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Selma, l’America e le contraddizioni democratiche

Creato il 15 marzo 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

A cinquant’anni dalla famosissima marcia afroamericana di Selma, volta alla conquista dei diritti civili dopo la segregazione razziale ottocentesca, gli Usa sono chiamati a dimostrare all’opinione pubblica mondiale un cambio di passo dopo i recenti scontri tra cittadini di colore e forze di polizia

Prima di Selma: cosa ci insegna la storia

La storia ci riconduce indietro di almeno a trecento anni. Era infatti il 17 Settembre 1787, quando gli Stati Uniti d’America approvarono la prima e più antica Costituzione al mondo, ponendo le basi per l’istituzione di un moderno Stato Democratico. Due anni dopo entrò in vigore, era il 1789 e sarebbe diventata modello di riferimento per la stesura delle costituzioni europee moderne, in un percorso che coinvolse l’Ottocento e, in parte, il Novecento. Oggi più che mai il tema appare attuale. Basti pensare al largo uso di termini quali “Stati Uniti d’Europa”, utilizzato nel gergo giornalistico e non solo, per descrivere la possibile ipotesi di un totale processo di integrazione europea, a carattere federalista, proprio sul modello Usa. Quella Costituzione rappresenta ancora oggi uno dei passi principali del processo di formazione e crescita della nazione ma per non fermarsi dinanzi a ciò che sta accadendo oggi, occorrerebbe ricordare quell’avvenimento storico con la consapevolezza di come quella conquista dovesse e potesse, necessariamente essere, la sola base di partenza.

Le leggi Jim Crow

Nonostante l’abolizione della schiavitù sulla base del XIII emendamento della Costituzione, il quale vietava e vieta la schiavitù, le discriminazioni e le disuguaglianze sono proseguite nel corso del tempo, avvicendandosi sulla base della mancata imposizione del rispetto di tale emendamento. Era il 1865: il Presidente promotore di questo importante passo di democrazia e libertà era un repubblicano, Abraham Lincoln. Le Leggi Crow ebbero il terribile potere di rovinare tutto, o quasi. L’impianto base di quelle leggi consisteva in un ignobile principio cardine: la severa divisione delle razze. E il razzismo americano si acuì in tutta la sua crudeltà sul finire dell’Ottocento.

Quel feonomeno a carattere universale colpì non soltanto gli afroamericani ma tutti coloro che furono interessati dal processo di immigrazione e sbarcarono negli Usa. Ad esempio, una buona fetta di questi fanno capo a chi decise di abbandonare il nostro Paese (il Meridione, su tutti). Le teorie scientifiche razziste, concretizzatesi nel diciannovesimo secolo e che ebbero purtroppo gran risalto, risultarono leggermente mitigate nel periodo successivo alla grande crisi americana del ’29. La questione, ovviamente, rimase comunque irrisolta.

Gli anni ’60: il valore di Selma

La segregazione razziale legale si protrasse inevitabilmente fino al 1960, sulla scia di leggi che si opponevano ai matrimoni misti tra bianchi e gente di colore. In quegli anni, il Movimento per i Diritti Civili degli afroamericani attuò una mobilitazione volta alla conquista del diritto di voto, conquista che sarebbe arrivata grazie all’impegno e alla perserveranza del movimento. Le tre marce da Selma a Montgomery impressionarono fortemente l’opinione pubblica.

Era il 7 Marzo 1965. La domenica di sangue, così come definita dagli storici, vide agenti della polizia attaccare circa 600 attivisti, mentre questi si battevano per la conquista di un nobile e ineccepibile universale diritto. Quella marcia fu quasi interminabile, durò circa 20 giorni. Poi il Voting Right Acts (1965), arrivato a distanza di un anno da quel Civil Rights Act del 1964 che vide sulle scene la forte presenza di Martin Luther King. In quegli anni, altro grande protagonista fu il successore del presidente John Fitzgerald Kennedy, Lyndon B. Johnson. Fu vicepresidente durante la presidenza Kennedy e si impegnò per l’approvazione di quella legge del 1964 per dare respiro ai diritti civili di tutti, afroamericani compresi. L’impegno civile di Martin Luther King, non a caso accostato al pacifismo e alla non violenza di Gandhi, è ancora oggi una delle pagine più commoventi e appassionate che la storia possa averci riservato. Ecco perché Selma non può essere dimenticata: come ha ricordato Obama nella commemorazione di una settimana fa, «Selma è ora e il lavoro non è finito».

