee sbatté le palpebre, come se servisse a vederci piùchiaro nell’oscurità che le era calata addosso gradualmente,un minuto alla volta.Sentì dinuovo grattare con insistenza.
«Vattene via»gridò, stringendo i pugni. In quel momento voleva soloconcentrarsi su quella stupida porta
che rimanevachiusa. Ma l’animaleaveva un compito e non se ne sarebbe andato primadi averlo portato a termine. Se non l’avesse liberato dalbattiscopa, presto avrebbe cercato un’altra via perinfilarsi nel soggiorno. L’ultima volta era passato da una crepaall’interno della credenza, in cucina, e si era fatto unospuntino con le loro razioni alimentari. Sua madre non era stataaffatto contenta. Lei odiava i ratti.
Torna, pensòdi nuovo Picabo, serrando le labbra. Era insopportabile,il vuoto.
Si decise adalzarsi, con movimenti stanchi. Spostò la poltrona etirò via il battiscopa, che cedette facilmente, rivelando un buco nelmuro. Un ratto saltò fuori dall’apertura e si mise azampettare in circolo attorno alla stanza, schivando imobili con rapida precisione prima di fermarsi di nuovodavanti a Picabo.
«Hai ragione,non dovevo farti aspettare. Tutto questo non è colpatua» gli mormorò lei.
Prese iltopo, che si lasciò sollevare senza opporre resistenza, e si rimisein piedi. Raggiunse la piccola scatola di controlloche gestiva l’impianto elettrico del soggiorno, posta sulmuro accanto alla porta d’ingresso, e tirò fuoridalla tasca posteriore dei pantaloni una tessera magnetica diplastica rigenerata. Quando la infilò nell’apposita fessura, lalampadina appesa al soffitto si acceselentamente e nella stanza si diffuse una luce fioca appenasufficiente a distinguere i mobili e gli oggetti. Eppure, leferì gli occhi come se si fossero sprigionati migliaia di watt.Picabo ricacciò di nuovo le lacrime indietro e guardò ilratto che teneva tra le mani. Sulla schiena, legato con unlaccio di gomma, aveva un pezzo di plasticarigenerata. Riconobbe le lettere incise nella plastica con grafiarigida e incerta: Fitz. Il suo vicino che aveva lafissazione del DreamBox.
Infatti, ilsuo messaggio era il solito: Shot
Fitz eracresciuto nel quartiere di Hunters Point, e come tutti iragazzi di quella zona amava le immagini digitali. Da quando siera trasferito a Red Bricks era riuscito a disintossicarsie aveva imparato a occupare il suo tempo libero inaltri modi. Ogni tanto, per esempio, suonava il sassofono. Mase chiedeva a Picabo di condividere uno shot con lui,perché gli shot condivisi erano meno pericolosi per lecellule cerebrali, voleva dire che si sentiva nostalgico, o agitato, oinsofferente. Una qualsiasi delle emozioni negativenell’ampio spettro dell’animo umano.
Picabo lasciòandare il ratto, che sparì nel buco da cui era uscito,fulmineo. L’idea di uno shot in quel momento eraconfortante anche per lei. Per una volta non le importava ciò che suamadre pensava del DreamBox.
«Non sirisolvono i problemi facendo credere al cervello di essere daun’altra parte, Picabo» le ripeteva. «Tusei qui,adesso. È con questo che devi fare i conti.
E tu dovesei, adesso?, pensò, con un peso indefinibile sul cuore eun velo di rabbia.
Da quando eranata, Picabo sapeva che quel momento sarebbepotuto arrivare. Arrivava per tutti. Ma sua
madre erasempre sembrata sicura che avrebbe trovato il modo dievitarlo, come con ogni regola della Civiltà Nuova che nonle andava giù.PenelopeSwayne sapeva come tirarsi fuori dai guai.
Sapeva cosaera giusto e cosa sbagliato. Sparire, lasciando una figliaquasi sedicenne ad affrontare la vita che era previstaper lei, come per tutti gli abitanti di Coldbay, non rientravatra le cose giuste.
Picabo si pulìil naso con la manica della maglia fatta di toppecolorate ed estrasse la tessera dalla scatola di controllo. Mentre lalampadina tornava lentamente a spegnersi, lei aprì laporta d’ingresso e scivolò fuori, nell’androne del palazzo.Il monolocale di Fitz era al primo piano. Laporta era già aperta: le bastò spingerla per entrare e ritrovarsinell’unica stanza in cui viveva il suo nuovo amico,arredata con pochi pezzi malridotti ma profumata di un’essenzastrana che Picabo non riusciva a identificare.
«Bel buio,stanotte» esordì Fitz, alzandosi da un divano senza gamberivolto verso la finestra. Indossava un
paio di boxere nient’altro. Aveva la stazza di un armadio eun’espressione buona dietro le cicatrici che gli sfregiavano il viso.
«Non piùpesto del solito» replicò Picabo. «Ma perfetto per uno shot.Ciao, Myra.»
Una ragazzalongilinea, dalle spalle molto ampie, le fece un cennodal divano, sventolando il braccio. La ragazza di Fitz, chequasi ogni notte veniva a dormire a Red Brickscon lui, ma di giorno viveva a Hunters Point. Avvicinandosi,Picabo notò che anche lei era a torso nudo.
Picabo feceuna smorfia involontaria. Le ragazze di Hunters Pointandavano contro le regole solo perché sapevano che nonavrebbero vissuto tanto a lungo da dover rientrare nelProgramma obbligatorio di Procreazione. Ma a lei nonsembrava un motivo sufficiente per comportarsicome una...
