Non chiedetemi come mai ma ogni volta che mi sono imbattuta nel film “Serendipity” non l’ho mai visto. Lo conosco da sempre, ricordo la locandina. Vederlo, no. Non so perché. L’altra sera però sono uscita con la mia amica Viviana e le ho detto “vorrei vederlo”. Bene, rientrata a casa l’ho trovato registrato su MySky… un caso? Forse un errore? Come sia accaduto poco importa. Io ho deciso che andava visto. Anche se erano già le 23. Sono certa l’avrete visto in molti quindi non sto a recensire questa pellicola che risale ai primi anni del 2000. Parliamo invece della parola “serendipity”. Un suono meraviglioso.
L’inglese non è una lingua nota per essere musicale – certamente lo è meno del francese che personalmente adoro – però serendipity è una parola magica. Il suo suono e il suo essere pressoché intraducibile la rendono ancora più speciale. Nel film la protagonista Sara (Kate Beckinsale) dice a John (John Cusack) «E’ una parola che ha un bel suono per ciò che significa: un fortunato imprevisto». In pratica quelle meravigliose coincidenze che ci capitano nella vita e che hanno sempre un valore. Quei segni che, se ascoltati e seguiti, ci portano alla felicità. «Non devi crederci. Devi avere solamente fiducia». Fiducia in cosa? Nel fato, nel destino, nei segni. Fiducia negli incontri fortuiti: quelli che ti portano a incrociare uno sguardo in quel preciso istante. Fiducia in quelle situazioni che ci portano a dire “che strana coincidenza”. Sono tante nella vita. Alcune le notiamo, altre si ripresentano dopo anni, altre ancora le lasciamo andare perché non siamo aperti.
La serendipità, anche se suona meno poetica in italiano, è una meravigliosa magia che tutti dovremmo far entrare nella nostra vita. Ascoltate i segni che vi arrivano da tutte le parti. Interpretateli, date loro modo di illustrarvi il percorso. Nulla accade per caso, ricordatelo sempre. Ogni persona che incontriamo nella vita è li per accompagnarci in un percorso, in un pezzo di vita. E spesso, quelle più importanti sono quelle che incontriamo per caso.
Tornando alla parola è stata coniata dallo scrittore, esteta e politico Horace Walpole (1717-1792) in una lettera datata 28 gennaio 1754 (il 28 è il numero più ricorrente nelle date della mia vita…ecco!). Walpole scrive di averla plasmata attingendo alla fiaba persiana Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re Serendippo nella quale gli eroi “scoprivano continuamente, un po’ per caso e un po’ grazie alla loro sagacità, cose di cui non andavano in cerca”.
La domanda – che emerge nel film – è “ma quindi è tutto una questione di destino? Noi non scegliamo nulla?”. Non è cosi. Noi dobbiamo interpretare i segni e muoverci in quella direzione. Quindi il consiglio è apritevi alla serendipità e godetevi le meraviglie che saprà portarvi.
PS: Di serendipity si parla anche nel libro “Ho imparato a ridere “ di Richard Romagnoli. Un’altra coincidenza?