- PAOLO FLAMIGNI (GIGI), ANSELMO, E ANNARITAP
11 è un numero piccolo e molti film sono rimasti fuori dai film sui buoni e cattivi maestri consigliati. Tra questi il recente “The Master” di Paul Thomas Anderson, un film ostico che ci ha sfidato e noi lo abbiamo affrontato in maniera scorretta in tre contro uno.
“The Master” di Paul Thomas Anderson, USA, 2013.
Con Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern, Ambyr Childers.
Dal regista di “Magnolia” e “Il Petroliere” arriva “The Master”, il film premiato alla 69° Mostra del Cinema di Venezia con il Leone d’argento per la Miglior Regia (Paul Thomas Anderson) e la Coppa Volpi per il Miglior Attore (ex-aequo per Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix). Il Premio Oscar® Philip Seymour Hoffman interpreta un leader carismatico, Lancaster Dodd, impegnato nella fondazione di un’organizzazione di stampo religioso. Dodd recluta Freddie (Joaquin Phoenix), un giovane sbandato, come suo braccio destro. Ma quando il culto inizia a guadagnare credibilità tra la gente, il giovane si ritrova a mettere in discussione il maestro e il credo che ha abbracciato.
Genere: psicodrammatico, parlato, prova di attori.
Consigliato: a chi ama le prove di attori, a chi piacciono i film con personaggi turbati psicologicamente
Sconsigliato: a chi non ha voglia di ascoltare.
“Tutti noi stiamo lavorando a rotta di collo e all’unisono per identificare le falle della mente e correggerla e riportarla al suo stato di perfezione, riportando equilibrio nella civiltà ed eliminando la guerra e la povertà e di conseguenza la minaccia atomica”
Nell’America degli anni ’50, un pastore di anime (giustamente chiamato “Maestro” dalla allegra combriccola di adepti), mondano e blasé, trova in un giovane ex-marinaio uscito con la mente un po’ ammaccata dalla Seconda Guerra mondiale il suo allievo ideale: matto duro, pronto a menare le mani contro chiunque metta in discussione il boss, che si tratti dalla polizia che cerca di arrestarlo per circonvenzione di incapaci o di un seguace che ha trovato l’ultimo libro del Maestro un po’ debole, ma soprattutto capace di preparare un intruglio a base di alcool e droghe varie che è un nettare per le assetate tonsille del predicatore da salotto. Il rapporto tra allievo e maestro resiste a diverse vicissitudini, tra cui l’ostilità della famiglia del boss (la moglie, la figlia, il figlio ed il genero, chi più, chi meno consapevoli della cialtroneria del capo, ma ben contenti di avere trovato un modo di vivere senza lavorare), ma si trascina senza un guizzo che sia uno per 137′ di uno dei film più pesanti degli ultimi anni. Bastano grandi attori e grandi interpretazioni a fare un grande film? Mi sa di no….
Da vedere con un affiliato di Scientology, cercando di trattener gli sbadigli.
Genere: drammatico, autoriale, dialoghi serrati
Consigliato: a chi cerca un maestro, a chi cerca un allievo, a chi apprezza le grandi prove di attori, a chi è interessato a conoscere come nasce una setta, a chi piace studiare le menti disturbate
Sconsigliato: a chi si annoia se si parla troppo, a chi piacciono le trame complicate e i colpi di scena, a chi è stato fregato da Wanna Marchi o da Scientology
“E se trovi il modo di vivere senza servire un maestro, qualunque maestro, allora vieni qui a raccontarcelo, va bene? perché saresti la prima persona nella storia del mondo.”
Freddie Quell (Joaquin Phoenix) come maestri di vita ha avuto un padre alcolizzato, una madre con problemi psichiatrici, una zia che l’ha avviato ai piaceri del sesso e la guerra. Da come sono ridotti i suoi nervi quando lo conosciamo capiamo subito che poteva andargli meglio.
Lancaster Dodd (Philip Seynour Hoffman) è una sorta di santone, guaritore, imbonitore, probabilmente un cialtrone, ma tutti lo chiamano maestro.