«So quelloche pensi di me» continuò Myra, senza muoversi daldivano. Aveva i sensi ipersviluppati e percepiva ognivibrazione che aleggiava nell’aria, come se leggessenella mente degli altri. Si era accesa una di quelle sigarettemefitiche che si vendevano al mercato nero, come se nonle bastassero tutti i veleni che respirava ogni giorno nelsuo quartiere. «Guarda che io a Fitz gli voglio bene davvero.Lo conosco da una vita.»
«Conosci unsacco di gente da una vita» replicò Picabo, d’istinto. Simorse un labbro, pentita. Non le piaceva giudicare glialtri. Myra alzò lespalle. Poi le lanciò qualcosa che aveva preso da unangolo del divano. Nella penombra, Picabo non riuscì adafferrare l’oggetto al volo. Dovette chinarsi araccoglierlo dal pavimento, sotto lo sguardo divertito di Myra. «Checos’è?» le chiese, rigirandosi tra le mani una bustinablu, sigillata.
«È il mioregalo di compleanno. Ingoiala se vuoi fare sesso senzaaderire al Programma di Procreazione. In
questa cittàci sono già abbastanza infelici» rispose la ragazza, sistemandosii lunghi capelli neri dietro la nuca.
Picabo guardòla bustina, poi Myra, e notò ancora una volta lacicatrice che la ragazza aveva sul polso, nel punto in cuiavrebbero dovuto esserci i numeri di identificazione.«Io non...»mormorò a bassa voce.
«Se iGendarmi ti beccano con quella, sei finita» la interruppe Fitz,raggiungendole con la scatola del Dream-
Box in mano.La scosse per dare l’idea di quanti meravigliosi shot avessecollezionato. «Nemmeno le immagini digitaliirritano Cox quanto qualcuno che cerca di divertirsi senzaprocreare.
Picabo infilòla bustina in uno dei tasconi dei pantaloni senza farealtri commenti. Myra si alzò, recuperò
dei vestitida una sedia sbilenca e iniziò a infilarseli con gestibruschi.«Be’? Chefai?» le chiese Fitz.
«Lo sai chequella roba mi annoia. Godetevela. Io vado a farmi ungiro qui attorno» rispose Myra. Ai ragazzidi HuntersPoint del coprifuoco non importava. Si muovevanonella notte come ombre, e Picabo li invidiava 
per questo.Alei il buio dava sempre una sensazione di disagio. Fitz alzò lespalle e tirò fuori il suo DreamBox dalla tasca: una piastrinagrande come una carta di credito, con sopra alcunitasti rudimentali, in cui era racchiusa tutta la tecnologiaillegale del XXII secolo.Picabocollegò i suoi due auricolari dalla forma conica e appuntita,che penetravano perfettamente all’interno
dell’orecchio,alla doppia uscita del DreamBox di Fitz.«Tocca a tescegliere» le ricordò Fitz.«Hai qualchespiaggia nuova?» chiese lei senza esitazione.
«Oh, ma cherichiesta insolita» ironizzò Fitz, dandole una gomitataaffettuosa. Scavò nella scatola in cui conservava decine dipiccolissimi microchip colorati. Ne pescò uno elo inserì sul retro del DreamBox.
Si infilaronole cuffie e chiusero gli occhi. Aprire gli occhi duranteuno shot significava rischiare che la sovrapposizione dell’immaginementale con quella reale mandasse ilcervello in tilt.«Pronta?»
Picabo annuìe prese la mano di Fitz. Aveva paura di farsi unoshot senza avere il contatto con qualcuno, nella realtà.Temeva di potersi perdere per sempre dentro l’immagine, eultimamente non era nemmeno più tanto sicura che lesarebbe dispiaciuto. Non appenaFitz premette il tasto play, un’immagine vivida siformò nella loro mente come un ricordo vero e violento. Picabo lasciòche la visione della spiaggia in tempesta
le invadesseil pensiero e colmasse ogni angolo della sua coscienza. Leonde si infrangevano sulla battigia con una potenzamaestosa, tra gli spruzzi di spuma bianca. L’acqualimpida abbandonava sulla sabbia conchiglie e stellemarine, mentre il cielo cupo si spaccava all’orizzonte per farpassare un raggio di sole che annunciava la schiarita.
Nessuno, aColdbay, aveva mai visto uno spettacolo del genere. Lo shot duròpochi secondi, un’immagine priva di suoni chelasciò i due amici col fiato corto anche quando fu svanitadel tutto. Picabo sentì il cuore che accelerava bruscamente estrinse la mano di Fitz senza aprire gli occhi,aspettando che la tachicardia passasse e tutto riprendesse ascorrere con un ritmo regolare. Il ritmo del presente.«Wow» esclamòFitz.
«Erabellissima» sospirò Picabo. Poi, senza sapere perché,scoppiò in lacrime.
Pupottina no lo sa se avete letto o meno, ma  pensare ad un futuro in cui la vita di ognuno è scandita da tempi decisi dal “governo” e in cui le ragazze al compimento dei sedici anni devono prendere marito e procreare la inquieta. E' assurdo per come viviamo  in Occidente adesso, in un periodo nel quale le sedicenni possono solo essere viziate e non  date in sposa. In una situazione di emergenza (ma è poi davvero così?) imperativo è la continuazione della specie umana. In un futuro così che annulla la libertà di scelta con l’imposizione e la violenza, Picabo è in possesso di un oggetto che testimonia l’esistenza di una via d’uscita, la sua sfida è anche la nostra: sovvertire un sistema che non ha ragione d’esistere.
Voi, che cosa ne pensate?E' brutto fermarsi quando un libro inizia ad entrare nel vivo ... Trovate tutto QUI.

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