Che fa un cantante quando la carriera perviene a una situazione di stallo? Di solito due cose. Una è dedicare un brano al proprio bambino – vezzo insopportabile, se non ti chiami John Lennon, e poi il risultato è sempre orrendo. L'altra consiste nel riarrangiare i greatest hits in versione classica e farsi accompagnare da un’orchestra – per l’ascoltatore noia garantita al 100%. Sting si è limitato a quest’ultima pratica, sebbene abbia assecondato con qualche esito il lancio discografico di un paio di figli.
Parlo certamente per invidia, peccato capitale che appartiene peraltro a tutti. Quando compirò sessant’anni come lui non avrò il suo conto in banca, neppure il fisico scattante e in quanto al sesso tantrico… beh, lasciamo perdere. Però, a vederlo così punto-e-virgola, tirato a lucido come un pavimento incerato, ebbene, non posso evitare di ripensarlo tre decadi fa, quando saltabeccava col suo basso a ciondoloni strillando Roooo-xaaanne. Vero: non si può chiedere a un sessantenne (insisto con l’età, scusate) di giocare a fare il ragazzotto sbiellato, né di continuare con le acrobazie vocali (laringe di cartavelina). Ed è pure vero che si atteggiava, sì, a punk, ma già allora posava da fighetto. Eppure, vederselo lì in tivù o su youtube, con quell’aria satolla da filantropo, insomma, un po’ di fastidio lo si prova. Soprattutto se si tien conto di quanta polverina bianca tiravano su per le nari lui e i suoi colleghi Poliziotti, fino a menarsi di brutto e poi a mandarsi a quel paese. E proprio mentre erano giunti a suonare il loro disco migliore. Perché quella sì che era musica forte, genuina, scarna ma che sprizzava energia da tutte le note. Punk, new wave, reggae 'n' roll, chiamiamola come ci pare: era tutta roba da restar lì ad ascoltarla per ore, tamburellando con le dita il ritmo vertiginoso basso-chitarra-batteria. Roba anche raffinata, persino virtuosistica, se si richiamano alla memoria gli ultimi due album del Trio. La mente era proprio lui, il buon Sting, artefice ancora di un paio di eccellenti imprese soliste prima che la presunzione gli prendesse definitivamente la mano. Va bene il jazz, Marsalis e tutti gli altri, le supercollaborazioni, persino il cinema. Va bene pure una produzione sempre più leziosa e rarefatta, segno non accidentale di una creatività declinante. Va bene tutto, fuorché quelle tremende tiritere rinascimentali per liuto e mandolino. Oppure il recupero degli altri due ex Poliziotti per la tipica réunion catacombale dei vecchi gruppi (gruppi vecchi). Oppure, dicevo all’inizio, imprimere il suo marchio di fabbrica sulla Royal Philharmonic Orchestra – come forse era scritto nel destino.
Spero che Sting mi contraddica, smetta di fare il gentiluomo di campagna e si rimetta di buona lena a comporre melodie scintillanti. Scriverò allora un post di riparazione, sprofondandomi in scuse e inchini a non finire. Non mi pare comunque sia arrivato il tempo, visto anche il suo ultimo duetto – nientemenoché – con Lady Gaga…