Per Torino, la stracittadina non è solo un derby, ma anche un frammento di storia calcistica, la partita da ricordare. Un match sentitissimo tra due tifoserie che per la storia (più o meno drammatica) si sono legate indissolubilmente ai propri colori, con un attaccamento che non ha eguali in Serie A. Il Toro vive per onorare la sua storia, per onorare i caduti del Grande Torino, la cui tragica fine rende ancora più gravosa la maglia granata. Per i bianconeri è tutta un’altra storia, non c’è dubbio, sarebbe blasfemo far paragoni: ma è innegabile che Moggi, Calciopoli, le infamanti e fondate accuse mosse alla società hanno messo a dura prova la “fede” dei tifosi: oltre il disonore, oltre le polemiche ancora vive, oltre il continuo sospetto ad ogni episodio dubbio, oltre le dietrologie, gli amanti della Vecchia Signora sono rimasti fedeli alla bandiera.
La statistiche sono abbastanza impietose: Toro mai vincente dal 1995, e mai in goal in un derby dal 2002, fino a stasera. Ma, alla faccia dei media e delle statistiche, non è stata scontata la vittoria della Juve, anzi: è servita una magia di Pirlo, in extremis. Tiro imparabile che salva una prestazione sotto le aspettative, giocata in inferiorità numerica per 20′ e con pochissime conclusioni: un goal che vale oro.
Il primo tempo parte col botto: appena superato il quarto d’ora, allo Stadium torna ad esultare Arturo Vidal, bravo (finalmente) a finalizzare il calcio di rigore, ingenuamente concesso da El Kaddouri per aver tentato di respingere la “maledetta” di Pirlo con il gomito. Poi, l’imprevedibile: Bruno Peres si traveste da Gareth Bale e, partendo dalla difesa, galoppa per 78 metri, per poi andare a segno con una conclusione sparata a 90 km/h. Incolpevole Storari, non perfetti Evra e Vidal nell’inseguimento: l’ex United è troppo lento, il cileno ha inspiegabilmente scelto di abbandonare la rincorsa per catapultarsi in area a marcare i saltatori.
All’intervallo, il derby è ancora sull’1-1, con poche palle importanti e una Juventus in difficoltà sulla fascia sinistra, con Pogba misteriosamente fuori giri.
Nel secondo tempo, è ancora il Toro a proporsi, con Quagliarella che tenta il goal dell’ex: palla fuori di pochi centimetri. La Juve non molla, e, vedendo Llorente e Tévez accerchiati, opta per il tiro da fuori: ci prova Bonucci, ma è poca cosa. Il goal di Vidal annullato giustamente per fuorigioco sembra preannunciare un inutile pareggio. Negli ultimi venti minuti poi, la situazione sembra precipitare: Lichtsteiner, indemoniato, rimedia due ammonizioni consecutive e viene cacciato negli spogliatoi. Il Toro esce allo scoperto, tenta le ripartenze, mettendo la difesa bianconera sotto assedio: tutto ciò, però, non basta per rovesciare il risultato, è sempre 1-1. Poi, Allegri fa un cambio “alla Conte“, e cambia tutto: Ogbonna per Tévez, e con Morata unica punta (subentrato a Llorente) si torna alla difesa a 3.
Nel finale lo Stadium rumoreggia per i 2 punti persi, i granata si limitano ad amministrare il pallone e a maledirsi per la poca incisività: ma basta un errore di Benassi per risvegliare la furia dei campioni d’Italia. Bonucci conquista palla con un contatto molto deciso e si affida a Vidal, che si accentra per poi servire Pirlo all’indietro: e il Maestro, con una delle sue solite magie, beffa Gillet con un gran tiro dalla distanza, infilandolo nell’angolino basso. Lo Stadium esplode, Allegri azzarda una semiesultanza, Pirlo sorride perfino: è lui l’uomo simbolo della rinascita degli ultimi 3 anni.
La Juventus si aggiudica il derby immeritatamente: tre punti fondamentali per la fiducia, per la consapevolezza che un risultato simile può procurare (utilissima in chiave Champions), e per demolire le speranze della Roma, ancora costretta a inseguire. Per il Toro, è solo questione di sfortuna: con certe squadre non basta dare tutto per 90′, a volte ne servono 5 in più.
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