Incombe l'autunno e con esso il timore di essere colpiti dall'influenza. Per il momento non ci sono i presupposti allarmistici dell'anno scorso, in seguito al dilagare del famigerato virus H1N1, tuttavia anche quest'anno c'è chi vorrebbe proprio evitare di ritrovarsi a letto con febbre, tosse e raffreddore. Per questo motivo è già cominciata la rincorsa ai vaccini, che dovrebbero tenere a bada la cosiddetta Australiana. I medici dicono che i primi casi d'influenza si registreranno dai primi di novembre e che complessivamente il virus costringerà sotto le coperte dai due ai cinque milioni di italiani. Il picco, guarda caso (succede sempre così), è previsto per le vacanze di Natale. Con l'influenza classica ci saranno anche le "sindromi cugine", malattie simil-influenzali che porteranno a 13 milioni il numero totale di italiani contagiati. Della nuova ondata influenzale ne danno notizia Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di Medicina generale e Fabrizio Pregliasco, noto virologo milanese. "Il virus proveniente dall'Australia non dovrebbe comunque causare danni consistenti", commenta Pregliasco. I sintomi dell'influenza 2010-2011? Analoghi alle altre classiche manifestazioni influenzali. Ci saranno, infatti, anche in questo caso, febbre alta, superiore ai 38°C, tosse, difficoltà respiratorie. Ma è sempre necessario vaccinarsi? I medici dicono di sì, nonostante la titubanza dell'opinione pubblica convinta che i vaccini siano solo un buon pretesto per arricchire le case farmaceutiche. Questa idea è favorita da alcuni studi. La rivista The Lancet, per esempio, ha messo in relazione il vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia con un'infezione intestinale sconosciuta che innescherebbe forme di autismo. Mentre un lavoro pubblicato sul New England Medical Journal suggerisce che proponendo la vaccinazione antinfluenzale a tutti i bambini italiani ci si può aspettare almeno 10-15 casi di sindrome di Guillaine-Barré (poliradicolonevrite): è una malattia che coinvolge le radici dei nervi, e può essere acuta e cronica. Ma la maggiore parte dei medici - come ricordiamo bene dall'anno scorso - sprona a vaccinarsi e a non badare a certe notizie allarmistiche che potrebbero compromettere la salute di molte persone: ogni anno per la classica influenza muoiono solo in Italia almeno 8mila persone e probabilmente sarebbero molte di più se tutti decidessero di non vaccinarsi. Gli esperti dell'ISS (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute e Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienza) dicono chiaramente che il legame fra vaccini (contenenti mercurio?) e malattie come l'autismo è del tutto inconsistente. E che quindi è giusto continuare a vaccinarsi. Daniel Jacques Cristelli, presidente del Gruppo vaccini di Farmindustria (che MW ha intervistato questa settimana) rinforza la tesi dell'ISS, dicendo chiaramente che i vaccini "sono prodotti biologici studiati e messi a punto, dopo anni di ricerche e studi, per mantenerci sani". Ma alcuni dati sorprendono. Dal sito del medico chirurgo e fitoterapeuta Francesco Perugini Billi, scopriamo che nell'inverno 2004-2005 in Italia vengono vaccinate 6-7 milioni di persone: il preparato dovrebbe preservare dal virus influenzale il 70-80% dei consumatori, ma i risultati sono ben al di sotto delle aspettative. Nel 2003-2004 accade qualcosa di simile in USA, dove la copertura è solo del 14%. E c'è chi sostiene che i morti per influenza vengano "gonfiati" per rendere più plausibile il ricorso alla vaccinazione: in USA si parlò, un anno, di 36mila morti, ma il dato per altre fonti non era superiore a 753. Comunque sia c'è chi - al di là dei pareri dei medici e della stampa - non si è mai vaccinato e mai si vaccinerà, ricorrendo in alternativa ai cosiddetti "rimedi della nonna". A tal proposito ci illumina una ricerca condotta in questi giorni a Hong Kong. Dei ricercatori hanno evidenziato che il ricorso ai vaccini nel mondo è tutt'altro che standardizzato. Ci sono paesi convinti dell'importanza di vaccinarsi e altri molto meno. Al primo posto c'è il Canada, dove si vaccina il 93% della popolazione; all'ultimo la Nigeria, dove i vaccinati rappresentano appena il 31% degli abitanti. Ma chi non si vaccina come tiene a bada i rischi influenzali? Gli esperti dell'Hong Kong Polytechnic University hanno messo in luce che in ogni paese esistono pratiche mediche del tutto peculiari, riferibili perlopiù alla medicina tradizionale e pertanto poco considerate dalla sanità pubblica. In effetti, alcuni rimedi farebbero storcere il naso a chiunque. In Canada si compiono grandi abbuffate di aglio. In Grecia si mangia formaggio, yogurt e miele. Gli anziani in Turchia, Brasile e Nigeria bevono infusi a base di limone caldo e altre rutacee. L'uso delle pere cotte "vaporizzate" è appannaggio dei coreani del Sud. Mentre in Indonesia