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Serata d’autore

Creato il 14 febbraio 2025 da Annalife @Annalisa
Serata d’autore

Serata bella e ricca quella che ci ha concessa Marco Bosonetto, venuto a parlare del suo ultimo libro, “Tutti innocenti”, una seconda puntata (deliziosa, nonostante i temi trattati) che ha per protagonista il commissario Gastaldi e molti comprimari. Nei due anni trascorsi dal primo romanzo (“Gli alberi del Nord”), il gruppo di protagonisti si è irrobustito e precisato; personaggi a tutto tondo, anche quelli che attraversano le pagine solo per pochi momenti, caratteri non semplici (chi di noi lo è?) e per questo così vicini alla nostra quotidianità; al nostro essere, a volte, persone complicate anche se immerse in una vita qualunque.

In questo caso, la vita si dipana a Piacenza, in un periodo che qualunque non è di certo: siamo in pieno lockdown, in una città che ci viene richiamata alla memoria con precisi tratti: semideserta, vincolata da una situazione eccezionale che oggi, però, sembriamo aver dimenticato. Eppure bastano poche pagine per far riaffiorare i sentimenti della primavera 2020, la paura, il senso di oppressione, di soffocamento, lo stesso che sente il commissario Gastaldi quando provvidenzialmente viene richiamato sui vicini Appennini da un avvenimento che pare casuale ma che lo insospettisce e gli dà comunque il modo di andarsi a respirare un po’ di aria pulita.

Dura poco, perché qualcosa di grave accade in città. Gastaldi deve tornare e noi percorriamo con lui le vie, le piazze, le piste ciclabili che, per chi conosce bene Piacenza, sono un divertente modo di ricordarla; per chi, come me, la conosce pochissimo, sono la spinta ad approfondirne la conoscenza, e prendere in mano il libro e a usarlo come un itinerario quasi turistico.

Quasi, perché comunque il romanzo è presentato come un noir, e di noir ce n’è, in queste pagine. Ma, lì accanto, c’è, come ho detto il ricordo di anni difficili; c’è un Commissario alle soglie della pensione, la sua vita quotidiana, i suoi affetti, le stanze della sua casa, le vie della sua città; e poi i protagonisti ragazzi, liceali, visti e descritti con occhio attento e preciso, non banale, loro e la famosa Didattica A Distanza, che punì anche gli insegnanti, costretti a un lavoro supplementare (di preparazione delle lezioni) e spesso sconfortante (in termine di risultati, aspettative deluse, ostacoli e tempo che apparve buttato via); ci sono i medici e gli infermieri, qui chiamati in causa perché abilmente inseriti tra i protagonisti, a subire le traversie della trama ma anche a ricordarci che cosa è stato per loro quel momento; ci sono i sospettati e i dubbi del commissario, che con le sue considerazioni (“Commissario, certe volte sembra che lei i colpevoli non li voglia proprio scoprire. Tutti innocenti vorrebbe che fossero”) ci porta al di là del giallo, del poliziesco, e ci mette di fronte al tema della giustizia sommaria, del razzismo, dell’andamento della nostra società che ascolta e obbedisce alla ‘pancia’, tagliando con l’accetta i problemi e scegliendo la via più facile per arrivare a una conclusione, per sbagliata che sia.
Molta carne al fuoco, dunque, ma così ben costruita e impastata (la carne non si impasta, ma vabbè) che le quasi quattrocento pagine del romanzo si leggono tutte d’un fiato, come un semplice giallo che tuttavia, alla fine, ci lascia molto di più.

Vien da sperare che il Commissario Gastaldi ritardi ancora un po’ l’ora della pensione.


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