prima metto un link della situazione della legge europea sulle sementi
poi ringrazio il Comune di Montespertoli per avermi dato la possibilità di partecipare al convegno sui semi a Montespertoli in data 19 ottobre e accludo questa breve relazione.
Gli interventi sono stati interessanti e ho avuto modo e maniera di capire qualcosa in questo complicato argomento che nei prossimi giorni sarà oggetto di dibattito al parlamento europeo.
Non ho sentito nessuno parlare del costo delle sementi (cioè di quanto incide sul bilancio dell’agricoltore) e di sicuro i nostri nonni non avevano questo problema, e questo mi ha stupito)
E’ stato posto l’accento sulla necessità di una catalogazione precisa per evitare con la distribuzione libera dei semi la pericolosa introduzione dei semi OGM.
Uno dei relatori, l’agronomo Riccardo Bocci, ha sottolineato che in sede comunitaria siamo male rappresentati, non ci sono proposte adeguate che possano ribattere l’impianto normativo in fase di approvazione, le regole sono in gran parte dettate da grandi aziende sementiere tedesche e francesi che fatturano cifre spaventose, i legislatori si affidano a loro spesso per incompetenza nel settore.
Il problema principale sembra essere un vuoto legislativo solo italiano, non abbiamo stilato un catalogo delle sementi come invece ad es. ha predisposto la Francia,
Benedettelli, della facoltà di Agraria, afferma che si possono utilizzare i semi autoprodotti, ma occorrono degli accorgimenti particolari e comunque i risultati non sempre sono pari a quelli dei sementi selezionati dalle aziende specifiche, l’agricoltore per produrre il sospirato reddito infatti non può permettersi di rischiare ed usare i semi autoprodotti e li compra, da qui i profitti enormi delle aziende sementiere.
Il problema è il voler produrre sempre e comunque in quantità crescenti, gli aiuti intervengono dalla chimica, dalla genetica, e li stiamo pagando a caro prezzo.
Noi cittadini italiani possiamo documentarci, capire, e democraticamente scegliere la strada che riterremo più giusta, ma attenzione, avverte Bocci, non dobbiamo pendere dalla parte di chi avrà più forza per urlare le sue ragioni, e nemmeno dai più organizzati nel marketing e nella comunicazione, ricordiamoci che il futuro e la salute dei nostri figli e del nostro paese sono la cosa più importante.
Mi sono avvicinato alla terra da pochissimi anni, sono un “dummy” come direbbero gli inglesi, ma proprio la mia caratteristica di principiante, mi vede immune per ora da ogni influenza politica, corporativa, scientifica.
La mia idea sui semi : in quanto reddito per alcuni sono spesa per altri, non vedo come non si possa ritornare a produrre semi autonomamente e chi non ha abbastanza denaro per comprarli deve poter utilizzare parte del suo prodotto e riseminarlo.
Si parla di “tracciabilità” e di reddito “al di sopra dei due milioni di euro” , è assurdo !
Come mai si pensa solo ai ricchi e non ai poveri ? E’ evidente che la legge è stata suggerita dai sementieri…. Sono i poveri come quelli dell’India che si suicidano, non i ricchi ! Se non ho capito male 270.000 in un anno solo in India, questo sembra a causa dell’uso sconsiderato di sementi super-produttivi che poi necessitano di super concimazioni e trattamenti antiparassitari che mandano poi in crisi gli agricoltori stessi.
Nella “pancia” della nuova legge ci DEVONO mettere un limite minimo per garantire l’area dei piccoli agricoltori (e in Italia sono tantissimi) che può essere il reddito, o la superficie lavorata, se si tratta di un agricoltore diretto o di un terzista e quanti ettari lavora, o un altro parametro che indichi che quel soggetto produttore non è “pericoloso” per il mercato, ma svolge quell’attività tanto importante che è il conservare la biodiversità, e gli si deve permettere di ri-usare le sementi, e non credo debba spettare a loro l’onere della catalogazione.