si pratica il "kerokan": si chiede a qualcuno di sfregare sulla nostra schiena una moneta, così da liberare particolari energie contenute nel nostro corpo che aiutano la circolazione, l'attività del sistema immunitario e a guarire le ferite. Ma senza andare tanto lontani anche in Italia sono vive certe pratiche tradizionali finalizzate a contrastare le malattie "del freddo". I nostri nonni, dunque, ci consigliano per esempio di combattere i primi sintomi influenzali con il vino cotto, al quale va aggiunto un pizzico di zucchero e uno di cannella. Per i più giovani si può utilizzare al posto del vino, latte o acqua e lo zucchero può essere sostituito dal miele. Gli alcolici favoriscono la traspirazione e la dispersione di calore; dolcificanti come il miele contengono principi attivi molto utili contro le infezioni. Questi preparati andrebbero assunti prima di andare a letto. Per chi ha problemi respiratori l'indicazione doc è il miele di eucalipto, associato a spicchi di mandarino; la sinusite si combatte con il mirto, la tracheite con l'origano. Sempre utili i suffumigi, per decongestionare le mucose nasali. Si respirano a fondo i vapori di una pentola contenente acqua bollente ed essenze vegetali balsamiche. Infine per la convalescenza è consigliato mangiare pomodori crudi molto maturi o berne il succo: questo ortaggio, infatti, è ricco di vitamina A (retinolo) e contiene discrete quantità di vitamine B1, B2 e C. Anche il sesso aiuta a tenere lontana l'influenza. È il succo di una ricerca condotta da scienziati della Wilkes University australiana. Gli esperti hanno analizzato i livelli di immunoglobulina A (IgA) di 100 studenti di vent'anni: l'immunoglobulina A rappresenta la prima barriera difensiva dagli attacchi di influenza e raffreddore ed è misurabile prelevando un campione di saliva. È stato chiesto ai ragazzi quante volte avessero fatto sesso nell'ultimo mese. Risultato: nei giovani che avevano fatto l'amore 2-3 volte in 30 giorni, il livello di questa sostanza era del 30% superiore a tutti gli altri che si erano astenuti dall'attività sessuale. Risultati analoghi sono stati ottenuti dai professori della London Endocrine Clinic. In questo caso è emerso che far sesso una o due volte alla settimana stimola la produzione di anticorpi in grado di proteggerci dai principali virus invernali.
Magazine Salute e Benessere
Sesso, suffumigi, origano. Ecco come si tengono a bada i virus influenzali
Creato il 18 ottobre 2010 da Gianluca1
Incombe l'autunno e con esso il timore di essere colpiti dall'influenza. Per il momento non ci sono i presupposti allarmistici dell'anno scorso, in seguito al dilagare del famigerato virus H1N1, tuttavia anche quest'anno c'è chi vorrebbe proprio evitare di ritrovarsi a letto con febbre, tosse e raffreddore. Per questo motivo è già cominciata la rincorsa ai vaccini, che dovrebbero tenere a bada la cosiddetta Australiana. I medici dicono che i primi casi d'influenza si registreranno dai primi di novembre e che complessivamente il virus costringerà sotto le coperte dai due ai cinque milioni di italiani. Il picco, guarda caso (succede sempre così), è previsto per le vacanze di Natale. Con l'influenza classica ci saranno anche le "sindromi cugine", malattie simil-influenzali che porteranno a 13 milioni il numero totale di italiani contagiati. Della nuova ondata influenzale ne danno notizia Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di Medicina generale e Fabrizio Pregliasco, noto virologo milanese. "Il virus proveniente dall'Australia non dovrebbe comunque causare danni consistenti", commenta Pregliasco. I sintomi dell'influenza 2010-2011? Analoghi alle altre classiche manifestazioni influenzali. Ci saranno, infatti, anche in questo caso, febbre alta, superiore ai 38°C, tosse, difficoltà respiratorie. Ma è sempre necessario vaccinarsi? I medici dicono di sì, nonostante la titubanza dell'opinione pubblica convinta che i vaccini siano solo un buon pretesto per arricchire le case farmaceutiche. Questa idea è favorita da alcuni studi. La rivista The Lancet, per esempio, ha messo in relazione il vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia con un'infezione intestinale sconosciuta che innescherebbe forme di autismo. Mentre un lavoro pubblicato sul New England Medical Journal suggerisce che proponendo la vaccinazione antinfluenzale a tutti i bambini italiani ci si può aspettare almeno 10-15 casi di sindrome di Guillaine-Barré (poliradicolonevrite): è una malattia che coinvolge le radici dei nervi, e può essere acuta e cronica. Ma la maggiore parte dei medici - come ricordiamo bene dall'anno scorso - sprona a vaccinarsi e a non badare a certe notizie allarmistiche che potrebbero compromettere la salute di molte persone: ogni anno per la classica influenza muoiono solo in Italia almeno 8mila persone e probabilmente sarebbero molte di più se