Best of the East
Best Team: Cleveland Cavaliers
I Cavaliers stanno trovando la quadratura del cerchio e hanno vinto 17 delle ultime 19 partite giocate, di cui tre consecutivamente in quest’ultima settimana. Spazzati via i Wizards a domicilio con un +38 da record quest’anno per una squadra in trasferta, Cleveland si è poi sbarazzata agevolmente dei Knicks e dei Pistons. Il record sta migliorando esponenzialmente ed ora dice 36 vittorie e 22 sconfitte, quarto posto in Eastern Conference ad un passo dai Bulls e con i Raptors nel mirino. Neanche a dirlo è LeBron James ad aver lanciato la decisiva rimonta, tenendo numeri impressionanti anche in questa stagione (25.7 punti, 5.6 rimbalzi e 7.3 assist), ottimamente supportato da Kyrie Irving (21.6 punti e 5.3 assist) e da un Kevin Love tornato, almeno, statisticamente rilevante oltre la doppia-doppia di media (16.9 punti e 10.4 rimbalzi). Gli innesti fatti strada facendo, J.R. Smith e Timofey Mozgov, si stanno rivelando utilissimi alla causa ed ora i Cavs sembrano davvero una seria pretendente all’anello. Con il Re pronto a metterselo al dito.
Best Player: Nikola Vucevic
Nikola Vucevic, Orlando Magic – Immagini fornite da Panini SPA
E’ vero che i Magic ormai sono fuori da ogni rosea prospettiva per questa stagione, ma, se non altro, hanno scoperto di avere in casa una probabile futura stella NBA, su cui iniziare a costruire delle solide basi. Vucevic, classe ’90 al terzo anno da USC, ha aiutato Orlando nella striscia di tre vittorie consecutive portata avanti in settimana, che ha permesso agli uomini di James Borrego di superare, nell’ordine, Knicks, Pelicans e Sixers, prima che il periodo positivo si interrompesse contro gli Heat in overtime la scorsa notte. Il centro si è reso protagonista di medie eccezionali: 25.7 punti, con il 53% dal campo, cui ha aggiunto la bellezza di 13.3 rimbalzi ed un plus/minus, nei tre successi, di + 37, poi rovinato dal -11 contro Miami. Non male, anche le statistiche tenute complessivamente quest’anno da Vucevic, anzi: 19.9 punti e 11.3 rimbalzi a partita, che aiutano a comporre un fantastico 15.3 di PIE, come soltanto i migliori nella Lega. Peccato per lui che quest’anno possa servire a ben poco, ma il futuro è dalla sua parte.Best of the West
Best Team: Houston Rockets
I Rockets volano e, sfruttando le altrui sfortune, in particolare quelle dei Trail-Blazers, si ritrovano abbastanza saldamente al terzo posto di Western Conference, a quota 39 vittorie e 18 sconfitte. I tre successi consecutivi contro Raptors, Timberwolves e Clippers, arrivati dopo le sconfitte contro la stessa formazione di Los Angeles e i Mavericks, hanno permesso a Houston di consolidare un posto più che soddisfacente al momento ad Ovest. A guidare la baracca è un James Harden a livelli stellari (27.2 punti, 5.8 rimbalzi e 6.9 assist), che non fa pesare eccessivamente l’assenza di Dwight Howard, ormai ai box da oltre un mese. I Rockets segnano tanto (103.3 punti di media), raccolgono un ottimo quantitativo di rimbalzi (43.9 a partita) e costruiscono bene il gioco, grazie a 21.8 assist a partita, ma subiscono decisamente troppo (99.7 punti di media) per una squadra pretendente al titolo. Se Harden aiuterà sé stesso e Houston a migliorare anche questo aspetto, potrà davvero diventare una leggenda.
