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Senzaradici.

Creato il 05 febbraio 2014 da Philomela997 @Philomela997

I Monologhi di Sana – Rubrica

- Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati -
- Dove andiamo? -
- Non lo so, ma dobbiamo andare -
(Jack Kerouac – On the Road)

Ho fatto un rapido conto.
11531.
Sono i chilometri che ho percorso nell’ultimo anno e mezzo, approssimativamente, e contando solo i viaggi principali.
Non so perchè l’ho fatto, mi sono semplicemente seduta e li ho contati.
sono circa la lunghezza della trans-siberiana.
Forse, alla fine, senti il bisogno di fermarti un attimo a tirare le somme; ti prendi un attimo per chiederti perchè continui a non avere pace.
è una domanda che non ti poni mai, quando viaggi.
Sei sempre troppo preso dalla scoperta, dal nuovo, dall’emozione del momento, dall’adesso.
la maggior parte della gente non la capisce, questa esistenza senza radici in cui tutto muta, si trosforma, non resta mai uguale a se stesso.
ma ora, io non saprei vivere in altro modo.
“il bello dei viaggi è che prima o poi torni a casa, e scopri che ti è mancata” mi dicono gli altri.
Ah, si? E’ così che funziona per voi, per la gente normale?
Il mio è il male della memoria a breve termine.
Nessun posto al quale tornare.
Dove esisto diventa subito casa, il nuovo si trasforma immediatamente in abitudine.
E quando cambia non lascia rimpianti.
Leggo l’incomprensione sui volti antistanti, il richiamo del vento è difficile da sentire, stride e cigola nelle notti d’inverno.
lo spaesamento di un sole velato dai palazzi sconosciuti e incompresi.
E’ un’esistenza solitaria e aperta, non appartieni a nessun luogo e nessun luogo appartiene a te.
Sono partita per cercare il mio posto nel mondo, non l’ho ancora trovato, e ormai credo che non lo troverò mai.
Il mio è tutti i posti e nessun posto.
Esisto all’interno di me.
Ho conosciuto solo un’altra persona altrettanto avventata.
Incomprensibile al mio stesso modo.
Per un attimo mi sono avvertita meno sola, ma subito ho richiuso la porta con veemenza…i viaggiatori non si fanno domande scomode, quando si incontrano.
Sono capaci di completarsi le frasi a vicenda ma non rispondono,
perchè sanno che rispondere all’altro è rispondere prima di tutto a se stessi.
A quelle domande sottili e silenziose che restano sospese
a galleggiare sui soffitti di case provvisorie.
Cos’è che sto cercando?
Da cosa sto scappando?
Cosa cerco di capire, di scoprire?
Io credo che il sentimento principale che spinge un viaggiatore a diventare tale sia la paura,
abbiamo visto qualcuno che amiamo arrugginire e non vogliamo fare la stessa fine.
è peggio di vederlo morire, ci mette l’ansia e toglie il fiato.
e allora ecco la fame di vedere, di conoscere, di provare, di cercare.
Quando viaggi scarifichi la tua vita fino all’osso, perchè nello zaino non c’è posto per le cianfrusaglie, per tutte quelle stupidaggini, i piccoli simboli, i rituali superflui che ci rendono sicuri.
Li devi abbandonare.
E hai solo case provvisorie, amici provvisori, posti provvisori.
Diventi il tuo centro, non hai altra costante che te stesso.
Non hai altra scelta che imparare a cavartela da solo.
Viaggiare è un rituale per esorcizzare la morte,
per costruire un controllo fittizio sull’esistenza e il suo caos.
E alla fine la paura più grande non è la solitudine, ma la perdita della libertà,
il terrore di non poter più sconvolgere l’esistenza con un’uscita di scena d’emergenza, di non avere più il tempo e il modo di assaporare il mondo in solitaria.
L’ho capito quando ho incontrato qualcuno che mi piaceva davvero: era così facile, essere felici in quel momento.
Sarebbe bastata una sola parola – “resta” – per farlo diventare infinito.
Non l’ho detta, perchè in quel momento l’unica cosa che riuscivo a sentire era la paura che quella stessa parola venisse detta a me.
E i viaggiatori non si chiudono in gabbia a vicenda, non si fanno volontariamente del male.
Siamo gelosi del nostro richiamo alla vita, del nostro modo per affondare le mani nell’esistenza,
discerniamo ossequiosamente il nostro capriccio dal bene e dal bisogno.
I viaggiatori non hanno fretta.
Aspettano, dimenticano, si distraggono, vivono.
Raramente si interrogano, ma quando lo fanno sanno andare a fondo.
Abbiamo già le risposte, dentro di noi, lo sappiamo benissimo,  è solo che evitiamo di porci le domande.
Per non doverci rispondere, per non doverle pensare ad alta voce, dentro di noi.
I viaggiatori sanno riconoscersi quando si incontrano, e altrettanto facilmente sanno lasciarsi andare, perchè credono al destino.
Perchè prima di fermarsi sanno che c’è qualcosa da trovare.
E sanno che sarà un bisogno nuovo e sconosciuto.


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