tutti decidessero di non vaccinarsi. Gli esperti dell'ISS (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute e Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienza) dicono chiaramente che il legame fra vaccini (contenenti mercurio?) e malattie come l'autismo è del tutto inconsistente. E che quindi è giusto continuare a vaccinarsi. Daniel Jacques Cristelli, presidente del Gruppo vaccini di Farmindustria (che MW ha intervistato questa settimana) rinforza la tesi dell'ISS, dicendo chiaramente che i vaccini "sono prodotti biologici studiati e messi a punto, dopo anni di ricerche e studi, per mantenerci sani". Ma alcuni dati sorprendono. Dal sito del medico chirurgo e fitoterapeuta Francesco Perugini Billi, scopriamo che nell'inverno 2004-2005 in Italia vengono vaccinate 6-7 milioni di persone: il preparato dovrebbe preservare dal virus influenzale il 70-80% dei consumatori, ma i risultati sono ben al di sotto delle aspettative. Nel 2003-2004 accade qualcosa di simile in USA, dove la copertura è solo del 14%. E c'è chi sostiene che i morti per influenza vengano "gonfiati" per rendere più plausibile il ricorso alla vaccinazione: in USA si parlò, un anno, di 36mila morti, ma il dato per altre fonti non era superiore a 753. Comunque sia c'è chi - al di là dei pareri dei medici e della stampa - non si è mai vaccinato e mai si vaccinerà, ricorrendo in alternativa ai cosiddetti "rimedi della nonna". A tal proposito ci illumina una ricerca condotta in questi giorni a Hong Kong. Dei ricercatori hanno evidenziato che il ricorso ai vaccini nel mondo è tutt'altro che standardizzato. Ci sono paesi convinti dell'importanza di vaccinarsi e altri molto meno. Al primo posto c'è il Canada, dove si vaccina il 93% della popolazione; all'ultimo la Nigeria, dove i vaccinati rappresentano appena il 31% degli abitanti. Ma chi non si vaccina come tiene a bada i rischi influenzali? Gli esperti dell'Hong Kong Polytechnic University hanno messo in luce che in ogni paese esistono pratiche mediche del tutto peculiari, riferibili perlopiù alla medicina tradizionale e pertanto poco considerate dalla sanità pubblica. In effetti, alcuni rimedi farebbero storcere il naso a chiunque. In Canada si compiono grandi abbuffate di aglio. In Grecia si mangia formaggio, yogurt e miele. Gli anziani in Turchia, Brasile e Nigeria bevono infusi a base di limone caldo e altre rutacee. L'uso delle pere cotte "vaporizzate" è appannaggio dei coreani del Sud. Mentre in Indonesia si pratica il "kerokan": si chiede a qualcuno di sfregare sulla nostra schiena una moneta, così da liberare particolari energie contenute nel nostro corpo che aiutano la circolazione, l'attività del sistema immunitario e a guarire le ferite. Ma senza andare tanto lontani anche in Italia sono vive certe pratiche tradizionali finalizzate a contrastare le malattie "del freddo". I nostri nonni, dunque, ci consigliano per esempio di combattere i primi sintomi influenzali con il vino cotto, al quale va aggiunto un pizzico di zucchero e uno di cannella. Per i più giovani si può utilizzare al posto del vino, latte o acqua e lo zucchero può essere sostituito dal miele. Gli alcolici favoriscono la traspirazione e la dispersione di calore; dolcificanti come il miele contengono principi attivi molto utili contro le infezioni. Questi preparati andrebbero assunti prima di andare a letto. Per chi ha problemi respiratori l'indicazione doc è il miele di eucalipto, associato a spicchi di mandarino; la sinusite si combatte con il mirto, la tracheite con l'origano. Sempre utili i suffumigi, per decongestionare le mucose nasali. Si respirano a fondo i vapori di una pentola contenente acqua bollente ed essenze vegetali balsamiche. Infine per la convalescenza è consigliato mangiare pomodori crudi molto maturi o berne il succo: questo ortaggio, infatti, è ricco di vitamina A (retinolo) e contiene discrete quantità di vitamine B1, B2 e C. Anche il sesso aiuta a tenere lontana l'influenza. È il succo di una ricerca condotta da scienziati della Wilkes University australiana. Gli esperti hanno analizzato i livelli di immunoglobulina A (IgA) di 100 studenti di vent'anni: l'immunoglobulina A rappresenta la prima barriera difensiva dagli attacchi di influenza e raffreddore ed è misurabile prelevando un campione di saliva. È stato chiesto ai ragazzi quante volte avessero fatto sesso nell'ultimo mese. Risultato: nei giovani che avevano fatto l'amore 2-3 volte in 30 giorni, il livello di questa sostanza era del 30% superiore a tutti gli altri che si erano astenuti dall'attività sessuale. Risultati analoghi sono stati ottenuti dai professori della London Endocrine Clinic. In questo caso è emerso che far sesso una o due volte alla settimana stimola la produzione di anticorpi in grado di proteggerci dai principali virus invernali.
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