Con i miei denti aguzzi e con le mie unghie affilate, anche se non più fresche di pedicure, cercavo di strapparmi di dosso quell’orribile grembiule. Dato che era di panna e zucchero, ne leccai anche un po’ sentendo un buchino allo stomaco per la fame. Si era fatto mezzogiorno ed io a quell’ora, puntuale nelle mie abitudini mi sedevo a tavola per il pranzo, né un minuto di più, né un secondo di meno. Stavo finendo di districarmi dal grembiule, quando sentii una vocina femminile che mi chiedeva se poteva aiutarmi a scendere da quell’albero. Ovviamente non si aspettava una risposta da me, visto che sono un gatto, anzi una gatta. Quale non fu lo stupore di quel signore, nel sentirsi rispondere che ce la facevo benissimo da sola a scendere e non avevo certo bisogno dell’aiuto di un uomo sconosciuto, per di più molto molto anziano. Con tre balzi felini, pardon, gattini, scesi e ricomponendo il pelo, il viso e gli occhiali nuovi mi presentai. Il signore mi prese la zampina per presentarsi a sua volta, ma ad un certo punto, lo vidi cadere all’indietro svenuto. “Acciderbolina, acciderbolucci, acciderboletti! Ma è mai possibile che in questa casa tutti cadano, inciampino, svengano, si stupiscano, spalanchino occhi e bocca, come non avessero mai visto una gatta parlante? Ora come faccio a far rinvenire costui che sembra avere duecentocinquanta anni o giù di li? Non sarà mica morto, per aver sentito parlare una gatta?” Iniziai così a praticargli la respirazione bocca a bocca, come mi avevano insegnato al corso di sopravvivenza per gatte single e, dopo diverse boccate del mio alito non freschissimo (dato che non avevo portato con me lo spazzolino ed il dentigatto al sapor di cioccolata,) dentro la sua bocca, che in verità pareva una caverna, egli, aprì finalmente gli occhi. Immediatamente lo tranquillizzai, dicendogli che non era pazzo e gli confessai che ero stata dotata di voce per motivi ben precisi, che gli avrei spiegato più tardi. Mentre continuavo a fargli aria con il mio ventaglio, lui si stancò, mi disse di smetterla e mi chiese che cosa avevo mangiato per colazione, dal momento che gli avevo soffiato in bocca un alito .., beh, lasciamo perdere. In effetti la sera prima avevo mangiato delle bruschette all’aglio e ne avevo mangiate talmente tante che avrei potuto farlo svenire di nuovo. Ripresosi dallo spavento, si sedette sul prato, si presentò e disse con voce ancora molto tremolante:”Mi chiamo “Amilcare Amilcaretti, ho centododici anni e sono il migliore amico di Gedeone, ci conosciamo fin dai tempi antichi.” “Molto piacere” risposi, “Io sono Gattolona Pasticciona e non mi chieda per carità come sono finita qui, so solo che non voglio più andare via, se lei e le altre persone avrete la bontà di ospitarmi”. Amilcare mi disse che per lui non c’era alcun problema, avrei però dovuto domandare il permesso alla governante di casa, Tata Brunildina, nel caso ella avesse accettato la mia richiesta, avrei dovuto anche chiederle se poteva preparami un lettino per la notte. A differenza di Gedeone, il gentile Amilcare non aveva capelli, ma un paio di baffoni intrecciati lunghi fino alle ginocchia, la sua testa era completamente pelata come una lampadina e aveva denti di legno lucido. Il suo naso era storto come una curva di montagna e le orecchie erano talmente grandi che Brunildina ci aveva steso la biancheria ad asciugare. “Così mi rendo utile”, mi sussurrò all’orecchio,” Altrimenti quella specie di donna, non mi vuole tra i piedi. Dice che non faccio altro che mangiare, sporcare in terra e dare fastidio a tutti, insomma dice che sono troppo vecchio per fare qualsiasi cosa, ma io so benissimo che non è così, sono tutto meno che vecchio e puzzolente”. Al solo pensiero della governante, si indignò e mi fece una linguaccia, io arrossii subito per l’imbarazzo. “Ma come posso non lasciare in giro un po’ di pipi e popò” continuò con voce triste Amilcare, “Alla mia età mi fanno indossare il pannolone, ma se non me lo mettono ben stretto perdo alcune cosette per la strada”. Una grassa risata mi scappò, pensando a quando anche io avrei indossato il pannolone! Certamente lo avrei preteso di seta ricamata e guarnito con cristalli Swarovski! Questo per l’invidia di tutte le amiche del circolo “Cat’ s forever”. Certo che a vedersi, grasso non era assolutamente, anzi era talmente magro che sembrava un manico di scopa, ma non un manico ben dritto, un bastone tutto curvo e ricurvo, non sapevi mai quale era la sua schiena e quali erano i piedi. Non indossava la camicia, la giacca ed i pantaloni, ma solo un lungo asciugamano di carta che lo avvolgeva dalla testa ai piedi, seguendo le curve del suo scheletro. Qualcuno glielo aveva avvolto in modo molto stretto, attorno a quello che un tempo doveva essere il suo giro vita. Conversando del più e del meno, scoprii che era un accanito giocatore di carte, soprattutto briscola e scala quaranta, qualche volta, soprattutto al mattino giocava con a tombola .Amava giocare con il suo amico Gedeone e molto spesso, ammise che barava come un bambino, non gli piaceva perdere e, questo gli procurava delle crisi di pianto irrefrenabile. Piangendo gli scendevano dagli occhi lacrime di sapone, procurandogli un bruciore molto intenso che Tata Brunildina curava con purè di patate. Ma Gedeone era un uomo veramente buono e comprensivo, faceva finta di niente se lo vedeva barare e lo perdonava ogni volta, essendo amici per la pelle. Tentai con fare sensuale e sornione di carpirgli qualche segreto su Fulmine, su Speranza, sull’armadio, ma non ci fu nulla da fare: era irremovibile, anzi, minacciò di rimettermi sull’albero, se avessi continuato con queste domande inopportune. Capii che non era il caso di proseguire con le mie indagini e con la scusa di cercare una toilette per gatti, mi allontanai da lui. Dopo pochi istanti girai il muso per starnutire e lo vidi che saltellava allegro, piroettando con agilità su se stesso, cantando a squarciagola con quella sua vocina femminile, mentre aveva già in mano un mazzo di carte che fece volare in alto con una mano sola, disegnando nel cielo un cuore enorme. Rimasi sbalordita! Altro che centododici anni, altro che vecchietto tutto ossa, quello doveva essere per forza un Mago o qualcuno che gli assomigliava molto.