Best Player: Russell Westbrook
Arrivato all’All-Star Game dopo aver trascinato i Thunder a tre vittorie consecutive contro Clippers, Nuggets e Grizzlies, Russell Westbrook ha deciso di metterne 41 nella partita della domenica in quel di New York, portandosi a casa il titolo di MVP del match. Dopodiché non si è fermato, ma ha infilato ancora 27 punti di media, tirando con oltre il 50% dal campo, negli ultimi quattro match giocati, cui ha aggiunto, per altro, la bellezza di 7.8 rimbalzi e 11.7 assist, oltre ad un plus/minus di +52 negli ultimi 126 minuti sul parquet. Oklahoma City ha vinto tutte queste quattro sfide, contro Mavericks, Hornets, Nuggets e Pacers e ha raggiunto finalmente il tanto agoniato ottavo posto in Western Conference, con 32 vittorie e 25 sconfitte, che la issano più vicina agli Spurs al settimo di quanto non siano lontani i Pelicans che inseguono. Westbrook, in stagione, segna 25.9 punti, raccoglie 6.5 rimbalzi e smazza 8 assist a partita. Serve dire altro per identificare la sua grandezza? Occhio ai Thunder, sono tornati più forti che mai.
Best of the Rest
THE AMAZING STEPH: è talmente forte che bisognerebbe aprire una rubrica soltanto per lui. Nelle ultime dieci partite giocate nessuno ha segnato quanto lui (28.5 punti a partita) e, nel frattempo, Curry ha trovato anche il tempo di aggiudicarsi, con una prova fantastica, il Three Point Contest, scalzando il nostro Marco Belinelli dal trono. I Warriors hanno perso soltanto 10 delle prime 54 partite giocate finora e sono, di spanne, la miglior squadra NBA. Chapeau.
THE BIG TICKET IS BACK: un ritorno del genere non può che mettere i brividi, soprattutto per quei tifosi che hanno casa al Target Center di Minneapolis. Kevin Garnett torna a vestire la maglia dei Timberwolves e la squadra vince incredibilmente di 20 contro i Wizards, concedendo meno di 80 punti, come poche volte era successo quest’anno. Garnett segna soltanto 5 punti, interrompendo la striscia di 418 partite con più di 5 punti con Minnesota. Ma tutto il resto continuerà a somigliare ad un sogno.
Worst of the East
Worst Team: Charlotte Hornets
Al di sotto della vera sorpresa di quest’anno in Eastern Conference, i Bucks di Jason Kidd, è una sfida a chi la combina più grossa per non aggiudicarsi gli ultimi due posti utili per i playoff. Gli Hornets, da quando Kemba Walker si è operato al menisco circa un mese fa, hanno perso sé stessi ed un numero considerevole di partite. La vittoria contro i Bulls della scorsa notte non può nascondere i cinque KO consecutivi racimolati dal 7 febbraio a questa parte. Se le sconfitte contro Thunder e Mavericks possono almeno ritenersi accettabili, altrettanto non si può dire di quelle tragiche contro Sixers, Pacers e Pistons, soprattutto perché, queste due ultime, hanno un record vicino a quello di Charlotte e potrebbero rientrare su Heat e Nets, attualmente settima e ottava ad Est, scippando il posto agli Hornets. Al momento le vittorie sono 23 e le sconfitte 32, Lance Stephenson si è rivelato una tragedia assoluta e Al Jefferson non è nemmeno vicino a quello straordinario dell’anno scorso. Kemba come back!
Worst Player: John Wall
Il periodo recente per i Wizards è di quelli da segnare con il bollino rosso. Dopo la vittoria contro i Magic del 9 febbraio, sono arrivate solo sconfitte, di misura contro i Raptors, a -38 contro i Cavaliers e netta contro i Pistons, prima che, contro i Warriors, Washington si arrendesse con onore, ma buttasse successivamente di nuovo tutto al vento perdendo di 20 contro i Timberwolves. Non è un periodo facile per John Wall, che finora si era dimostrato tra le stelle più brillanti del panorama NBA: nell’ultima settimana ha segnato appena 12 punti di media, con 23/60 dal campo e 1/10 da oltre l’arco, cui ha aggiunto, è vero, oltre 10 assist a partita, ma anche la bellezza di 18 palle perse ed un plus/minus di -33 negli ultimi 135 minuti di gioco. Inutile dire che il record della squadra della capitale ne ha risentito oltre modo, crollando a quota 33 vittorie e 24 sconfitte. Se i Cavs hanno già superato i Wizards al quarto posto, i Bucks sono in attesa di nuovi passi falsi per operare il sorpasso. Sempre che John Wall non torni quello che tutti conosciamo.
