SENZA ZUCCHERO AGGIUNTO
di Anna Fasciani
La radio mescolava canzoni…
A Emma piaceva canticchiare in macchina, le piaceva l’effetto della voce che sembra amplificarsi nell’abitacolo. Tornava a casa con un bagaglio di pensieri e con i cesti natalizi, che come di consueto le facevano recapitare in ufficio, ma non aveva fatto regali quest’anno: “… ci vuole sobrietà” si era detta, forse per darsi una ragione in più; quella vera era che non ne aveva avuto il tempo, come al solito, fagocitata dal fluire delle giornate, dei mesi e delle stagioni pure.
Tornava a casa da lui, come per un primo appuntamento dai colori ormai sbiaditi…Tornava da lui, ma infondo se ne allontanava ogni volta di più. Ci vuole coraggio per dirsi addio, ci vuole leggerezza, ci vuole opacità di pensieri…un prodotto alchemico. Lei con la chimica non ci aveva mai saputo fare e si ritrovava così, con un amore spento tra le mani, che non si riesce a buttar via, come si fa con le luci di natale che non funzionano più, perché quando erano lì sull’albero a fare il loro dovere, ci avevano emozionato e regalato la festa.
L’ultimo semaforo e poi a destra, era arrivata a casa.
L’ultimo semaforo e a sinistra c’era la piazzetta.
Nello abitava lì, nei giardini pubblici, ogni sera parcheggiava la sua bici carica di buste, scatole, cartoni, che sembrava impossibile una bicicletta potesse trasportare dietro tutto il suo mondo. Unica compagna di strada e di vita Liz, la sua cagnolina, sua moglie, sua sorella, l’amica con cui condividere quel frammento di esistenza spogliata. L’aveva chiamata così perché da giovane era innamorato di Elisabeth Taylor e dei suoi occhi blu viola.
Nello era un uomo buono e gentile, di una timidezza elegante, signorile; nessuno conosceva bene la ragione per cui un giorno come tanti aveva scelto di rinnegare la sua storia e di vivere per strada. Qualcuno del quartiere con poca fantasia sosteneva si trattasse di un benestante, uno di quelli con tanti soldi che stanco della vita agiata aveva deciso di togliersi il capriccio di vivere in miseria. Altri credevano si trattasse di un avanzo di galera, incapace di ritrovare un posto nella società, ma la storia dell’ex galeotto era destinata ad essere poco credibile, non fosse altro per la pacatezza e la nobiltà d’animo di Nello. E poi, infondo, lui un posto l’aveva ritrovato in quell’angolo di mondo e anche un quasi lavoro, come lo chiamava lui: per pochi spiccioli si adoperava a fare la spesa ai commessi che lavoravano nei negozi intorno alla piazzetta. Lui, puntuale come un orologio, ogni mattina faceva il giro per prendere le consegne, per poi tornare dopo poche ore con un miscuglio di buste colorate che profumavano di pane appena sfornato, di caffè e di formaggio. Quei pochi spiccioli guadagnati così, servivano per comprare due panini, uno per lui e uno per Liz, qualche caramella e una bottiglietta di cedrata Tassoni, che gli ricordava quand’era bambino… Se gli affari della giornata erano andati bene, si regalava un fiasco di vino rosso; questo, da bere da solo, in quelle sere in cui anche Liz restava fuori dal suo angolo di vita, in quelle sere che facevano più male, in cui solo la solitudine tiene compagnia. In quelle sere così, ci si ubriaca per soffocare il cuore, per tendere un laccio alla ragione o perché ci si sente come dannati in terra sacra.
Emma era arrivata sotto casa, ad aspettarla c’era Nello. Lui ogni sera le faceva la gentilezza di farle trovare il posto libero per parcheggiare l’auto proprio sotto il suo portone. Parcheggiava la bici di traverso già dal primo pomeriggio e le occupava il posto finché lei rincasava. Queste erano le gentilezze per cui lui andava famoso nella piazzetta, di cui molti si stupivano forse perché, sbagliando, non ci si aspetta, che chi non ha nulla da darti possa regalarti qualcosa, anche un gesto gentile.
“ buona sera signorina….”
“ buonasera Nello, grazie come sempre….”, disse abbassando il finestrino.
Lui riprendeva la sua bici-casa e dopo quel breve saluto si allontanava subito. Sembrava volesse mantenere con lei una distanza, uno spazio fisico, una zona franca. Non dava a quell’incontro quotidiano il tempo di uno scambio di parole seppur di circostanza… Era fatto così.
Emma carica dei cesti natalizi pieni di prelibatezze saliva le scale di casa con il pensiero che dover festeggiare il capodanno era una vera tortura. Non le piaceva questa festa, forse perché la gente sembra volersi divertire per forza. Lei non aveva molta voglia di festeggiare, le feste comandate la rendevano irritabile, ma uno sforzo bisognava pur farlo e quindi nel tragitto dall’androne alla porta di casa aveva praticato un mini training – autogeno, cercando di imporsi il giusto buonumore per il brindisi di inizio anno con Lui.
