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Southcliffe è una serie tv in quattro puntate da 45 minuti trasmessa da Channel 4 in Inghilterra nell'agosto di quest'anno.
Ora se questa è la qualità della televisione britannica, tanto di cappello e un bastimento carico di invidia per il livello delle loro fiction per il piccolo schermo, perchè questo è cinema vero e proprio travestito da televisione.
Diretto da Sean Durkin, regista che già era da tenere d'occhio dopo l'exploit de La fuga di Martha ( di cui abbiamo parlato qui ) e scritto da Tony Grisoni ( che ha scritto Tideland , Paura e delirio a Las Vegas e un'altra serie cult come Red Riding ), Southcliffe è un prodotto a cui non si sa bene come approcciarsi.
E' una storia sbilenca, con l'unità di tempo flessa a piacimento per conferire ritmo alla narrazione ( quel ritmo che normalmente Southcliffe e tutte le città come lei , non hanno ), una narrazione volutamente frammentata che volge lo sguardo a spettri del passato, a delitti e castighi a cui si aggiunge la tipica chiusura mentale , oltre che geografica, che caratterizza la piccola cittadina, in cui tutti conoscono tutti e soprattutto tutti sanno tutto di tutti.
E se Stephen è affondato da fantasmi invisibli, quelli che assillano David, il giornalista, hanno un nome e un cognome: quello del padre coinvolto in un misterioso affaire anni prima di cui tutti gli abitanti di Southcliffe sono a conoscenza.
E sono pericolosi come quelli che spingono Stephen a imbracciare quel dannato fucile e uccidere senza motivo quindici persone.
Aleggia un senso di morte e disperazione su questa serie in cui tutto viene suggerito e ben poco viene mostrato, eppure è qualcosa che ti entra dentro, un'inquietudine che fa fatica ad abbandonarti anche dopo che sono terminati i titoli di coda dell'ultimo episodio.
Tutto questo perchè la città di Southcliffe è talmente anonima che potrebbe essere dovunque, è il simbolo di una provincia assonnata, quasi narcotizzata che viene svegliata nel bel mezzo di un incubo da una realtà che è ben peggiore del peggiore dei sogni funesti.
Southcliffe potrebbe essere anche quella fila di case che si snoda a perdita d'occhio guardando fuori della finestra e potenzialmente uno Stephen che un giorno imbraccia un fucile e fa una strage potrebbe anche abitare nella casa a fianco.
La scrittura di Tony Grisoni è profonda e articolata perchè più che interessarsi al gesto di Stephen, ripreso più volte ma mai mostrato nella sua furia beluina, la sua attenzione si rivolge alle conseguenze di questo gesto tragico in un'alternanza di personaggi che rende di fatto impossibile staccare gli occhi dallo schermo.
Ogni personaggio è inserito in una cornice in cui sono presenti gli altri e i rimandi alle altre storie sono continui richiedendo un surplus di attenzione da parte dello spettatore che pende letteralmente dalle labbra degli interpreti tutti di altissimo livello e tutti attori di cinema prestati alla televisione ( Eddie Marsan, Rory Kinnear, Sean Harris, Shirley Henderson, tutti volti notissimi del jet set britannico).
Anche la chiusura è a suo modo originale: una chiusura trasversale come se un invisibile burattinaio tendesse i fili di tutte le sue marionette e le riunisse insieme.
Ma la sensazione è che ha ancora molti altri metri di filo da tendere.
Perchè se è vero che i morti non ritornano in vita, i fantasmi di David sono ancora tutti lì in bella mostra , lasciando la loro bella scia di mistero magari da spiegare in una seconda stagione.
Che al momento non è dato sapere se sarà girata.
Visto al TFF di quest'anno.
Consigliatissimo .
( VOTO : 8 / 10 )
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