Worst of the West
Worst Team: Phoenix Suns
La stagione dei Suns sembrava perfetta fino a un mese fa. Poi, il crollo. La vittoria contro i Nuggets ha messo fine ad una striscia negativa di cinque sconfitte consecutive, arrivate a cavallo dell’All-Star Weekend contro Rockets e Bulls, ma soprattutto, incredibilmente, contro Kings, Timberwolves e Celtics. La partenza di Goran Dragic verso Miami e di Isaiah Thomas verso Boston non hanno convinto e non lasciano molte opportunità di rimonta a Phoenix, crollata ormai al decimo posto in Western Conference, a quota 30 vittorie e 28 sconfitte, ormai distanziata dai Thunder che hanno conquistato con decisione l’ultimo ticket per i playoff. Certo la partenza delle due guardie non aiuterà a migliorare i soli 20.8 assist a partita costruiti dai Suns, ma il dato più allarmante sono certamente i 105 punti a partita subiti dai Suns, il terzo peggior risultato al momento in NBA. La lezione dell’anno passato non è servita a molto, la squadra dell’Arizona sarà probabilmente destinata a guardare nuovamente la post-season alla televisione.
Worst Player: Tony Parker
quattro sconfitte consecutive, arrivato dopo il weekend dell’All-Star Game. Clippers, Warriors, Jazz e Trail-Blazers hanno sconfitto in ordine San Antonio, portando il suo record a 34 vittorie e 23 sconfitte, pericolosamente vicino a quello dei Thunder, ora ottavi in Western Conference. Tony Parker, da sempre genio e trascinatore delle vicende Spurs, dopo i 21 punti con 13 assist nel KO contro Los Angeles, ha tolto pericolosamente il piede dall’acceleratore, segnando soltanto 9 punti nelle ultime tre sfide giocate, con 3/21 al tiro, cui ha aggiunto 14 assist e ben 10 palle perse, oltre ad plus/minus di -32 negli ultimi 69 minuti sul parquet. Una settimana da dimenticare, tanto per il francese quanto per San Antonio, che rischia di trovarsi un primo turno di playoff particolarmente impegnativo se non riprende a spingere come l’anno passato.Worst of the Rest
NERVI TESI: una lite con il proprio coach Rick Carlisle ha tenuto Rajon Rondo lontano dal parquet nella partita giocata dai Mavericks contro gli Hawks e di certo non ha aiutato Dallas, che è stata sconfitta nettamente da Atlanta e ha dovuto abbandonare un’ottima striscia di tre successi consecutivi. Lo scontro verbale, arrivato nel corso del terzo quarto della partita vinta dai texani sui Raptors, è stato particolarmente acceso, tanto che si è arrivati alla sospensione. Genio e sregolatezza, in due parole tutto l’estro di Rondo.
CHI DORME NON PIGLIA PESCI: si era parlato ampiamente di molti movimenti di mercato in casa Nets, che avrebbero potuto far partire i pezzi grossi di Brooklyn, in modo da portare nuovo talento e una boccata d’aria fresca alla franchigia. Alla fine è partito il solo Garnett, in cambio di Thaddeus Young dai Timberwolves, mentre sono saltate le piste che portavano, tra gli altri, a Dragic e Reggie Jackson. Sono rimasti (quasi) tutti. Rimarranno anche i soliti, deludenti Nets?
*Immagini fornite da Panini SPA