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“Nein, nein, nein!”
Binario vuoto, silenzio di ferraglie, luce pallida. Sembra che ci siamo solo lei e io.
Lei sbatte i piedi a terra, incurva la schiena e continua a gridare: “Nein! Nein! Nein!”.
Io immobile, pietrificato.
Ricordo un ragazzino, le era seduto vicino. Parlottavano. Improvvisamente è scappato via nel treno che arrivava sul binario opposto. Scomparso. Pensavo che giocassero, e invece: “Nein! Nein! Nein!”.
Vent’anni: nera, pelle come la notte; occhi scuri, che si perdono nei metri che ci separano. Si sbraccia come fosse un albero di una nave in mezzo a una tempesta. E continua a gridare: “Nein! Nein! Nein!”.
Arriva un treno: scarica le persone sul binario dov’è seduta la ragazza. La guardano e vanno via. Tutti. Tranne una donna. Si avvicina. Le sfiora la spalla. La ragazza continua a gridare “Nein! Nein! Nein!”. La donna prende un fazzolettino, glielo porge. Lei la guarda stupita, come se non sapesse cosa farne. Ci pensa su un attimo e infine ci butta dentro la testa. Grida ancora qualche “Nein!”, ma il profumo della stoffa o forse il calore del gesto sono un richiamo troppo forte e la ragazza si lascia andare a un lungo pianto silenzioso.
La pelle nera e gli occhi scuri sono già scomparsi nell’abbraccio sconosciuto della donna.
…
Ps: da accompagnare con questa musica.
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