Entrò in casa. Non c’era odore di cibo cucinato, Luca le faceva trovare sempre la cena pronta perché rincasava prima di lei dal lavoro. Le luci dell’albero spente. Appoggiò i pacchi sotto l’albero. Lo chiamò. Entrò in camera. Tutto sembrava in ordine. Un ritardo a causa del traffico. E’ capodanno….
Aprì l’alta dell’armadio per riporre il cappotto. Era vuota per metà.
E’ strano come a volte gli eventi che aspettiamo da sempre e che pretendiamo di controllare con le nostre decisioni, ci travolgano inesorabilmente come una valanga, senza preavviso.
Sedette sul letto, per un attimo. Poi iniziò a perlustrare casa in cerca di un biglietto e il suo cuore in cerca di una spiegazione. Nessun biglietto e nessuna spiegazione. Se n’era andato così. Con il silenzio che accompagna l’incapacità di condividere un addio. Perché la scelta di un addio non si condivide, è solitaria ridiscesa dopo aver toccato la cima, è silenziosa sedimentazione. E’ segreta fermentazione. Un prodotto alchemico, appunto.
E lei con la chimica non ci aveva mai saputo fare.
Era quasi mezzanotte, non voleva restare da sola in questo nuovo inizio d’anno…Scelse una delle bottiglie dai cesti sotto l’albero e due calici di cristallo di quelli preziosi, quelli della nonna, che non aveva mai usato, si infilò il cappotto, scese in strada. Attraversò il traffico di corsa infilandosi nei giardini della piazzetta. Cercava Nello.
Lui, nonostante il frastuono della festa del mondo, dormiva nel suo letto di cartone e stelle.
Lo svegliò, lui la guardò storto con gli occhi ancora appannati di sonno. Ci mise un po’ per realizzare che fosse proprio lei, che con aria di chi vuole convincersi prima di convincere te, gli disse : “Ci vuole un brindisi perché inizia il nuovo anno….” .
Le sorrise, si mise seduto accanto a lei, si stropicciò gli occhi e con la voce ancora impastata di sonno le disse: “…e che bottiglia ha scelto per questo brindisi, signorina?”. Lei rimase spiazzata da quella domanda, ne aveva presa una a caso dai cesti e, comunque, non sarebbe stata in grado di saperlo, non ne capiva nulla di vini e spumanti, lei. Restò in silenzio in cerca di una cosa buona da dire. Lui le prese delicatamente la bottiglia di mano cercando di toglierla da quel curioso imbarazzo: “Vediamo…. Ah bene una bottiglia importante… un pas dosè riserva…ha scelto qualcosa di impegnativo”. Con gesto elegante aprì la bottiglia, con movimenti sapienti ne versò il contenuto nei calici.…si sorrisero, li fecero tintinnare, mentre Liz li guardava un po’ stupita ed elettrizzata per la novità che aveva portato quella notte.
“allora signorina, salute…e auguri”
“buon anno Nello..auguri”
Nello infilò il naso dentro il calice, poi lo portò alle labbra e i suoi occhi si illuminarono…”…molto elegante ….ampio…si muove tra note sapide… agrumate…. aromatiche………eccellente ” .
Emma non sapeva cosa dire, aveva un’aria interrogativa e curiosa. La classica espressione delle donne in cerca di un indizio. Nello le sorrise, comprese che era necessario dare la soluzione agli indovinelli che lei si era fatta e iniziò raccontare. Le raccontò di quando era giovane, di quando faceva il sommelier nelle navi da crociera, dopo che le cantine di suo padre bruciarono in un devastante incendio di una notte di fine luglio. Dopo che la sua famiglia perse tutto, non gli rimaneva altro che la sua gioventù, il suo palato fine, l’amore per il vino e un futuro da reinventarsi.
Le raccontò la sua vita, le raccontò molto…non tutto.
Emma ascoltava stupita come davanti a mistero rivelato. Il pas dosè intanto era finito ed era passata mezzanotte. In quei minuti trascorsi con lui, inspiegabilmente, era passato anche quel senso di vuoto che l’aveva attanagliata da sempre. Chissà perché…
Si congedarono con una stretta di mano che durò un po’ di più del normale e con un sorriso degli occhi.
“A domani Nello”
“buonanotte signorina”
“chiamami Emma….”
Lei si allontanò, attraversando il traffico di corsa. Lui la seguì con lo sguardo, fin dove era possibile, così come l’aveva seguita negli ultimi quattro anni, da lontano, a distanza, rispettando la zona franca della verità, da quando aveva deciso di vivere in quel buco di verde in mezzo all’asfalto, dopo averla ritrovata.
Liz provò a intercettare le attenzioni di Nello, era gelosa della nuova femmina. Nello la accarezzò rassicurandola: “non fare così Liz, devi essere contenta… stasera hai conosciuto mia figlia”.
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