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Serie A Tim: report della 4a giornata

Creato il 25 settembre 2010 da Gianclint

Serie A Tim: report della 4a giornata- Il ritorno del Principe, l’incoronazione del Re, i pianti romani -

Di arbitri non ci piace parlare, c’è già troppa gente in giro che parla di calcio nei tempi morti in cui non si parla di arbitri, non vogliamo metterci anche noi a fare la nostra parte… ma ciò che è successo a Brescia è stato troppo imbarazzante, sia in campo durante il match tra Brescia e Roma, sia dopo, con le dichiarazioni di addetti ai lavori e non, per tacerlo.

Il bollettino dal Rigamonti parla di almeno due rigori solari non assegnati alla Roma e di uno assolutamente inspiegabile assegnato al Brescia per fallo di Mexes su Eder, con il francese conseguentemente espulso e protagonista di vivaci proteste che gli sono costate tre turni di squalifica. Già qui ci sarebbe qualcosa da dire: Pradè ha parlato, in riferimento alla squalifica di Mexes, di un danno in più provocato dall’arbitraggio di Russo. Vero, ragionando logicamente senza quell’errore Mexes non si sarebbe trovato a protestare, ricevendo poi la meritata squalifica, ma in campo non solo gli arbitri sono responsabili del loro operato, anche i calciatori lo sono. Se quindi Mexes ha ritenuto giusto rendersi protagonista dell’ennesima scenata della sua carriera, questa è stata una scelta sua e che sia avvenuta dopo un’ingiustizia arbitrale importa solo a chi vuole portare qualche vantaggio in più al proprio campanile.

Nella giornata di venerdì ci sono state poi anche le dichiarazioni del padre dell’arbitro Russo, il quale ha pubblicamente accusato il guardalinee Ayroldi di aver “mal consigliato” il figlio nell’occasione del rigore del Brescia e non solo. Fermo restando che in Italia, sulla stampa come nei bar, c’è spesso la cattiva abitudine di incolpare l’arbitro anche degli errori dei suoi assistenti, e fermo restando che un assistente, oggigiorno, aiuta il direttore di gara come in passato non avveniva, se Russo si è trovato nella condizione di dover dipendere dal giudizio di Ayroldi per risolvere i casi più spinosi della partita vuol dire che non era posizionato bene, che non era abbastanza vicino all’azione… e già solo questo basterebbe per evidenziare la superficialità del fischietto campano, il quale ha forse sbagliato di meno rispetto al suo assistente, ma certamente si è messo da solo nella condizione di sbagliare. L’esercizio di scaricare il barile risulta quindi assolutamente ininfluente.

Per ultime abbiamo lasciato le dichiarazioni di Borriello, un personaggio che non aveva brillato per intelligenza già dopo il fattaccio della pomata e che di certo ora non ha invertito il trend negativo. Ammesso che sia vero che al Milan certi rigori glieli fischiassero mentre a Roma no – e questo è comunque tutto da dimostrare, dal momento che di rigori fischiati a lui ce ne ricordiamo soltanto uno, in Milan – Fiorentina del 2009/2010 – , ci sembra strano che noti la differenza tra i vari metri arbitrali solo ora, dal momento che in passato ha giocato anche per squadre meno blasonate della Roma (Triestina, Treviso, Reggina, Genoa, Sampdoria, Empoli). Come mai questa cattiva abitudine spunta fuori soltanto ora? Dura la vita di chi sa dimostrare qualcosa agli altri e a stesso solo a parole. In ogni caso non proviamo nessun rancore nei suoi confronti, anzi: gli auguriamo di sfondare quota 50 gol segnati in Serie A prima di compiere 29 anni.

