Da qualche anno i Wachowski non li capivo più. Lo strappo avvenne con l’attesissimo Speed Racer, quel primo lavoro post-matrix che non si rivelò nient’altro che una inguardabile porcata. I più recenti Cloud Atlas e Jupiter erano semplicemente pellicole che non ho compreso perchè molto distanti dallo stile alla matrix che ricercavo di volta in volta nei loro nuovi lavori. Diciamo pure che sui Wachowski ci avevo easso una croce sopra, perchè stanco di non ritrovare più nei loro film il cyber-punk e il kung-fu che tanto mi avevano stregato nel 1999 con le avventure di Neo.
Dopo un sabato da divano in pieno binge watching in compagnia della loro prima fatica seriale disponibile su Netflix, confermo che ho riscoperto il cinema di questi registi fuori dagli schemi che naufragano in una deriva mistica probabilmente causata anche del cambio di sesso di Larry in Lana. Oggi infatti non sono più i Wachowski Bros. ma i Wachowskis, ripulendo dall’etichetta quel brothers che risultava offensivo per la componente femminile del duo.

Sense8 si rivela fin dai minuti iniziali come una serie intensa e dalla tematica complessa, che non vuole imbonirci con falsi concetti ma mostrarci la realtà nella sua vera essenza, e spesso nella sua triste crudezza. E’ una serie che affronta la tematica della connessione tra individui superdotati, esponenti di un nuovo stadio dell’evoluzione umana. Prendono il nome di sensate e hanno la forza di vedere e comunicare con gli altri membri del proprio gruppo (la cerchia) attraverso un legame non sono mentale ma anche spirituale (chiamata risonanza limbica). Le capacità di ogni componente della cerchia sono trasferibili ad altri membri per far fronte ad eventuali difficoltà e garantire la sopravvivenza del gruppo stesso, poichè tragico sarebbe quel momento in cui uno degli otto perdesse la vita; il cerchio si romperebbe causando un dolore talmente intenso da pervadere le vite di tutti gli altri sette in modo distruttivo. I sensate sono sparsi per il mondo (Seul, Cichago, Nairobi, Berlino, Mumbai, Messico, India…) ma si percepiscono come se fossero nella stessa stanza e, nello scorrere delle dodici puntate, vengono chiamati a sventare una minaccia rappresentata da un’altro potente sensate che da loro la caccia per farne cavie da laboratorio. Tutti loro inzialmente hanno la visione di una donna suicida che li incoraggia a ritrovarsi e costituire la propria cerchia, ma i più la considerano inizialemnte solo una strana allucinazione, non comprendendo appieno l’essenza del proprio potere.

Sense8 stupisce per la sua capacità di coinvolgerti, di attirarti nella narrazione facendoti provare empatia per le sventure e per le gioie dei protagonisti; in più occasioni ci si sente un membro attivo della cerchia e si fa letteralmente il tifo per quegli otto individui che di episodio in episodio impari a conoscere perfettamente. Tra tutti i personaggi non si può non amare l’ottimismo di Capheus, un ragazzo Kenyota che guida il pulman per guadagnare i soldi necessari a comprare i farmaci giusti per curare la madre malata di AIDS. Si fa chiamare VanDamn, storpiando il nome del mitico Jean Claude, sua fonte di ispirazione per affrontare le sfide col giusto coraggio in una Nairobi polverosa e criminale, lontana anni luce dalle comode città occidentali. Certamente una bella lezione di umanità.

I Wachoswki curano la regia di numerosi episodi, affidando i restanti alla direzione di registi-amici appartenenti alla loro “cerchia”, come James McTeigue, regista di V per Vendetta e Ninja Assassins. Belli i movimenti di macchina in slow motion e lo score musicale che riesce ad accrescere lo stato di tensione nei momenti più adrenalinici. Non ci resta dunque che aspettare la seconda stagione.