Magazine Racconti
La realtà delle cose, Alessandro Pizzo
Ho sempre meno bisogno di cose. Non ne ho mai avuto troppo bisogno, ma ora ne ho ancora meno. Credo arriverà il tempo in cui non avrò bisogno nemmeno più di un corpo.
Io sono quello che sento, che penso, che sogno. Sono poco quello che tocco, quasi nulla. In una vita passata devo essere stata qualcosa che non si può toccare, forse ero un sentimento o una melodia. Se proprio devo esser stata qualcosa che si può toccare sarò stata una matita, un acquerello, un tubetto di tempera, un carboncino. Un colore: rosso. Per tutte quelle cose rosse che ho perso, per quelle che ho incontrato per un po’, per quelle che non ho ancora incontrato e per quelle che non incontrerò mai. Io con i “mai” non credo farò maiamicizia. Io non voglio farci amicizia. Non voglio tante cose. Tra le cose che non voglio non ce n’è nemmeno una che non possa permettermi. Le cose che non puoi permetterti non sei tu a non volerle. Non scegli tu. E chi sceglie? Non lo so, ma non tu! Se dico: “non lo voglio!”, lo dico con convinzione, la stessa che ci vuole per indossare un boa di struzzo. Quando non sarò più un corpo nemmeno mi servirà più un boa di struzzo, però tengo la convinzione, quella sì. Quante cose non voglio? Tante, una di queste è non farmi piacere ciò che non mi piace, per esempio i cerchi. Non mi piaceranno mai! - ecco un’altra volta il “mai”, ma chissene – Posso fare solo qualche eccezione, dunque, vediamo… quelli di Kandinskij, sì. Il cerchio di Giotto è in equilibrio tra il mi piace e il non mi piace. È caduto! Dalla parte giusta, credo. Non mi piace il brodo, per questo mangio tutto con la forchetta e, sempre per questo motivo, quando l’ho confidato alla tizia del ristorante vegetariano, mi ha detto: «Oh, abbiamo un altro cliente che mangia tutto con il cucchiaio». Ho pensato che mi sarebbe piaciuto conoscerlo e invitarlo a pranzo, ci saremmo capiti tra i denti o nel riflesso della conchetta d’argento. Non mi piacciono le omissioni, hanno lo stesso cattivo odore delle bugie: puzzano! Come le mele marce o l’uovo dimenticato nel frigo vuoto di certe domeniche che devono passare in fretta e, invece, non passano mai. Non mi piace la pasta al burro, ma questa storia qui è troppo lunga da raccontare. Facciamo che per adesso vi accontentate di sapere che non mi piace, senza sapere perché. Mi piace chiedere perché, anche troppo, anche se la “r” qualche volta inciampa un po’. Mi piace tanto, troppo, immensamente… mi sto disintossicando. Prima o poi bisogna farlo, i “perché” e la vita non fanno amicizia, non la faranno mai, un po’ come me e i cerchi. Allora, cosa fai? Ti disintossichi dai perché, perché dalla vita non puoi disintossicarti. – Ve l’ho detto mi sto disintossicando, non sono fuori dal vortice dei perché, ci sto lavorando semiseriamente -. Non voglio continuare questa lista di cose che non voglio che mi piacciano, anche perché l’unica persona che potrebbe capirmi, il tizio che mangia tutto con il cucchiaio, io non l’ho ancora incontrato. Forse è tra le cose rosse che non incontrerò mai o tra quelle che devo ancora incontrare. Fatto sta che io, in quel ristorante vegetariano, non ci sono più tornata che mica lo so se poi lo voglio davvero qualcuno che mi capisce tanto bene da sapere perché mangio tutto con la forchetta. Nessuno vuole qualcuno che lo smascheri, così si scappa, come sto scappando io dal possibile disvelatore del mio segreto della forchetta. E poi io ho sempre meno bisogno delle cose, l'ho detto all'inizio. Quando non sarò nemmeno più un corpo saranno ancora meno. Saremo solo io, la mia convinzione e un boa di struzzo mancato. Perché? Ah, no, io il mio programma di disintossicazione semiserio non lo diserto. Tu fai quel che vuoi, io intanto scendo a fare la spesa che quell’uovo così solo proprio non posso lasciarlo, anche se è domenica. Anche se non lo è, ma ci assomiglia tanto.
[Grazie a Sario che mi ha regalato questa canzone in un giorno in cui non era domenica, ma ci assomigliava tanto]
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