Cercando, nei mesi passati, di raccontare la vita da espatriato in Nuova Zelanda e tentando di descrivere cosa significhi veramente trasferirsi agli antipodi ho cominciato e continuo a ricevere una lunga serie di messaggi di persone che immaginandosi una terra felice lontana dai problemi di casa nostra, sognano, sperano o provano ad affondare le radici in questa piccola coppia di isole, magari in vista di una nuova stabilità downunder. Pur promuovendo questo tipo di scelte tramite la mia, personale, esperienza positiva, incitare ad una partenza del genere ad occhi chiusi non è mai stato il mio forte. Viaggiare, cercare l’avventura, è un conto, ma emigrare in modo permanente in un luogo di cui si conosce poco o niente è un altro. Non nel tentativo di buttare giù di morale chi una decisione la sta per prendere, ma nella speranza di dare una visione più realistica di quella che è la vita in Nuova Zelanda, voglio provare a smontare qui alcune leggende che è così facile costruirsi da lontano, ma che rispecchiano soltanto in parte quello davvero accade dall’altro lato del mondo.
Prima di tutto, i soldi che si guadagnano in Nuova Zelanda non sono quelli che si guadagnano in Australia. Le storie di successo che arrivano fino all’Italia spesso riguardano casi isolati ed eccezioni della norma. Gli stipendi neozelandesi sono almeno il 30% più bassi che nella più grande terra dei canguri, e non sempre il costo della vita si abbassa in proporzione. Quello che si guadagna in Nuova Zelanda facendo un lavoro in cui si ha esperienza, meglio se qualificata, è uno stipendio che permette una vita dignitosa ma poco più. Il mercato del lavoro, data la piccola popolazione, è ristretto, e così sono le possibilità di guadagno. Nell’immaginario di chi parte spesso questa terra lontana è vista come una miniera d’oro dove l’unica difficoltà sta nel riuscire a raggiungerla. Non è così. Tanti di coloro che mi scrivono si bloccano su questioni come i visti, il costo del volo, oppure il dubbio generalistico del “ma lavoro si trova?”. Tutte queste domande, seppur legittime, hanno una sola risposta: l’unica via per un trasloco di successo è portare in Nuova Zelanda qualcosa che in Nuova Zelanda non c’è. Che sia questa un’idea, un progetto o altro, l’unica fortuna che ci si può aspettare di trovare è quella che ci portiamo dietro da soli, perché ciò che ci aspetta dall’altro lato è semplicemente un territorio giovane e aperto al nuovo, ma pur sempre con risorse limitate. Come si fa a sapere cosa manca? Bisogna prima andare a vedere.
Ho ricevuto decine di e-mail dove la domanda di fondo è la stessa, ma il contesto cambia. “Sono ingegnere, trovo lavoro? Sono idraulico, trovo lavoro? Voglio aprire un ristorante, è possibile?”. Camerieri, fotografi, guide turistiche, assistenti sociali, apicoltori, enologi, falegnami. Tutti, giustamente, vogliono sapere se c’è lavoro nel proprio settore. Ma come è possibile dirlo con certezza? Non si può. Quello che si vorrebbe venisse fuori da queste domande è che in Nuova Zelanda ci sia un’abbondanza di lavoro, un’assicurazione che la richiesta sia alta abbastanza da convincersi a partire con il rischio minimo. È un errore anche questo. La quantità di lavoro fisso a disposizione non è alta. Un lavoro decente non c’è per tutti, ma solo per chi è bravo, e a volte anche quello non basta. Quando mi si chiede quindi “Sono un falegname, trovo lavoro?” posso solo rispondere “Hai esperienza? Sei qualificato? Sai l’inglese? Ti sai adattare a lavorare in un modo diverso dal tuo? Allora, forse, si”. Il lavoro part-time occupa buona parte del mercato. Dato l’alto numero di studenti non è raro trovare lavori, anche buoni, per un numero limitato di ore a settimana o parti dell’anno. Però con questi non si campa, e passare ad un fisso richiede pazienza.
Nonostante la buona volontà, la frase peggiore che si possa pronunciare durante la ricerca del lavoro rimane sempre “Farò quello che capita” oppure “Sono pronto a fare qualsiasi cosa”. Queste parole, in questa parte del mondo equivalgono ad ammettere di non saper fare niente. E spesso è proprio così. Chi si specializza, impara a fare una cosa e la fa bene ha senza dubbio più possibilità di chi arriva nella speranza di trovare un lavoro qualsiasi, perché un lavoro qualsiasi qui non esiste. Può andare bene per un periodo, ma sul lungo termine questa non è un’opzione. Lo stesso concetto si applica alla lingua. È vero che i neozelandesi sono molto aperti a chi viene da fuori, e ancora oggi buona parte della popolazione è nata all’estero, ma questo non significa che non sapere la lingua pone di fronte alle stesse possibilità di chi in inglese sa parlare. Non sono in pochi quelli che si trasferiscono in Nuova Zelanda per lavoro, ed essere competitivi è sempre più difficile. La lingua dovrebbe esserela prima cosa su cui mettersi a lavorare prima ancora di partire.
La conclusione è che la Nuova Zelanda non è un paese per egoccentrici. La fortuna, il successo, la ricchezza, non è qui che si trovano. In Nuova Zelanda ci si deve saper accontentare, e chi si accontenta qui gode davvero. Ci si inserisce facilmente, ma crescere richiede tempo e questo tempo non tutti ce l’hanno, soprattutto se già avanti con l’età. Emigrare in Nuova Zelanda non accade in un giorno, e anche a chi da tanto programma, il miglior modo rimane di andare, vedere, capire e soltanto dopo decidere come muoversi.