Selma - La strada per la libertà (USA, UK 2014) Titolo originale: Selma Regia: Ava DuVernay Sceneggiatura: Paul Webb Cast: David Oyelowo, Carmen Ejogo, Tom Wilkinson, Tim Roth, Giovanni Ribisi, Oprah Winfrey, André Holland, Tessa Thompson, Common, Trai Byers, Dylan Baker, Lorraine Toussaint, Ledisi Anibade Young, Wendell Pierce, Nigel Thatch, Cuba Gooding Jr., Alessandro Nivola Genere: storico Se ti piace guarda anche: The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, Malcolm X, The Help, Il colore viola
I have a dream. Io ho un sogno, oltre a quello di avere un sogno [Scary Movie 3 cit.]. Sogno una notte degli Oscar in cui vengano consegnati dei premi sensati. Dei primi giusti. L'anno scorso era ancora andata piuttosto bene, con la vittoria dell'award per il miglior film finita a 12 anni schiavo anziché a Gravity, cui sono comunque andate ben 7 statuette, diverse delle quali parecchio rubate. Considerando però come in gara ci fossero filmoni stellari come The Wolf of Wall Street e Lei, le cose sarebbero potute andare meglio.
All'indomani delle nomination dell'edizione 2015, in molti hanno criticato le scelte fatte dall'Academy, accusandola manco troppo velatamente di un certo razzismo e misoginia nelle decisioni che hanno penalizzato gli interpreti di colore, così come trascurato in molte categorie (quelle per le migliori attrici ovviamente a parte) le donne. Tra i maggiori snobbati c'è questo Selma che ha ottenuto appena 2 candidature, quella per la migliore canzone e quella per la miglior pellicola. Nelle altre sezioni è invece stato del tutto ignorato, quando alla vigilia veniva considerato come uno dei grandi favoriti. Ero quindi molto curioso di vederlo per poter gridare anch'io: “Razzisti! Razzisti!” a quelli dell'Academy. Com'è andata?
Difficile dirlo. Direi che il razzismo non c'entra. Semplicemente quelli dell'Academy come al solito hanno cannato le loro scelte. Hanno inserito il film tra i migliori dell'anno e, a parte il pessimo American Sniper di Clint Eastwood, devo dire che risulta un gradino o anche due sotto rispetto agli altri film nominati. Non che sia un brutto lavoro, questo Selma, tutt'altro, però mi aspettavo qualcosa in più. Innanzitutto va premesso che non si tratta tanto di un biopic vero e proprio su Martin Luther King. Il grande protagonista è lui, ma la pellicola non ci racconta la sua intera esistenza, quando un periodo molto limitato, concentrandosi sulle marce organizzate nel 1965 nella cittadina di Selma in favore del riconoscimento dei diritti degli afroamericani. Più che un film biografico, un film storico. Una ricostruzione di stampo quasi cronachistico. Le varie scene sono accompagnate da didascalie che precisano cosa sta avvenendo, dove e con chi. Io le didascalie in genere già non le sopporto e in questo caso mi sono sembrate piuttosto superflue, oltre al fatto che mi pare rendano il lavoro un po' sfilacciato, anziché unirlo.
Selma procede nella sua marcia in maniera molto precisa e rispettosa nei confronti degli eventi realmente successi. Giusto così. Il problema dei film tratti da storie vere è però che si rischia di finire nel documentaristico. A tratti con questa pellicola capita. In altri momenti, la promettente regista Ava DuVernay invece si apre a momenti puramente cinematografici notevoli ed è qui che Selma ci regala i suoi momenti migliori e allo stesso tempo fa venire il rammarico. Perché se invece di spiegare tutto con didascalie la DuVernay avesse lasciato parlare solo la potenza delle immagini per tutte e due le ore di durata, a quest'ora ci troveremmo di fronte a un piccolo capolavoro, piuttosto che a un'occasione sprecata. Le sequenze più impressionanti del film sono quella dell'esplosione all'inizio, che ricorda vagamente quella di The Hurt Locker ed è una vera bomba, e poi le scene delle marce, in cui i personaggi camminano stilosissimi manco fossero in un film di Tarantino come Le Iene o Kill Bill. Con sequenze grandiose del genere, una nomination alla DuVernay nella cinquina dei migliori registi sarebbe apparsa meritata, di certo più di quelle donate agli anonimi Bennett Miller di Foxcatcher e Morten Tyldum di The Imitation Game.
L'Academy ha fatto la sua cazzata più grande però nell'ignorare David Oyelowo. Rendere su grande schermo un personaggio storico come Martin Luther King senza scadere in una sterile imitazione non è impresa facile, ma il giovane strapromettente interprete supera la prova alla grande. Durante il film non si ha l'impressione di stare a vedere un attore che recita. Sembra di vedere il vero Martin Luther King in azione. D'altra parte agli Oscar quest'anno nella categoria per il miglior attore protagonista è stato escluso pure lo sciacallo Jake Gyllenhaal, autore di una delle prove recitative più impressionanti degli ultimi dieci anni, quindi non c'è da stupirsi se a questi due formidabili attori siano stati preferiti il cicciobello Bradley Cooper di American Sniper e l'insipido Steve Carell di Foxcatcher. In quest'ultimo film, se proprio dovevano nominare qualcuno, sarebbe stato meglio a quel punto il sorprendente Channing Tatum.
"Sì, bravo Cannibal, belle parole...
Tanto lo sappiamo che pure tu ti dimenticherai di nominarci agli Oscarrafoni 2015."
Agli Oscar dovevano quindi essere nominati il protagonista David Oyelowo e la regista Ava DuVernay, più che la pellicola. Selma mi ha ricordato un po' The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, sebbene la sua storia si sviluppi in un arco di tempo molto ma mooolto più breve. Una pellicola che propone troppi personaggi minori lasciati sullo sfondo e troppa carne al fuoco, tra politica, diritti civili e il lato più personale. Un aspetto che sarebbe stato bello vedere più sviluppato è quello di Martin Luther King uomo. Non il politico, non l'attivista, non l'icona. Nei momenti più intimi, come quello della telefonata a notte fonda con la cantante Mahalia Jackson, il film riesce a svelarci l'anima, la vera anima di Luther King, i suoi dubbi, la sua fragilità. Peccato che per la maggior parte del tempo Selma marci in maniera troppo classica e didascalica, quando al suo interno possiede dei momenti notevoli che lasciano solo intravedere quello che sarebbe potuto essere il suo vero enorme potenziale. Se il film non è stato sommerso di nomination non c'è allora da gridare: “Razzisti! Razzisti!”, ma piuttosto: “Incompetenti! Incompetenti!” visto che le candidature le hanno cannate in pieno. O quasi. Quella per la miglior canzone alla notevole “Glory” di John Legend e Common è infatti meritatissima. Diamo all'Academy quel che è dell'Academy. (voto 6,5/10)