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Deve essere che è contento di aver qualcuno che lo ascolta. Altrimenti non si spiegherebbe, perché mai l’Antico dovrebbe impiegare due notti a parlare con me? Capirei fossi una Belladonna, ma sono bassotto, anzianotto e quasi calvo, non certo il suo tipo. Che sia un lemure o un vampiro? Per essere strano è strano. Stanotte si è ripresentato con un copricapo a due corni più uno centrale: certa gente ha un terzo occhio, altri, come lui, un terzo corno. Si è seduto in poltrona e si beve un caffè, che a voler sottilizzare sarebbe quello che mi tengo nel thermos per il mattino. Mi guarda con quel suo sorrisetto ironico e d'un tratto mi fa: ”Ci hai riflettuto sui Šardiš, o rifletti solo davanti allo specchio?”. A dire il vero non ci ho riflettuto, sono stato a New York. Ma simulo: ”Ho capito, ma che successe, dopo la Mesopotamia?”. “Corri troppo, portatore di Luce, ma io corro di più. Leggiti questo scritto”. Si butta sul divano, col piano evidente di osservarmi mentre leggo, ma io non gli bado più. Paolino Mingazzini descrive e mostra nel suo scritto dei cocci trovati tra i resti di un tempio punico di Cagliari. Nel 1939 il soprintendente Mingazzini iniziò, con un fondo straordinario di 5000+5000 lire, gli scavi di un tempio (vd. mappa) definito punico, costruito a secco, già individuato dal suo predecessore Doro Levi. Nel giardino del tempio vi era un pozzo (lettera F della mappa) “in parte coevo ed in parte anteriore” (nel sentire queste parole l'Antico mi guarda con occhi fiammeggianti), che attingeva da una sorgente di acqua viva e ripieno di frammenti fittili votivi. Il tempio, secondo il Mingazzini, appartiene “all'epoca ellenistica ma resta pur sempre fenicio” (vattelappesca che voleva dire). La parte più interessante del lavoro riguarda i frammenti fittili votivi trovati nel pozzo, più di tutto quelli graffiti che mostra nelle sua figure 24 e 30, con tanto di tentativo di lettura ed interpretazione. Solo che tale lettura lo spiazza, tanto per fare alcuni esempi, cito le sue parole (l'enfasi è dell'Antico): 1) “[..] il graffito riprodotto in fig. 24 f. Non può trattarsi della lettera latina E, in quanto essa giammai fu scritta con la sola zampa superiore più lunga delle altre. Proporrei perciò di vedervi la lettera fenicia He. Confesso però che un parallelo assolutamente esatto non sono riuscito a trovarlo[..]”; 2) […] per alcuni dei quali ho esitato se riprodurli o no, sembrandomi piuttosto degli scarabocchi da ragazzi, anziché lettere sia pure fenicie; ma alla fine mi sono deciso a pubblicarli, pensando che a rifiutarli c’è sempre tempo […]; (lo sguardo dell'Antico si fa vieppiù truce)3) “[..] il graffito è riprodotto in fig. 30 f. Ho lungamente esitato se far eseguire il lucido di questo graffito, che a prima vista può sembrare un semplice segno senza senso; e forse lo è. Ma mi sembra assai più verosimile vedervi due HETH riuniti in sigla. HETH a 4 sbarre sono assai rari, ma tuttavia esistono [..]”; L'Antico si alza, adesso è veramente incavolato, mi pare: “Ti rendi conto? A noi, non ci nomina neppure: ma dimmi, quanto antica ti pare quella HETH?”. A me non pare niente, che diavolo ne so? Ho visto un segno simile solo su una guida turistica, ma lì era un disegno neolitico. Azzardo timidamente, (ho un sonno della malora, sono le 5 del mattino ed il Viaggiatore del Tempo si è scolato il mio caffè): “Per caso le ha fatte la tua gente, quelle scritte? Per caso, giusto per togliersi ogni dubbio, anche voi Nuragici (si potrà dire la parola “Nuragico”?) sapevate scrivere e frequentavate i pozzi sacri?”Tutto mi aspettavo tranne che quel che segue. Pensavo si arrabbiasse o mi dicesse: “E perché non avremmo dovuto scrivere? All'epoca lo facevano tutti, era la gran moda: come oggi il vostro internet e l’ MP3”Invece inizia a ridere, una risata cristallina ma sarcastica, amara ma canterina: il riso sardonico portato alle sue estreme conseguenze. Sale di tono, divenendo quasi un ululato di gioia, finché si confonde con il canto del gallo. L'Antico scompare, chissà dove e come, e io devo andare a lavorare. Senza caffè e senza aver dormito. Cosa c'era poi da ridere?
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