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Sessismo e multiculturalismo: discriminazione di genere a Venezia

Creato il 27 luglio 2012 da Davide

E’ uscita solo in questi giorni la notizia del rifiuto da parte di un facchino egiziano dell’Hotel Danieli di Venezia di accettare ordini da una donna, una governante dell’Hotel. Il fatto pare sia avvenuto tempo fa, ma solo in questi giorni l’hush-hush della forza lavoro degli alberghi di lusso veneziani ha fatto arrivare la notizia sui giornali. Il facchino egiziano si sarebbe in un primo tempo licenziato asserendo che la sua cultura e la sua religione gli impedivano di prendere ordini da una donna, poi non trovando lavoro è ritornato chiedendo di essere riassunto. Ufficialmente sembra che trovare un facchino a Venezia in questi tempi di crisi sia impresa difficilissima (!), perciò il facchino è stato riassunto e, per essere politicamente corretti, si è deciso che il medesimo facchino prenderà ordini da un collega rigorosamente fornito di attributi fisici maschili, che affiancherà la donna. In realtà la decisione della direzione dell’Hotel Danieli non è per nulla politicamente corretta. La direzione ha preferito una discriminazione di genere e l’umiliazione di una donna a una supposta discriminazione di religione. Dico supposta perché l’imam di Venezia, lo sceicco siriano Hammad Mohammed afferma che la posizione del facchino non ha nulla a che vedere con l’Islam, tanto è vero che cita l’esempio del Profeta stesso che per anni lavorò per conto di Khadjia, che poi sarebbe diventata sua moglie e che fa anche piazza pulita della Seconda Sura del Corano, o Sura della Vacca, affermando che la superiorità dell’uomo sulla donna (“Gli uomini sono un gradino superiori alle donne” Seconda Sura Versetto 228) si riferisce alla coppia marito-moglie e all’istituto del matrimonio e alla differente forza fisica di uomini e donne.
In tutta questa storia dove l’accusa di razzismo e discriminazione di genere aleggia pesantemente, la direzione e anonimi membri del personale sottolineano come sia tutto stato risolto per il “meglio” (che notoriamente è nemico del bene). Tuttavia non è dato sapere se gli anonimi sono uomini nel qual caso si spiegherebbe il fatto che essi non giudichino offensiva l’esautorazione e la continua umiliazione di una impiegata donna. Non è dato sapere quale sia in realtà lo stato d’animo della donna stessa, ma visto che la direzione ha ordinato il più totale riserbo. Visto che la direzione ha preferito umiliarla piuttosto che rinunciare a un facchino, è probabile che la donna in questione preferisca tacere che rischiare il posto, perché lei sì sarebbe licenziata senza se e senza ma se osasse protestare e probabilmente avrebbe contro anche parte del personale maschile che (senza neppure grattare tanto ) l’emancipazione femminile non l’ha mai digerita (vedi proprio a Venezia la famosa discriminazione di genere nella casta dei gondolieri).
Tra le voci che abbiano sanzionato pubblicamente il fatto, Gianfranco Bettin, assessore a Venezia, che senza mezzi termini afferma “Non c’è niente di eticamente corretto nella decisione dell’Hotel [di affiancare un uomo quando c'è da dare ordini al facchino egiziano, NdA]. E’ come arrendersi al fatto che un bianco non accetti disposizioni da un nero, o viceversa, in base al colore della pelle. Significa, cioè, accettare che si consideri qualcuno indegno o inferiore, in questo caso in base al genere.” Anche Souad Sbai, deputata del Parlamento Italiano, XVI Legislatura, di origini marocchine, condanna il fatto definendolo “un episodio di multiculturalismo criminoso e inaccettabile. … Invece di rispedire questo signore a casa addirittura si asseconda il suo estremismo umiliando per due volte una donna?” (Libero del 24 luglio 2012 p 19).
Questo episodio è un precedente pesantissimo che confligge con la Costituzione Italiana, ma che non ha suscitato alcun fremito nel cosiddetto “femminismo moderno”, quello del “se non ora quando” per intenderci, e ci fa sospettare che per loro sia ormai fatto acquisito che se lo scontro è tra diritti umani individuali (specie se femminili) e tra diritti umani di gruppo (religione, tradizioni ecc), questi ultimi hanno sempre la meglio. E infatti c’è uno stupefacente silenzio quando i diritti delle donne sono attaccati o calpestati, ad esempio non un fiato, ma sempre e comunque difesa di tradizioni medievali se non tribali che perpetuano il potere maschile sia nelle comunità islamiche che in quelle nomadi.
Eppure se vogliamo fermare la mattanza di donne italiane e stranere in un paese dove in teoria procurarsi un’arma è difficilissimo (ma tutti questi psicologi che concedono il porto d’armi non andrebbero quando meno radiati?), se vogliamo evitare che la Cassazione, quando si tratta di donne, emetta sentenze quanto meno reazionarie e sessiste, se vogliamo evitare di trovarci anche noi a subire chador e burkini perché qualcuno potrebbe peccare di libidine od offendersi, sarà meglio non lasciar passere neppure un insulto, neppure un accenno di discriminazione. Come si diceva nei beati anni ruggenti del femminismo: “Un insulto fatto a una è un insulto fatto a tutte, la violenza fatta a una è violenza fatta a tutte. Vi aspetteremo anche noi, di notte , nascoste nel buio!”


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