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Sesso, stupro e la genesi del male

Da Femminileplurale

Lo scorso 3 giugno, il portale “Reti delle Reti Femminili”, in seguito al servizio delle Iene “Sesso o Stuprorealizzato da Mauro Casciari (andato in onda il giorno precente), ha indirizzato al direttore di Italia 1 Luca Tiraboschi la lettera che pubblichiamo qui di seguito, dove Si chiedono le scuse formali del programma e dei responsabili di rete per i “contenuti fuorvianti e pericolosi riguardo alla percezione del tragico fenomeno della violenza di genere”.

Pubblichiamo la lettera perché ha generato un acceso dibattito e invitiamo quante/i di voi abbiano un pò di tempo a disposizione, a vedere attentamente il video prima di procedere con la lettura di questo post.

LEIENE-SESSO O STUPRO

Egregio Direttore,

ultimamente un notissimo programma di intrattenimento e informazione di Italia1, Le Iene, reso molto popolare da servizi di denuncia che portano alla luce episodi di ingiustizie, truffe e corruzione, si è reso (inaspettatamente) portatore di contenuti fuorvianti e pericolosi riguardo alla percezione del tragico fenomeno della violenza di genere.

Al punto di raccogliere l’idea, sostenuta da alcuni, che le denunce presentate dalle donne contro violenze sessuali e domestiche, o atti di pedofilia, sia in gran parte “falsa”, addirittura indotta da un presunto malcostume femminile di denunciare “falsi abusi” al puro scopo di fare dispetti a persone di sesso maschile o di ricattare i rispettivi compagni.

Un’idea rivoltante, che nessun riscontro ha nella realtà, e che comporta il gravissimo pericolo di alzare ulteriormente il tasso di misoginia in un paese che vanta già un tristissimo primato nel continuo susseguirsi di femminicidi.

Un’idea che fa capolino anche in un servizio dall’eloquente titolo “Stupro.. o sesso?” presentato nella puntata del 2 giugno, in cui si mette in dubbio una sentenza di colpevolezza per stupro aggravato, senza alcun elemento serio. Dunque sulla base di cosa? Del parere dei due condannati.

Un servizio che ci ha profondamente indignate. I due uomini, condannati a 5 anni per stupro di gruppo e lesioni personali aggravate, hanno potuto dichiarare, davanti a milioni di persone, che la sentenza è persecutoria in quanto basata praticamente sul nulla: loro sono innocenti, in quanto adescati da una donna che ha richiesto di far sesso con loro. Cioè il quadro è esattamente lo stesso fornito eternamente dagli accusati, in tutti i processi per stupro che si rispettino: le vere vittime sono loro, mentre il colpevole è chi denuncia lo stupro. Una donna colpevole di calunnia e di avere ingiustamente devastato la loro vita di bravi ragazzi e lavoratori.

In nessun conto sono tenute le lesioni riscontrate dalla vittima al pronto soccorso:abrasioni agli arti, ecchimosi diffuse in tutto il corpo e sul volto. Secondo l’autorevole parere degli intervistati la ragazza se li è procurati nella passione di un atto consenziente: girandosi più volte nell’erba, e poi stava carponi sul terreno, è normale che avesse dei graffietti sulle ginocchia.

E perché la ragazza avrebbe deciso di affrontare un processo per stupro?

Perché il giorno dopo si sarà pentita: di cosa? Della sua intraprendenza sessuale, e avrà voluto dimostrare che non era colpa sua, andando così a denunciare i due sconosciuti al solo scopo di danneggiarli.

E cosa avrebbe giustificato un servizio che, oltre a colpevolizzare una vittima, infanga il lungo e paziente lavoro degli inquirenti? Inesistenti risvolti oscuri.

In conclusione, il conduttore commenta la vicenda adombrando che questa sentenza non convince, e conclude dicendo: non esprimiamo giudizi, ma aspettiamo l’esito del processo di appello.

Si, anche noi. Con fiducia verso la magistratura, che non pensiamo metta in atto strategie persecutorie verso il genere maschile.

Ultimo, e non meno importante: i processi si devono fare solo nelle aule di giustizia, dove sono valutati gli elementi reali per farli. Non in tv, per giunta dando la parola ai soli accusati.

