Magazine Diario personale
Si era svegliato quando qualcuno, con un movimento repentino, gli aveva tolto l’appoggio. La base su cui stava comodamente adagiato era sfuggita, non sentiva più la vicinanza dei suoi compagni bensì qualcosa di caldo che lo stringeva in una morsa. Appena questa l’aveva lasciato, si era sentito catapultare in aria quasi fosse un saltimbanco da circo che facesse piroette su un trapezio: uno, due, tre giravolte in aria. Non c’era stata nessuna presa, era finito su qualcosa di metallico, non riusciva a capire cos’era, ma a giudicare da tutti i punti dolenti qua e là, era una rete a grossi rettangoli. Aveva l’impressione di spostarsi. Pochi secondi e si sentì schiacciare da qualcosa di pesante e freddo, durò poco per fortuna, ci fu un po’ di trambusto e infine capì di essere sistemato di nuovo in cima a qualcosa, al sicuro, anche se le sue estremità si erano frantumate. Di nuovo veniva spostato, appoggiato, trasportato e infilato a forza in un buco stretto e soffocante. Non riusciva a capire quale fosse quel giorno la sua colpa, perché gli stessero accadendo tutte quelle cose. Gli era già successo una volta, ma da che l’avevano messo in quel piano e aveva avuto il suo giaciglio, quello più in fondo rispetto ai suoi compagni, aveva sempre goduto di ottima salute. Dopo esser stato sballottato per un tempo che a lui pareva infinito, lo afferrarono di malo modo e, senza nessun riguardo, gli tolsero di dosso tutto lasciandolo completamente nudo.La morsa calda era. ancora su di lui, ancora lo afferrava, ma fu solo un momento, lo lasciò andare di colpo in un pozzo dalle pareti alte e lisce. Sentiva sotto di se l’acqua borbottare, cominciò a sudare, la paura gli faceva perdere la sua fermezza, si sentiva liquefare. Pian piano, ma inesorabilmente, sentiva di abbandonare il suo stato primitivo per assumerne un altro. Non era più lui. La confusione crebbe quando sentì la sua identità fondersi con quelle di altri a lui sconosciuti, più complesse, più vischiose, sicuramente più dolci della sua. Furono gettati tutti quanti in una sola amalgama, in una gabbia tonda e impolverata riposta quindi dentro una cella calda come l’inferno. Tutti muti, sopra il loro silenzio solo il rumore di una ventola. Ogni molecola lì dentro si gonfiò, crebbe fino allo spasimo, si chiuse in una crosta scura, ferita qua e là.Grilletto Salterino
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