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Battaglia prima politica che civile, condotta fin nelle più alte stanze di Washington discutendone con il presidente Lyndon Johnson, non convinto della tempistica e dell'opportunità politica di una battaglia come questa, e condotta anche cercando di mitigare gli animi più ribelli desiderosi di reagire con la violenza.
Non solo istanza civile ma anche tattica politica creano l'occasione per la manifestazione di Selma.
La marcia sarà naturalmente un successo senza precedenti, iscritta di diritto tra gli avvenimenti storici fondamentali del XX secolo.
Selma- La strada per la libertà racconta una storia che ha circa 50 anni.
Eppure sembra ieri, anzi no sembra oggi.
In una nazione ancora alle prese con le sue contraddizioni e con sacche di razzismo larvato nonostante un presidente nero ( impossibile che non ci sia una componente razzistica nelle uccisioni di diversi ragazzi neri da parte dei poliziotti in varie città statunitensi, fatti che accadono troppo spesso per poter essere giudicati come casuali e rispondenti a dinamiche sempre uguali) una storia come quella narrata dalla regista afroamericana Ava DuVernay è la cartina di tornasole attraverso cui leggere la società di oggi nata proprio dalle ceneri di quel razzismo conclamato che gradualmente è stato spazzato via a suon di leggi.
Non del tutto però, visto che si sente ancora il bisogno di raccontare certi avvenimenti storici come i fatti avvenuti a Selma o anche fatti di cronaca più recenti come in Prossima fermata : Fruitvale Station.
Ma il film della DuVernay non è un pamphlet politico accorato, è più che altro un complesso affresco storico in cui non viene perso alcun dettaglio dei particolari e questo è un grande merito di una regista che per la prima volta è alle prese con un budget importante.
E abbiamo il vantaggio , il privilegio addirittura di vedere una sorta di dietro le quinte, non vediamo solo il lato pubblico dei vari Martin Luther King e Lyndon Johnson ma arriviamo al cuore dei loro pensieri, dei loro dubbi, delle loro incertezze , riusciamo a percepire , quasi a toccare con mano la loro visione politica complessiva a partire dai particolari, da quei piccoli compromessi che hanno consentito loro di andare avanti ogni giorno nella loro attività.
Ne escono due figure di statura eccezionale rispetto ai nani e alle ballerine che fanno politica oggi, è evidente la differenza che c'è tra uno statista, uomo delle istituzioni che ha la visione a lungo termine, e un politicante, come ad esempio il governatore dell'Alabama, razzista irriducibile che guarda solo al proprio misero orticello.
Selma - La strada per la libertà è un film dall'aspetto vintage, di vibrante impegno civile che non sceglie la strada della stucchevolezza nella ricostruzione storica, come accadeva giusto l'anno scorso con The Butler - Un maggiordomo alla casa bianca, o della furia beluina dello sguardo all black mutuato in 12 anni schiavo.
E' un crescendo di emozioni in cui la forma filmica si compendia magnificamente con la storia, fa brillare di luce diversa ( ma ancora più luminosa se possibile) una figura come quella di Martin Luther King, interpretato con palpabile partecipazione e mimesi da un intensissimo David Oyelowo, inquadrandolo da una prospettiva soprattutto privata ( arrivando a raccontare persino le tensioni con la moglie), più umana.
Inevitabile che a tratti si esondi nella retorica ma sembra tutto sotto controllo e mescolare le immagini della vera manifestazione con quelle ricostruite cinematograficamente è un magnifico modo per chiudere una narrazione corale come quella scelta da Ava DuVernay.
Non vincerà Oscar e rimane la macchia di non aver incluso la regista tra le nominations.
Bieco maschilismo o razzismo vero e proprio?
PERCHE' SI : affresco storico di spessore, cast eccellente , emergono le figure di King e Johnson soprattutto il loro lato privato.
PERCHE' NO : inevitabile esondare a tratti nella retorica, ritmo compassato all'inizio
( VOTO : 8 / 10 )
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