Magazine Diario personale

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Da Icalamari @frperinelli

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Ottobre afoso, cielo peso, grigio come l’asfalto. Guido la macchina a destinazione nella terrazza del gran parcheggio multipiano. La chiudo bene, portandomi l’ombrello, che la trasferta anche per oggi sarà lunga. Riprendo il calcolo delle strategie: a Roma è salvo chi ha nella manica almeno l’asso di un percorso alternativo. Andare da A a B non è banale, neanche in piccola scala.

Guarda a volo d’uccello questa scena. Lei scende dall’auto, la chiude bene, non dimentica l’ombrello. Il cielo è piombo che minaccia di cadere. Cosa picchetta e risuoni di metallo alla sua destra, lo mette a fuoco nella valutazione di un percorso: dall’auto al vano scala che va giù, fino all’ingresso della metro. È un fuso nero e grigio, muove dall’alto al basso il cranio lucido dentro cui è incastonato un occhio torvo. La cornacchia che martella lo spazio tra un parabrezza e un cofano, lo fa con la solerzia di un Mimì della Wertmuller. Che cerca? È la domanda. Ma apre la bocca e fa: “Brutta cornacchia!” L’occhio torvo ruota verso di lei, che non dà peso.

Fuori le strisce bianche, diciamo trenta metri in diagonale, ora che non passano auto. Accosterò il primo camino azzurro discendente, costeggerò il volume e proseguirò verso il secondo, un’altra camminata in zona franca prima di immettermi nel flusso del passeggio alla conquista di un passaggio in centro. Cos’è sto FRRRRR FRRRRR così vicino?

L’uccello la sorvola brevemente, si posa su un’altra auto. Ruota la testa e la guarda passare. Riprende il becchettio, lei pensa ancora a voce alta “Brutta bestiaccia!” E osa fissarla in faccia. La bestia sostiene lo sguardo, immobile. Subito dopo, FRRRRRRRRR… Un altro volo breve, al di sopra di lei. Un’altra sosta su un cofano, poi ancora, la scena si ripete per metà percorso. Lei inizia a sospettare.

Ma forse ha tanta fame che ha preso gli occhiali scuri per del cibo. Li tolgo dalla testa e li rimetto in borsa, tanto non servono. Ho preso anche l’ombrello. FRRRRRR… Ho capito, difende il territorio. Mi crede una nemica. Non c’è altro umano intorno, io ho i capelli sciolti. Mi prende per un grosso cane, forse per un cavallo? Ne rido, ad alta voce. Raggiungo la torretta azzurra, mi volto indietro. Lei resta lì, sul tetto di una macchina, circa dove ho deposto la mia ultima risata.

Spunta una retta bianca tratteggiata che costeggia i musi delle auto parcheggiate, compie due curve, a destra e poi a sinistra, si incunea dritta nel vano scala finale. FRRRRRR… Cancella. Ricalcola. Buio. Lei si mette a correre scomposta, agita il braccio che brandisce l’ombrello, tenta d’aprirlo, isterica, ma la custodia oppone resisttenza. FRRRRRR… Ritorna indietro, pensa “Si infilerà anche nella tromba delle scale?” Galoppa in basso, sente uno scalpiccìo alle spalle. Le cola sudore freddo sulla schiena.

Appena giù mi volto, non mi segue un uccello con le scarpe. Meno male. Faccio:

- Sa che in terrazza mi ha quasi attaccata una cornacchia? Che mi inseguiva e mi passava sulla testa… Faceva FRRRRRR… FRRRRRR…

- Notizie in arrivo!- Replica la donna bionda, solare, col suo accento campano.

- Notizie?

- Quando gli animali si avvicinano tanto a una persona, vuol dire che presto arriverà una notizia.

- Ma… Bella o brutta?

- Eh, non si sa.- E mi sorride un po’, tranquillizzandomi.

Intanto scansiamo ostacoli, attraversiamo incroci, ci fermiamo e ripartiamo all’unisono.

- Sa, è che si avvicinava tanto tanto. Faceva così: FRRRRR…

- Allora questa notizia è vicinissima!

Riecco il sudore freddo. Io taglio corto e la saluto alzando le spalle:

- Comunque io non ci credo.

Terrazza del gran parcheggio multipiano, la bestia ancora le zampette al bordo del parapetto in ferro, sembra che guardi in basso. D’un tratto apre le ali e spicca il volo.

 


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