Contrariamente a racconti e aspettative le alte onde di Kuta oltre alla schiuma portano a riva l’equivalente di una discarica a cielo aperto. Sotto le tavole dei tanti surfisti si muove un secondo, silenzioso mare, fatto di succhi di frutta, pacchi di patatine, caramelle, sigarette. É il grande e spaventoso mondo delle confezioni che appare sempre di più essere come un quinto Oceano. L’unico prodotto dall’uomo.
La spiaggia di Kuta, nel Sud di Bali, ne paga il prezzo più di altre. Se nella mente di molti viaggiatori rappresenta la spiaggia perfetta, tra una birra a pochi spiccioli, un massaggio, il surf e il sole dei tropici, è oggi invece poco più che un posto da evitare e di cui rattristarsi.
Partendo avevo in mente i racconti di mio padre e mia madre e di quando ormai trenta anni fa avevano sfidato le onde alte più di due metri per un bagno memorabile. Sapevo che le cose erano cambiate da quel periodo, ma mai avrei pensato di trovarmi a nuotare tra i rifiuti. Cercando di evitare la plastica presente ad ogni lato e profondità.
Tale esito era probabilmente inevitabile, da quando la fetta di terra formata da Kuta, Legian e Seminyak è diventata una succursale dell’Australia e tappa fissa dei Backpacker ventenni in giro per il mondo. Questo dedalo di stradine, Gang nella lingua locale, a prima vista inestricabile, rimpinzate di alberghi e banchetti di souvenir, è infatti tra le principali località turistiche per australiani di ogni età. Allo stesso tempo, i bassi prezzi uniti alla fama di parco dei divertimenti notturno ne fanno un luogo prediletto per i ragazzi europei nel corso del loro anno sabbatico.
Va detto però che oltre alla fama si trova ben poco altro quando la notte cala. Se non si è alterati per le serie di birre a basso prezzo, o addirittura da sniffate di efedrina molto comuni un po’ ovunque, i locali non possono che lasciare basiti. Scimmiottare l’Occidente, ed i suoi lati peggiori oltretutto, è davvero l’ultima cosa che si ricerca in un viaggio in Oriente. Questo principio però si applica solo ad una minoranza delle persone in viaggio. I più gradiscono ritrovare gli agi di casa, tra negozi di marca e bar sport, moltiplicati dal prisma di un cambio a dir poco favorevole, come da una popolazione pronta a divertirsi e senza troppi rimorsi per l’uso fatto della propria terra.
Paradossalmente la stessa nomea di luogo adatto al surf ha giocato a svantaggio dei surfisti stessi. Come spesso accade per i luoghi di interesse turistico le recensioni positive, o ancor peggio entusiastiche, sono la cosa peggiore che può capitare. La conseguenza poi è che il surfista si trova a sguazzare tra le sue stesse buste di plastiche. É da sottolineare anche che Lonely Planet parla di Kuta, e in particolare della sua spiaggia, come di un luogo perfetto per i bambini. Non so proprio su che basi si possa affermare che un bambino può liberamente giocare su una tale spiaggia per ore. Dopo aver detto inoltre, solo nel capitolo precedente, che l’acqua nella zona è notoriamente inquinata.
La nuova cultura egemone quindi, unita a scarichi evidentemente non proprio a norma, ha reso la spiaggia di Kuta quel che è oggi: un mare infestato di esseri apparentemente inermi, ma invece pronti a fagocitare tutto ciò che li circonda come parassiti o aggressivi predatori.
Kuta è l’area più turistica di Bali, questo è un articolo introduttivo sulla destinazione.