Negli ultimi giorni mi è capitato spesso di discutere di infanzia, la mia infanzia anche. Così mi sono accorta che ne parlo spesso anche con i miei bambini… perché? Credo, anzitutto, che rinfrescare le mie memorie sia un modo utile per sentirmi più prossima a loro: divento piccolina-piccolina e, dopo la solita formula: «vi racconto una storiella di mamma quand’era piccolina?», davanti ai loro occhi stupiti, comincio…Racconto i miei ricordi, imbrogliati e confusi: un pianoforte che non potevamo toccare, una cucina grande con il fuoco sempre acceso, una credenza piena di pasta, i piccioni fuori la finestra, il marmo a terra e gli stucchi ai soffitti, le partite di calcio ascoltate alla radio, i conigli e le galline fuori al terrazzo, un gatto simpatico, un canarino giallo e una tartaruga di nome Sofia... Ma soprattutto mi sono accorta che racconto di nonna Tata, immacolata e sempre elegante anche nella sua vecchiaia e di nonna Coccò , che ci dava le uova fresche e noi credevamo che le facesse lei (per questo non la chiamavamo mai Maria), tanto presenti quando ero piccolina. E così penso, ripercorrendo per gioco a ritroso la mia storia, quanto siano importanti per me le radici che mi tengono in piedi: nonna Tata, nonna Coccò, zia Rosaria, nonno Egidio, nonno Achille… le mie origini: un trampolino di volo dentro la vita. Forse ho fatto, nel tempo, poche domande, per esplorare le strade alle mie spalle e capire veramente chi fossero i miei nonni, per non parlare dei miei bisnonni. Vorrei che i miei bambini non solo sapessero com’era la loro mamma piccolina ma conoscessero anche un po’ della sua storia… Penso che le nostre origini ci dicano chi siamo, ci diano gli strumenti per capire e ci aiutino a scegliere una direzione da prendere, per noi e per chi verrà dopo.
Forse è per questo che mi racconto piccolina ai miei bambini e mi rammarico di non sapere molte altre cose che potrei raccontargli…