Concludiamo il capitolo Roma parlando anche della partita del Rigamonti: 11 vs. 11, nel primo tempo, Hetemaj sottolinea dopo Di Vaio l’inadeguatezza di Rosi terzino destro, un altro laterale di centrocampo arretrato in difesa. Se dovessero essere confermati i rumors delle ultime ore, però, vedremo anche di peggio: un giocatore nato prima punta, Pepe, trasformato poi in seconda punta, poi in ala e poi in centrocampista laterale, sembra pronto a cimentarsi nel ruolo che fu nelle stagioni passate di Salihamidzic e Grygera. La tradizione continua.
Ad ogni modo, tornando ad una partita che sta rubando anche troppo spazio, il Brescia si conferma squadra tosta, soprattutto in casa, mentre la Roma, sfavori arbitrali a parte, continua il momento nero giocando un calcio minestrato, sterile, vulnerabile ed inoffensivo, che senza i lampi di genio di Vucinic, Totti e Menez ha poco da offrire offensivamente e che soffre tremendamente dietro.
Chiudiamo definitivamente dedicando un pensiero a Julio Sergio: ha dimostrato, resistendo in porta nonostante il dolore alla caviglia, un grandissimo attaccamento alla maglia, oltre che un grandissimo rispetto per i suoi compagni ed il loro lavoro. Forse il suo comportamento dovrebbe essere prassi, forse ha fatto ben più di ciò che è richiesto ad un calciatore (questo lo lasciamo alla vostra valutazione), ma sicuramente ha dato un esempio a chi fa del pianto (e non parliamo solo della sua squadra, ma anche, per esempio, di Galliani, che non ha perduto occasione per rincarare la dose contro l’arbitro Russo) una ragione di vita. Un grande Presidente della Roma diceva che “i deboli piangono, i forti non piangono mai”. Lui ha pianto, ma per questo non è da considerarsi un debole. Onore a lui.

Capolista dopo la quinta giornata è l’Inter di Benitez, che ha visto il ritorno al gol di Milito: certo, le due reti del Principe non erano così complicate da realizzare, ma visti i precedenti stagionali…
Il mattatore della serata è però ancora una volta Eto’o, che con un anno di ritardo sembra pronto a prendersi l’Inter non solo con il sacrificio, ma anche con i gol e le giocate da fuoriclasse che già aveva fatto vedere a Barcellona e Maiorca. Nel ruolo di attaccante esterno sembra sempre più a suo agio (assist a Milito per la prima rete) e sotto porta – mercoledì i due gol sono arrivati su rigore, ma parliamo anche delle precedenti partite – è l’animale d’area di rigore di sempre. Poche storie, l’Inter, anche se più debole rispetto lo scorso anno, rimane la squadra da battere. Chiudiamola qui, perché essere a -5 dopo appena quattro giornate è già abbastanza urticante.

Se a Milano è tornato il Principe, a Torino è stato definitivamente incoronato il Re di questa prima parte di Campionato: Javier Matias “El Flaco” Pastore da Cordoba, Argentina. Va bene, lo confessiamo, siamo calcisticamente pazzi di lui e quindi un pochettino di parte, ma quel che sta facendo questo ragazzo è semplicemente straordinario. Il Palermo è una bella squadra e la vittoria è di tutti i ragazzi di Delio Rossi come di Pastore, ma se dovessimo farci prendere dall’entusiasmo diremmo che il ventunenne argentino ha vinto la partita da solo. Cosa non vera, lo ripetiamo, ma è facile farsi prendere dall’entusiasmo quando si ha la sensazione di essere davanti ad un giocatore che scriverà i prossimi dieci anni di storia del calcio.
E se vogliamo è tutta qui la differenza tra Juventus e Palermo: i bianconeri avevano in campo un fuoriclasse del passato che giocoforza si sta arrendendo non senza combattere all’età che avanza, mentre i rosanero potevano vantarsi della presenza in campo di un fuoriclasse del futuro, mai come ora motivato a mostrare al Mondo ciò di cui è capace. Gli altri venti in campo solo gregari, di lusso o meno, a cui nessuno impedirà in un modo o nell’altro di scrivere la storia a loro modo, ma di certo, in questo sport come in tutti gli altri, è più probabile che la storia la scriva qualcuno che ha qualità che si vedono, se si è fortunati, due o al massimo tre volte in vent’anni.

Argentina come la nazionalità di Pastore è l’anima del Catania, che ha potuto festeggiare il terzo risultato utile di fila in quattro giornate. Non ingannino i risultati, però: la squadra di Giampaolo è ancora ben lungi dall’essere la realtà sorprendente delle ultime due stagioni, la squadra che a tratti ha entusiasmato con giocate dei singoli e gioco di squadra da far invidia anche alle grandi (e che le grandi ha spesso bastonato). I rossazzurri hanno avuto ragione del sorprendete Cesena di Ficcadenti più per episodi estemporanei, che per una supremazia tattica. I romagnoli si confermano finora squadra solida e con le palle, anche se con individualità medio-basse, e proprio a causa delle scarse individualità ha perso questa partita contro chi, pur senza gioco, può permettersi di schierare due come Mascara e Maxi Lopez, giocatori che nell’economia di una lotta salvezza possono risultare decisivi a favore degli etnei.

