Magazine Cultura
Una sera, pensieri, così, liberi, esposti al flusso di coscienza...
Le erbacce sono silenziose, non hanno più nulla
da dire.
E le parole che non sanno tacere
stanno sulla bocca delle persone
sbagliate.
Sbadiglia intanto la sera, mesta,
illuminata dalle fotoelettriche
e dalle urla dei commentatori
del pallone.
È una serata come le altre, in fondo,
per quasi tutti gli uomini,
e per le loro esistenze.
E i sorrisi del mattino non ci sono più,
né le parolacce agli amici, ai gatti in amore,
ai cani che fanno sobbalzare di paura
perché abbaiano cupi
ai loro cancelli ferrosi.
Maschere e coriandoli, stelle filanti
il rombo di un’automobile,
un’imprecazione che non finisce mai,
un grido d’amore.
La collina si delinea lassù, irraggiungibile
e attraente.
Non si sa però per chi, né perché lo sia;
intanto la cena si fredda sul piatto, insipida,
e solo una sedia è vuota, in fondo,
ma sembra che sia l’unica sedia
che merita rispetto,
che vale un sussulto di tristezza.
Chi dorme sulla collina, diceva il poeta,
ha il suo spicchio di dolore terroso
e la sua storia da raccontare.
Chi vive e non sa perché, invece,
è uno scheletro con la carne
e gli occhi, le mani, la bocca, il cervello,
ma come un insieme eterogeneo di organi,
dove manca sempre qualcosa, alla fine,
per accendere il fuoco.