L'ultimo film di uno dei più talentuosi cineasti viventi d'Oltralpe è una delle macchie più evidenti e devastanti della lacunosa distribuzione italiana. E'stato venduto per ogni dove ma non da noi sia nella durata originale di 330 minuti (che è quella che ho visto io), sia in una versione cinematografica più breve e di durata variabile.
Ma naturalmente noi non vedremo nulla in sala, lo abbiamo visto in tv allungato a 6 puntate dalle 3 originali.
Carlos è la ricostruzione storicizzata di una delle figure più inquietanti del terrorismo negli anni 70 e 80, una figura dai contorni così oscuri che ancora oggi non si sa quali siano effettivamente state le sue azioni criminali. O meglio se ne conoscono poche, comunque sufficienti ad assicurarlo a vita nelle patrie galere francesi.
Infatti una didascalia all'inizio ci dice che quello che vedremo è una ricostruzione giornalistica il più fedele possibile partendo dalle poche certezze che si hanno della tumultuosa vita del terrorista. Visivamente il film di Assayas è entusiasmante: se la destinazione del prodotto nominalmente è televisiva ebbene io non me ne sono accorto perché questo è cinema a tutti gli effetti.
E del migliore.
Quello che colpisce subito è la babele di linguaggi che caratterizza il film, perché inutile girarci intorno, parliamo di un vero e proprio film che dura 5 ore e mezzo, che è girato in moltissime locations.
Per gli standard europei è un prodotto ad alto budget, curato nei minimi particolari a cui il regista francese regala la sua impronta personale, il suo modo incantevole e sinuoso di muovere la macchina da presa ( vedere il lungo piano sequenza della festa con la cinepresa che si muove leggiadramente attorno a Carlos e alla sua partner), l'alternarsi di scene action che non hanno nulla da invidiare a quelle hollywoodiane esemplari per come sono secche ed essenziali, con scene più intime in cui assistiamo a quello che si agita dietro la facciata del terrorista perfetto e temerario, capace con le armi ma anche capace di muoversi sul versante diplomatico come il più consumato dei politici.
A giudicare da questo film però la sua vita privata non deve essere stata affatto semplice. La ricostruzione degli anni '70 è schietta viene ricreata soprattutto un atmosfera pesante, sulfurea in cui c'è un grande agitarsi di diplomazie che scelgono vie traverse per arrivare ai loro scopi e continui cambi di prospettiva.
Dal punto di vista storico parliamo di ieri ma quegli anni sembrano ormai lontanissimi: non ci sono lotte religiose tra arabi e il resto del mondo, si ragiona per blocchi politici, c'è un continuo calpestio della legge per fini secondi.
Al punto da proteggere un terrorista come Carlos, facendolo addirittura vivere protetto dentro a una specie di prigione dorata in vari Paesi medioorientali.
Ma il mondo diventa troppo piccolo per lui e le sue protezioni vengono sgretolate a poco a poco da fattori economici e politici.
La figura di Carlos e dei suoi complici non è idealizzata come potrebbe sembrare: i terroristi agiscono con violenza per ideologia e non sono giustificati in nulla, sono raccontati quasi con neutralità anche perché il marasma politico che si agita attorno alle loro azioni moralmente non è molto meglio di loro.
Assayas dirige un film lunghissimo di grande complessità ma è tutto assolutamente lineare, la moltiplicazione dei personaggi e dei punti di vista è assolutamente necessaria per l'organicità della narrazione.
E' probabilmente il Munich che Spielberg non è riuscito a girare perché in parte frenato da scomode verità storiche, è la trasposizione per immagini di un brano di storia globale in cui tutte le tessere vanno magicamente a ricomporre il mosaico in maniera perfetta .
Sugli anni di piombo sono stati girati molti film: se in qualcuno ho trovato qualche analogia è forse nel film di Edel La banda Baader-Meinhof (ma forse il film tedesco per la minore durata soffre di un'eccessiva compressione di avvenimenti e personaggi) mentre pur nella differente statura e caratura ideologica forse c'è anche qualche punto di contatto con la figura dell'idolo delle banlieue francesi, quel Jacques Mesrine,descritto con grande proprietà dei termini da Richet nel suo dittico Nemico pubblico N° 1 (Carlos però era un convinto marxista,Mesrine dal punto di vista ideologico era molto più confuso).
Di grande valore la prova di Edgar Ramirez nei panni del terrorista: oltre alle acrobazie linguistiche ( parla inglese, francese e tedesco indifferentemente) è da notare un cambiamento drastico anche nel corpo dell'attore che segue la metamorfosi del vero Carlos a costo di ingrassare in modo considerevole.
PERCHE' SI : è la storia reale del terrorista Carlos, set sparsi per il mondo e grandeur di stile hollywoodiano,Edgar Ramirez è fantastico
PERCHE' NO: non riesco a trovargli difetti, troppo poche 3 puntate....( poi diventate 6 nella trasmissione televisiva italiana)( VOTO : 10 / 10 )