L'incantesimo del mercato accessibile sta svanendo. La sostenibilità dei servizi gratuiti scricchiola e già ora le illusioni che sembravano poterla rendere possibile iniziano a farsi più pesanti. Perché siamo forse diventati miliardari vendendo su eBay? Siamo bombardati dalle offerte di lavoro su LinkedIn? Le canzoni che scarichiamo gratis ogni giorno ci hanno davvero arricchito?
Ogni tanto penso al fenomeno dello spillover e provo per un attimo a credere che la fortuna dei ricchi possa trasmettersi ai più poveri. Quante band non hanno mai sfondato perché le case discografiche si sono impoverite? Quanti palchi in meno sono stati montati? Quante birre in meno sono state vendute ai concerti? Quanti posti di lavoro si sono persi, a parte i 5 o 6 della band mai salita alla gloria?
Dare al consumatore la possibilità di risparmiare non è sempre stata un'operazione pulita. Lo sanno bene gli esercenti che si sono affidati a Groupon. Continuano ad arrivare clienti con voucher. Sono sempre più numerosi, nonostante negozi ed estetiste abbiano dato una disponibilità limitata. Errore informatico o astuzia del sito, il cliente va accontentato, anche in perdita, o si rischia il danno di immagine.
E via, un pensiero anche a Uber. Una app per un passaggio veloce in macchina, meno costi per il viaggio e col risparmio si compra un cocktail in più per la serata. Quanti tassisti hanno chiuso baracca, finora? Quante volte in meno vanno dal gommista? A quali beni/servizi hanno dovuto rinunciare? E se fossero quelli che toccano gli utenti della app stessa? Il paradosso del web designer fanatico di Uber che perde la commessa per creare il sito dell'agenzia di taxi…
Della sharing economy non mi preoccupa la concorrenza. Anzi, quella è sempre positiva. Le controparti tradizionali dell'economia farebbero bene a imparare la lezione e a rendere le proprie offerte più convenienti ed appetibili per il mercato. Il problema esisteva anche prima: se i mezzi pubblici e i taxi non mi soddisfano, prendo la bicicletta. No, la questione è appunto la "controparte". La sharing economy è davvero innovativa? O è solo l'ennesimo modo per far avere servizi più scadenti a chi non può permettersi quelli migliori?
Vedi su tutto l'esempio del low cost, nato come l'alternativa cheap, sta diventando "l'unico modo per". Mi spiego meglio: un volo Ryanair, ai tempi, era quasi gratis. Aveva dato a tutti il sogno di poter prendere un aereo al mese come i manager e gli sportivi. Ci si doveva accontentare, è vero, di un viaggio senza i "lussi" (in realtà standard) delle altre compagnie, ma il gioco valeva la candela. Aeroporti scomodi, poltrone scomode, niente merenda, regole rigide per il bagaglio…ma ne valeva la pena. Ora i prezzi sono ingrassati – e gli stipendi dimagriti. Se un volo Milano-Londra costa 1/6 di una paga mensile, è ancora low cost? E se volare in questo modo diventa una necessità, è ancora accettabile? E se dobbiamo farlo per lavoro («Ma puoi usare Ryanair, tanto non costa niente!» mai sentito?) il gioco vale ancora la candela?Ma forse, questa economia e questa internet anarchica che conosciamo non esisteranno più. Tra pochi anni il "tutto gratis" potrebbe sparire. Già adesso BlaBlaCar sta sperimentando l'introduzione di una fee da pagare al sito, una percentuale che viene trattenuta sui pagamenti che, per ora sulla tratta Milano-Genova ma domani chissà, saranno obbligatoriamente online.
Ad ogni modo, è il mercato, non Hollywood: buoni e cattivi in questa storia non esistono. Forse prenderemo più treni – e sarà contento l'ambiente. Forse un nostro amico verrà assunto da BlaBlaCar e saremo più contenti per lui. Forse BlaBlaCar Italia verrà acquistata dalle Ferrovie dello Stato e ci sarà da divertirsi.
Forse, ma quasi sicuramente, l'economia 2.0 non è la rivoluzione che ci siamo aspettati e finirà per essere, con un po' di rammarico, una tra le tante possibili economie di mercato.
Simone Caroli