Ferme tutte le garanzie costituzionali a difesa degli imputati e delle vittime, la giustizia “fai da te” suggerita in questo servizio delle Iene è inaccettabile nella tesi adombrata, e anche nel metodo, gravemente scorretto.

Pensiamo che il programma e i responsabili di rete si debbano scusare, e sconfessare senza reticenze simili contenuti e la filosofia che vi è sottesa.

Noi, invitando a una maggiore vigilanza nella qualità dei messaggi, e negli esiti che possono avere, chiediamo le scuse formali del programma e dei responsabili di rete.

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La lettera, come anticipavamo sopra, ha sollevato un dibattito molto acceso in queste ultime settimane.

Politica femminile commenta il giorno dopo la messa in onda del servizio con il post Sesso o stupro? dacci oggi il nostro negazionismo. La domenica: ci pensano Le Iene”.
Ne scrive il 5 giugno – nel suo blog sul sito de Il Fatto Quotidiano -,
Nadia Somma, presidente Centro antiviolenza Demetra, che dopo aver rimarcato come la negazione del fenomeno della violenza sulle donne persista a discapito di ogni evidenza, sottolinea che «Sul web è in atto una lapidazione collettiva nei confronti di quella donna, vittima di stupro [la protagonista della vicenda giudiziaria, ndr], tanto per continuare a perpetuare con mezzi moderni, arcaiche ritorsioni nei confronti delle donne che denunciano uno stupro. La società ha sempre risposto, e lo fa tuttora, alla denuncia di stupro di una donna con emarginazione, isolamento e stigmatizzazione. Perché l’unica donna stuprata davvero credibile è una donna morta». La Somma poi chiosa con queste parole: «Così ecco esplodere la reazione online fatta da offese (anonime) scagliate come pietre da una canea livorosa convinta del valore della giustizia fai da te grazie al servizio de “Le iene”. A questo punto l’incoraggiamento finale di Mauro Casciari che ha realizzato il servizio – “Donne denunciate…” – suona come una beffa. Perché mai le donne dovrebbero sentirsi incoraggiate a denunciare stupri o violenze? Per essere etichettate come calunniatrici, mogli vendicative, arpie senza scrupoli? No grazie».
(segnaliamo anche quest’altro post di Politica Femminile,, che ripubblica Nadia Somma e inserisce alcuni screenshot di pagine web, esemplificativi della “lapidazione collettiva”).
E ancora
Lorenzo Gasparrini che conclude così il suo commento: «L’esito del processo d’appello, e della vicenda giudiziaria nel suo complesso, nella mia opinione non c’entra più col giudizio su questo lavoro giornalistico. Domani lei potrebbe confessare che s’è inventata tutto – questo servizio rimarrebbe quell’inguardabile sopruso che è, e l’“avere ragione”, notoriamente, non giustifica nessun sopruso».

Sesso, stupro e la genesi del male

“The rape painting” di Darwin Leon.
Fonte: Fine Art America: http://fineartamerica.com/featured/the-rape-darwin-leon.html

Tutte argomentazioni non solo legittime, ma necessarie oltre che altamente condivisibili, considerati il maschilismo e la misoginia dilaganti in Italia. E questa, beninteso, è la premessa a tutto ciò che segue. Il servizio delle Iene in questione, però, impone una riflessione più ampia, alla quale è doveroso aprirsi in maniera altrettanto schietta e chiara. Dopo aver guardato (e riguardato per giorni) il video, quello che davvero rimane impresso in maniera indelebile è l’atteggiamento, quasi trionfo e divertito, di questi uomini, i sorrisi che i due non soltanto non riescono a trattenere mentre raccontano, ma che neppure tentano di celare. A tratti sembrano tradire ancora una certa eccitazione, che riaffiora col ricordo. A lasciare sgomente/i e con un nodo in gola è, tragicamente, qualcosa di più della smorfia compiaciuta del peggiore dei maschilisti. A entrarti dentro causandoti veri e propri brividi è infatti la spaventosa naturalezza dei protagonisti del video, la semplice tranquillità delle loro parole e dei loro gesti che trasudano, in compresenza, la volontarietà di quanto compiuto e la totale lontananza dalla consapevolezza della gravità dei propri atti, ovvero dell’essersi approfittati di una persona – prima ancora che di una donna – che non era pienamente in sè (sempre dal servizio si apprende che, da sentenza, i due “hanno approfittatto delle condizioni di inferiorità della donna derivanti dalla stato di ebrezza alcolica che ne limitava fortemente la capacità di autodeterminazione e di reazione”).