Il piccolo agricoltore deve anche poter vendere la sua produzione, che anche se non certificata sarà sempre migliore di un OGM e qui potrebbe essere regolamenta la distribuzione di prodotti biologici non certificati, che anche se non esiste perché non crearla ; chi lo impedisce ? Del resto se fanno le leggi sui semi possono farle di nuove sul commercio dei prodotti non catalogati, ad es. ognuno venderlo accompagnato dalla foto del prodotto stesso e la relativa certificazione di origine da rilasciare su richiesta.
Se questo agricoltore sentisse l’esigenza di dover catalogare un nuovo seme lo stato, la regione, o comunque il soggetto giuridico preposto dovrebbe espletare l’intera pratica, non appena segnalata, senza costi, sono le pubbliche amministrazioni che devono preservare il patrimonio, a loro l’onere, ai moderni contadini il buon senso di “preservare” come fino a qualche anno hanno fatto gli “agricoltori custodi” della Arsia.
L’individuazione di parametri per individuare gli onesti sono difficili, siamo italiani, abbiamo il “furbo” nel DNA appena uscita la legge l’agricoltore di medie/grandi dimensioni disonesto telefonerà al commercialista, all’agronomo, all’avvocato e chiederà come rientrare nell’area dei piccoli dove “si fa quello che ci pare” e garantire la redditività elevata.
Sarà cura sempre degli organismi pubblici controllare eventuali soggetti irregolari che producono mescolando le produzioni agricole come talvolta nel passato.
Ho visto il video di Vandana Shiva sulla libertà dei semi la sua messa a punto della banca del seme, dall’India ci avverte che la sua battaglia può diventare anche la nostra.
Attenzione ! anche questo modello indiano sembra essere bellissimo, ma i modelli non possono essere importati così come sono, facciamo ancora parte della CEE, il meccanismo è ancora questo, vengono emanate direttive comunitarie e poi i singoli stati si adeguano.
Noi per fare gli adeguamenti abbiamo bisogno delle Regioni, (in assenza di una legge dello Stato) abbiamo sempre avuto questa concezione di vita tutta italiana a “capannelli” cioè aree dove le regole cambiano a seconda del luogo dove ci troviamo.
Dobbiamo prendere atto che il mondo è cambiato e ci siamo abituati alle comodità della vita moderna, la natura spesso aveva la meglio e le coltivazioni subivano aggressioni degli agenti naturali, ma al contempo abbiamo perso anche quelle competenze che permettevano a tutti gli agricoltori di auto-produrre le loro sementi.
Da Vandana Shiva dobbiamo copiare l’umiltà con la quale si è adoperata nel ricercare le sementi abbandonate/escluse recuperando i saperi degli agricoltori e negli anni attivato quella importante realtà di banca del seme che come Don Chisciotte combatte contro i mulini dei sementieri. (un es. solo di riso oltre 500 specie di ogni colore e grandezza).
La necessità di catalogazione si scontra con l’idea di Vandana Shiva di libertà dei semi, credo entrambe siano giuste e la nuova legge dovrà tenerne conto, la soluzione da me proposta va in questo senso.
Mentre osservo i tagli alla spesa delle aziende e la pubblicità è diminuita in modo vertiginoso sia in quantità che in valore, mi domando :
Quanto dovremo aspettare perché si prenda atto della necessità di auto-produrre sementi senza rischiare multe o illeciti puniti anche con l’arresto?
Potremo tagliarne i costi di acquisto?
Occorre iniziare da ora e subito a insegnare la cultura della riproduzione delle sementi, formare gli agricoltori con corsi specifici, fare “rete” con i sistemi di Aiuto-aiuto, collaborare con i Gas, e ogni specie anche se non redditizia deve essere “condivisa”.
Se non ci sentiamo garantiti in sede comunitaria dobbiamo partire senza esitazione promuovendo una petizione avaaz su change,org in modo che le leggi debbano tutelare i cittadini comunitari e non alle solite lobbies.
In rete ci sono sicuramente persone disposte a mettersi in gioco per produrre proposte / emendamenti alla legge, altrimenti non ci rimane che accettare le decisioni prese.
Lanciamo la pietra nello stagno e vediamo quante onde provoca, non sarà certo un’alluvione, ma un po’ d’acqua la smuove di sicuro. Io un sassolino l’ho lanciato !
Buon lavoro !
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