Post breve, autoindulgente (autoindulgente è una parola vera?) e terribilmente profondo.
Ho passato le ultime 48 ore a fare una cosa che bramavo da tempo, ossia lavorare da casa.
Per mesi mi sono immaginata seduta alla scrivania della camera piccola, il laptop davanti a me e una dose enorme di tè alla rosa dentro di me (scusa Kant), un po’ di Regina Spektor in sottofondo e i raggi caldi di metà mattina ad illuminare le bellissime tende di organza granata.
Lavorare da casa: aspettative
Ecco, credo che dovrei farmi tatuare la frase “attenta a quello che desideri”, o almeno scriverla con la crema chantilly su una torta, con un rossetto sullo specchio del bagno come nei migliori film horror o quantomeno tirarne fuori una di quelle foto-con-scritta-motivazionale che vanno tanto su Instagram.
Non solo perché la mansione che ho dovuto svolgere ha compromesso notevolmente udito, vista e funzioni cerebrali, no: il vero problema è stato il cucciolo di casa, Napoleone, che ha deciso che fosse il momento giusto per farsi venire un attacco di aerofagia acuta.
Come possa un corpo così piccolo contenere tanta aria rimane per me un mistero.
Ed ecco il motivo per cui delle decine di post che avevo intenzione di scrivere oggi, questo è il meglio che ho saputo produrre.