Le individualità che possono salvarla ce le ha anche l’Udinese, che per ora, a differenza del Catania, ha molta sfortuna e di certo una difesa che non fa invidia a quella dell’Atletico Van Goof. A Bologna si sblocca finalmente Totò Di Natale, il bomber-non bomber, ma non basta ai ragazzi di Guidolin per evitare la quarta sconfitta consecutiva e l’ultimo posto in classifica. Il Bologna la spunta al 90′ grazie a Di Vaio (3 gol valgono per ora 3 punti per la sua squadra), dopo il pareggio di Gimenez, ma per Malesani c’è ancora molto da lavorare: il veronese è un buon tecnico soprattutto per quanto riguarda la fase offensiva, e di certo questo sterile Bologna non è ancora la sua squadra. Questa vittoria è una panacea momentanea, ma non tutte le partite saranno come questa o quella di Roma.

Sempre più sorprendente è il Chievo di Pioli, capace di espugnare dopo Marassi anche il San Paolo. Contro un Napoli terribilmente discontinuo decidono le reti di Pellissier (due) e Fernandes, colui che ai Mondiali ha sconfitto con un suo gol i futuri Campioni del Mondo. Per gli azzurri di Mazzarri a segno ancora Paolo Cannavaro, al suo secondo gol consecutivo in casa. Il Napoli continua però ad essere un mistero: si può considerare un’outsider o una buona squadra capace di togliersi delle soddisfazioni? Cavani, Lavezzi ed Hamsik formano un tridente completo ed in grado di mettere in difficoltà qualunque squadra con rapidità, inserimenti e freschezza atletica, ma manca forse il rapace del gol, l’uomo da 20 reti a stagione: statistica stupida e che vuol dire poco o nulla, ma stando alle cifre della stagione scorsa i tre hanno segnato complessivamente 33 reti. Non un bottino tranquillizzante per i tifosi partenopei, soprattutto tenendo presente la retroguardia fin qui mostrata. Il baby Dumitru, sugli scudi nelle ultime finali Scudetto Primavera, è sicuramente troppo poco per supportare un reparto che non ha il gol nel sangue. L’assenza di Lucarelli complica certamente i piani, ma anche con lui il registro non sarebbe cambiato più di tanto.

Un’altra incognita di questa prima parte di stagione è la Fiorentina, che a Marassi contro il Genoa ha impattato sull’1 a 1. Gilardino porta in vantaggio i viola (BUON NATALE!!!), Mesto riequilibra il punteggio per il Grifo. Al resto ci pensa Frey, un portiere spesso più spettacolare che concreto, ma non è stato questo il caso della partita di mercoledì. Inizia ad essere molto preoccupante lo score della squadra di Mihajlovic: due punti in quattro partite e, va da sé, ancora nessuna vittoria. Le assenze di Jovetic e Mutu si fanno indubbiamente sentire, ma il materiale “di seconda mano” in possesso dell’allenatore serbo non è comunque trascurabile, dal momento che Ljajic, D’Agostino e Cerci la loro porca figura la fanno sempre. Continuano anche i problemi nella retroguardia toscana, che forse gioverebbe della presenza a fianco di Montolivo e Zanetti non di Donadel, ma di Bolatti.
Per quanto riguarda invece i rossoblu di Gasperini, si confermano, anche senza i tre punti, spettacolari ed entusiasmanti… e con un Kharja in più. L’ex romanista e senese, dopo il brutto infortunio della passata stagione, punta a togliere definitivamente il posto da titolare a Milanetto – Obesetto per gli amici – .

Per quanto riguarda Lecce – Parma e Cagliari – Sampdoria poco da segnalare. Al Via del Mare buone le prove di Marques per i crociati di Marino e Piatti per i salentini Campioni della Serie B. Reti di Jeda su rigore e Crespo, imbeccato perfettamente dall’ex di turno Angelo, approdato a Parma a costo zero proprio dal Lecce: faceva così schifo prolungare il contratto ad uno dei principali artefici della promozione dello scorso anno? Chiedere a Semeraro.

A Cagliari terzo 0-0 in quattro partite per i sardi di Bisoli. Difesa meno battuta del Campionato con una sola rete al passivo, ma pochissimo spettacolo. A noi va anche bene, almeno risparmiamo ogni volta il commento ad una partita…

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