Dopo Selma: cosa succede oggi?

I caldissimi anni ’60 degli Usa non sembrano essere bastati a sconfiggere il razzismo nella nazione. Il problema è sempre più avvertito, anche alla luce dei recenti tristi episodi che hanno sconvolto l’opinione pubblica e messo in discussione l’operato delle forze di polizia. Il 2014 può essere tranquillamente definito come anno buio sotto questo preciso aspetto. E colpisce, peraltro, la decisione della Corte Suprema, la quale in una sentenza del 2013 aveva cancellato uno dei pilastri del Voting Right Acts, la richiesta di permesso al Dipartimento di Giustizia prima di poter modificare i sistemi elettorali (fattispecie che riguardava i 9 Stati del Sud). Una decisione fondata sulla convinzione che le condizioni, dal 1965, sarebbero profondamente cambiate.

Il 2014 ci dice che forse non è così, la lezione di Selma sembra non essere sufficiente. Troppi i casi di omicidio di afroamericani, poi trovati disarmati, a partire dall’uccisione in estate di Michael Brown, giovane 18enne,a Ferguson, in Missouri. Era il 9 agosto. Sei proiettili, di cui due alla testa inflitti a un giovane ragazzo disarmato. I giorni seguenti, sarebbero stati ancor più difficili, con la rivoltà della comunità nera del luogo, la nascita di una commissione ad hoc sul caso e manifestazioni di protesta, qui e in altre città. Fu lo stesso Obama a richiedere una “inchiesta indipendente” sull’accaduto. Si arriva a Novembre e il Grand Jury decide di non incriminare il poliziotto. Il Paese è scontento, le rivolte sono all’ordine del giorno, nell’opinione pubblica trasuda sgomento e sensazione di un senso di ingiustizia diffuso e discriminatorio. Dopo la mancata incriminazione, il 28enne agente, Darren Wilson rassegna le proprie dimissioni “per non mettere a rischio l’incolumità degli abitanti e dei colleghi”. Stessa assoluzione a Dicembre per Daniel Pantaleo, dopo i fatti del 17 Luglio nei quali trovò la morte Eric Garner, nero 43enne disarmato e padre di sei figli. Un uomo indifeso e, come mostrato dalle immagini di alcune riprese girate sul luogo dell’accaduto, vittima dell’abuso di potere delle forze dell’ordine.

Il braccio di ferro con le forze dell’ordine prosegue nel Dicembre, dopo l’uccisione di due poliziotti da parte di Ishmael Brisley, poi suicidatosi: era la sua “vendetta” per Brown e Garner. Durante i funerali di una delle due vittime, i poliziotti voltarono le spalle al sindaco di New York, Bill De Blasio, reo di essersi schierato dalla parte della comunità nera. E poi, quelle parole al proprio figlio nero: «Stai attento alla polizia». Nel giorno in cui Selma avrebbe dovuto avere il giusto riconoscimento e il ricordo del vento leggiadro della libertà, un altro giovane disarmato, Tony Robinson viene colpito dall’arma di un agente di polizia. In quanto sospettato di una recente aggressione, riferisce la polizia locale. Un’altra giovane vita stroncata.

Selma non dev’essere dimenticata

Selma deve continuare a simboleggiare la lotta alle ingiustizie e ai soprusi, come cinquant’anni fa. Selma non significa convinzione ideologica, ma dovere morale e civico ispirato a chi ha fatto del pacifismo e della non violenza la propria icona di risoluzione quotidiana della lotta alle ingiustizie e alla cultura di una presunta e ingiustificata superiorità. Con ogni strumento democratico possibile a disposizione, e la Costituzione come arma più importante, l’America è chiamata a non tradire la propria storia e il proprio impegno, morale e politico.

Tags:Diritti civili afroamericani,ferguson,forze dell'ordine,obama,razzismo,Selma,USA

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