È qualcosa che terrorizza chiunque abbia ancora un briciolo di ragione e di cuore, e per due semplici motivi: perché ti sbatte in faccia la realtà che senza la consapevolezza della propria responsabilità episodi del genere si ripeteranno ancora, e sovente, e non solo per mano di uomini e a danno delle donne; e perché ti obbliga a interrogarti sulla parte più nera della natura umana, lasciandoti, sola/o, con la domanda delle domande: “Ma dov’è finita l’umanità? Quand’è che ci siamo snaturalizzati al punto da chiedere di poter andare alle Iene, per essere visti da milioni di persone mentre ci difendiamo, a fronte di una condanna del genere, adducendo come prova il fatto che la persona di cui ci siamo approfittati non abbia urlato, o che ci abbia baciati e abbracciati, o, peggio, che non si sia lamentata?

Quand’è che che siamo caduti così in basso, ben al di sotto della soglia minima di civiltà? Dimentichi al tal punto di cosa distingua un essere umano da sbandierare in tv che quella sera in discoteca non abbiamo esitato un minuto quando ci si è prospettata davanti l’occasione di far sesso. Dimentichi al tal punto che raccontiamo con la massima trasparenza e onestà quanto ci siamo considerati fortunati (“non ci pareva vero”! Ci sembrava di aver vinto la Coppa del mondo) e poi felici (“proprio una grande trombata”!) per questa manna dal cielo. «Io l’ho trattata non bene, ma benissimo», dice uno dei ragazzi, che lo guardi e davvero, davvero, potrebbe essere chiunque.

Mauro Casciari, nella sua surreale conclusione, ci spiega: «Nicola e Massimo si sono rivolti a noi delle Iene chiedendoci aiuto e si sono aperti nel loro racconto, che noi abbiamo ascoltato e riportato senza filtri. Non sappiamo se abbiano ragione o meno, ma questa è la versione che la giustizia ha preso per buona per condannarli. Ogni giorno il mondo violenta le donne, psicologicamente, con costrizioni, privazioni, disuguaglianze, e fisicamente con stupri e violenze soprattutto domestiche. La maggior parte dei casi non vengono neanche denunciati per paura, ricatti, vergogna. Invece denunciare è vitale e la ragazza di cui vi abbiamo parlato l’ha fatto, come tante altre donne nel mondo. Le loro denunce hanno generato altrettanti processi, che hanno fatto chiarezza sulle responsabilità. Se vi abbiamo parlato proprio di questa vicenda è perché ci è sembrata molto particolare. Loro, la ragazza e anche noi, attendiamo il prossimo passo della giustizia».

Sì Casciari, è proprio una vicenda particolare. Peccato che hai omesso i nodi centrali della questione e hai sviato su tutt’altro l’attenzione dei tuoi telespettatori.

A onor del vero, l’affermazione per cui Le Iene si sarebbe “reso inaspettatamente portatore di contenuti fuorvianti e pericolosi” – come leggiamo nella lettera di “Reti delle Reti Femminili” – non è che proprio ci trovi d’accordo, visto che si tratta, da sempre, di un programma di subcultura berlusconiana ammantato da programma di sinistra.

Il dibattito seguito al servizio ha portato sotto la luce dei riflettori un episodio che sarebbe potuto tranquillamene passare sotto silenzio come spessissimo accade, specie nei casi in cui vittime e stupratori hanno assunto alcool (o droghe). Il video delle Iene ha sicuramente fomentato la misoginia e alimentato il maschilismo di tanti uomini (e donne) di questo Paese. Ma ci piace pensare che, e qui davvero inaspettatamente per loro, Casciari e i suoi intervistati abbiano portato anche a interrogarsi sulla necessità di prevenire in qualsiasi modo l’allontanamento dei singoli dalle proprie responsabilità. Perché il rischio terribile – e la storia ce lo insegna – , è quello di prendere per buona la realtà data, di non metterla più in discussione: qualunque essa sia e qualsiasi atto si compia, semplicemente perché “normale” oppure perché è quello che ci sia aspetta da te o che “farebbero tutti”.


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