Magazine Cinema
Produzione : BBC Drama production, Endor Production
Episodi : 3 da 60 minuti cadauno
Will Burton è il principe del foro di Londra, mai battuto in un aula di tribunale, marito felice e genitore perfetto di un bimbo con cui trascorre il suo tempo libero, da perfetto padre di famiglia.
E' l'avvocato migliore non perchè difende i disperati ma perchè riesce a vincere cause impossibili intentate da veri e propri criminali non fermandosi neanche un po' a riflettere se faccia la cosa giusta o meno.
Come nel caso dello psicopatico Liam Foyle sotto processo per aver seviziato e ucciso una donna.
Will riesce a farlo assolvere per un cavillo ma quando costui gli porge la mano per stringergliela, l'avvocato rifiuta e tutto questo si trasforma in un errore gravissimo.
Foyle lo segnala all'Ordine degli Avvocati ( e per uno premiato più volte come avvocato dell'anno e a un passo dalla massima onoreficienza del settore, cioè il "Silk", è una cosa abbastanza grave che può mettere a repentaglio una carriera brillante e senza macchie come la sua ) e non contento comincia un costante stalkeraggio che esita nell'omicidio della moglie di Burton di cui l'unico testimone è il figlio.
Il processo non va a buon fine perchè Foyle, difeso da una rivale di Will , Maggie Gardner, da lui sconfitta più volte in un aula di tribunale, si fabbrica un alibi di ferro e viene assolto.
Ma per Will Burton non finisce qui: Machiavelli a confronto era un dilettante.
Forse.
Vedere all'opera un attore di talento come David Tennant fa riflettere parecchio: perchè uno come lui che è una vera e propria leggenda delle serie televisive, partendo dal mitico Dr Who per arrivare alla più recente , bellissima Broadchurch, non riesce a sfondare al cinema , dove riescono attori ben più mediocri?
Perchè prima un attore recitava praticamente di tutto, dalla televisione al cinema e oggi invece ci sono attori che fanno solo televisione per non parlare di ex divetti cinematografici che trattano la televisione come il refugium peccatorum e si riciclano brillantemente sul piccolo schermo?
Non voglio pensare solo al movente economico: fare serie televisive è un po' come lavorare alla catena di montaggio, a cottimo, perchè più episodi fai e più vieni pagato. E sentire stipendi da mezzo milione di dollari a episodio per più di 20 episodi l'anno, beh fa un sacco di soldi, dollaroni che non si riuscirebbe mai a guadagnare facendo cinema a meno che non ti chiami Brad Pitt o Tom Cruise.
Ma come al solito sto partendo per la tangente con discorsi che non c'entrano nulla.
The Escape artist tecnicamente sarebbe un procedural drama con una sceneggiatura che acquista complessità minuto dopo minuto e che va a parare dove meno te lo aspetti.
Dico sarebbe, usando il condizionale perchè non è proprio così.
La scrittura di David Wolstencroft noto per aver creato la serie Spooks pur avendo degli oggettivi coni d'ombra (in certi passaggi la verosimiglianza va un po' a farsi benedire e poi chi è Foyle? possibile che nessuno si accorga della sua pericolosità e che ha scritto in faccia che è uno psicopatico? e davvero gli può scattare l'embolo perchè un avvocato che a malapena conosce non gli stringe la mano in una sorta di pudico pentimento?) acquista sempre più profondità evitando il più possibile l'aula di tribunale e concentrandosi sul rapporto tra vittima e carnefice che si insatura tra Burton e il suo persecutore.
La cosa che solletica parecchio è che l'avvocato senza scrupoli , siccome sta accadendo a lui, si comincia a fare tutte quelle domande che non si era mai fatto nella sua carriera di tutte vittorie e di zero scrupoli nell'ottenerle.
Da leguleio senza coscienza diventa vittima della sua arroganza e dei meccanismi che lo hanno portato a far assolvere criminali di tutte le risme.
Maggie Gardner, la sua nemesi nell'aula di tribunale, diventa una sorta di proiezione di se stesso, quando cerca di far condannare Foyle e lei sdegnosamente gli ricorda il ruolo dell'avvocato.
Tutti hanno diritto a una difesa legale: anche i criminali.
E tutto questo si trasforma nel fallimento di Burton , come uomo e come avvocato.
Ma se un'altra serie sarebbe terminata qui, The escape artist invece va oltre.
Dopo aver stimolato a dovere il cervello con dilemmi eticolegali di impossibile risoluzione, vecchi come il diritto, nella terza puntata viene stimolata a dovere anche la pancia.
Più che stimolata direi colpita selvaggiamente. Un po' come essere preso a schiaffi da un badile pesantissimo che ti ridisegna i connotati.
Trasferendo l'azione da Londra alle campagne scozzesi assistiamo a un nuovo incontro tra Foyle e Burton.
E qui mi devo fermare altrimenti spoilero di brutto e non voglio levare il piacere della visione.
Perchè come al solito English do it better, la BBC è una garanzia di qualità che non viene mai meno al suo nome, le sue serie visivamente hanno quella specie di marchio di fabbrica che le rende riconoscibili all'istante e perchè David Tennant è fottutamente bravo a regalare sfumature inaspettate al suo personaggio , un bel personaggio devo dire, assolutamente non ingabbiato in logiche di genere.
The escape artist dà sempre l'impressione di giocare al gatto col topo con lo spettatore , un giochino in cui lo sceneggiatore divertito vuol vedere le reazioni del pubblico, stimolato a dovere nel cervello e nelle viscere.
Fosse solo per questo, sarebbe da vedere all'istante, tre puntate passano in fretta, troppo in fretta.
E non c'è solo questo....
( VOTO : 7,5 / 10 )
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