“Sto furbescamente divincolandomi dalla veglia”,
ti dicevo,
e più lettere c’erano
più c’eravamo,
legati a rotaie
in un deserto giallo gommapiuma
costruito di carezze spagnole
su cui viaggiavano treni targati a sinistra;
e vivo istanti bolliti e conditi di noi,
con il disprezzo per il giardino dei vicini,
circondato da
lontani parenti civili,
estranei.
E i nostri giochi,
sagome di lumache
che mi porto intatte
nel cuore.