Quando i due si incontrano il ragazzo trova nel maestro un punto di appoggio e un’ancora contro la deriva dell’autodistruzione e il maestro trova nello studente un adepto modello e un figlio putativo devoto. Ne nasce un rapporto di dipendenza reciproca, un legame apparentemente inscindibile che rafforza entrambi. Joaquin Phoenix e Philip Seynour Hoffman sono due mostri di bravura e grazie a loro la potente scena del “procedimento informale” con quale il maestro “inizia” l’allievo ci fa entrare nelle profondità della psiche deviata dei due protagonisti. Se accettate questa sfida sarete travolti dall’intero film, se invece non ne siete toccati è meglio spingere il pulsante con quadratino e fermarsi qui.
Paul Thomas Anderson è un maestro del cinema epico (Il petroliere, Magnolia) e pensa sempre in grande. Qui ci propone quasi un B-Movie fatto per la maggior parte di dialoghi. Quando però la macchina da presa abbandona i faccia-a-faccia ed esce dagli interni in cui è rinchiusa si apre quel mondo che maestro e allievo faticano ad affrontare e il respiro del film diviene appunto epico.
Da guardare con attenzione, in religioso silenzio, come ipnotizzati (magari non fate vedere agli altri che in realtà state dormendo)
Genere: Drammatico, formazione e ricerca;
Consigliato: ad agnostici, astemi, estimatori della psicanalisi e lettori di Riza Psicosomatica;
Sconsigliato: a chi sa già come prepararsi cocktail di alcool e droghe.
“– Lei di cosa si occupa? – Sono uno scrittore, un medico, un fisico nucleare, un filosofo teoretico, ma soprattutto io sono un uomo, proprio come te.”
Seriamente, la libertà è responsabilità e tante volte diventa un fastidio: la libertà necessita di saggia amministrazione, a volte costringe ad autoaddomesticarsi, a dominarsi e domarsi, è faticosa, ed è terribile dovere sempre scegliere liberamente ed essere responsabili delle conseguenze delle proprie azioni. Molto meglio obbedire a degli ordini. Molto meglio avere un capo, una guida, un maestro, qualcuno che ti dica in che cosa credere, per che cosa impegnarti, ma anche per quale diavolo di motivo stai soffrendo, che ti dica come agire per sentirti meglio, come vivere, a chi volere bene, chi odiare. Perciò la TV generalista ci ammannisce le serate con gli esperti – non ancora capi, ma maestri, persone che sanno la verità, anche se magari soltanto la verità sulla dieta a zona, la vita del castoro, le abitudini culinarie nel Belize. Pensate che bello avere un Espertone tutto per voi, pensate poi se fosse un Espertone di Vita; pensate se voi foste esauriti, disorientati, malati e reduci di guerra, disperati in un paese che sembra pieno di speranza, bloccati in un paese in piena corsa come gli Stati Uniti del secondo dopoguerra, senza più un capo dopo avere vissuto per anni da soldato, seguendo precisi comandi, con un fine preciso. Un Espertone, un maestro, forse un padrone, ma che c’è di male ad affidare la propria vita a qualcuno che ha fiducia in voi, vi capisce, apprezza il vostro moonshine, vi dice chi siete e perché siete così? E che cos’è un maestro senza un discepolo, senza un allievo, uno spettatore? Un misero simulacro. Maestro e allievo si riflettono l’uno nell’altro, una speculare attrazione li appaga e ne fonda l’esistenza; che uno parli e l’altro ascolti, e magari esegua, è secondario. È secondario che Freddie Quell (Joaquin Phoenix) sia matto e Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman) un truffatore (ma in che senso lo sarebbe? lo sono tutti coloro che ci spiegano in cosa è giusto credere e come è giusto comportarci?): prima che essere una storia di follia, prevaricazione e sette in odore di Scientology, è una storia di solitudine, amore e reciproca necessità, la storia di chi cerca un compagno con cui imbarcarsi On a Slow Boat to China.
Da vedere con tutti gli adepti della propria setta di quartiere.