Non è affatto semplice ritrovarsi qui a commentare His Last Vow, ultimo episodio della stagione e atto conclusivo dell’arco narrativo… Il rischio di un’ulteriore procrastinazione, tuttavia, sarebbe quello di essere inghiottita dalla fanfara Oscar. E di rimettere la frustrazione dei premi, unita allo strazio da hiatus sherlockiano, direttamente nero su bianco sulla pagina.
Nelle scorse settimane, ho già detto moltissimo di questo Sherlock 3.0: abbiamo parlato di fanservice e approccio comedy, e abbiamo cercato di osservare al microscopio ogni possibile dettaglio di trame, sottotrame e character development.
Eppure nell’approcciarci a HLV, non possiamo rimanere in disparte e senza dire la nostra, anche perché la premiata ditta Moffat & Gatiss, once more, with feelings, risulta immediatamente capace di rigirarci come delle frittate e di proporci una versione costantemente rivista e rimodulata del nostro Consulting Detective preferito.
Laddove negli episodi precedenti la destrutturazione del canone doyleiano si era giocata nel rapporto interlocutorio con lo spettatore (a tal proposito vi consiglio dare un’occhiata alla splendida riflessione di Wordsonshuffle sul concetto di “social show”) e nell’estrazione di Holmes dal suo habitat naturale per inserirlo in un contesto di (extra)ordinaria normalità, con i susseguenti effetti di ilarità generale, in His Last Vow la sublime manipolazione degli autori poggia invece sulle basi solidissime dell’opera di Doyle, rimaneggiata con esemplare minuzia perché costituisca la cornice ideale per gli ulteriori sviluppi dello Sherlock mofftissiano.
la poetica mofftissiana…
…riassunta in due semplici immagini
I riferimenti al canone ricoprono gran parte dell’episodio: a dispetto del titolo, poco più che un tributo all’ultimo inchino descritto da ACD, l’episodio attinge invece a piene mani da The Adventure of Charles Augustus Milverton, mentre cita piuttosto esplicitamente The Empty House nella sua parte centrale. Ancora una volta i Mofftiss operano la loro magia, andando ben oltre il mero “copincolla” intellettuale e riuscendo a calare magistralmente il personaggio di Milverton, the King of Blackmailers, nel contesto contemporaneo della serie.
Ed ecco dunque che il villain assume improvvisamente i caratteri di una versione letteraria del magnate Rupert Murdoch, con un’eco nemmeno troppo sottile che si riverbera sul personaggio fittizio. L’interpretazione di Lars Mikkelsen è potente e d’impatto, in grado di trasmettere quel sentore di disgusto e disagio asfissiante attraverso lo schermo e rendendoci partecipi delle sensazioni di straniamento di cui sono vittime i nostri amati protagonisti.
Di fronte ad un avversario che si dimostra al contempo intelligentissimo e ripugnante, l’accento posto sull’umanità di Sherlock nel corso di questa series 3 sembra emergere in maniera incontrastata. I pressure points dell’eccentrico ed iperintelligente sociopatico apparentemente incapace di una qualsiasi relazione con il mondo, si sono così evoluti e diversificati nel corso del tempo da rendere quasi impossibile, ad un primo approccio del nemico, identificare un vero e proprio punto debole.
Risulterò ripetitiva e quant’altro, ma non posso fare a meno di continuare ad elogiare il team creativo Mofftiss per il lavoro sublime realizzato sul character development… Il livello qualitativo della serie ha ormai raggiunto un picco di eccezionalità che non ha nulla da invidiare a diverse produzioni cinematografiche, con un comparto tecnico di regia, montaggio, fotografia e sceneggiatura talmente perfetti da far impallidire la stragrande maggioranza delle serie tv attualmente in circolazione. Basta pensare alla grandiosa sequenza del Mind Palace, vortice di pensiero e caleidoscopio visivo allucinante ed allucinato, per renderci conto che ci troviamo davanti ad un capolavoro seriale senza eguali…
Ci sarebbero ancora moltissime cose da dire, ma per il momento concludo qui il mio discorso, ben sapendo che molti di voi non saranno d’accordo con le mie ultime parole. Non preoccupatevi, avremo modo per discuterne a lungo e di passare sotto la lente d’ingrandimento ogni singolo fotogramma in attesa della quarta stagione! XD
HELLO HIATUS, MY OLD FRIEND…
NOTE SPARSE:
- Cara BBC, poi non lamentarti se, at the end of the day, i fan puntano il dito sulla tua tirchieria… al solito, 4 location e 12 attori, questa volta addirittura reclutati tutti in famiglia!
Nell’ordine, dopo Sue e Beryl Vertue (rispettivamente moglie e suocera di Moff) nei panni di produttrici, Ian Hallard (marito di Gatiss) in The Reichenbach Falls, Mary Morstan interpretata da Amanda Abbington (lovely companion di Martin Freeman) e gli Holmes, interpretati da Timothy Carlton e Wanda Ventham (genitori di Benedict Cumberbatch), qui in His Last Vow abbiamo Louis Moffat (sì, il figlio del Malvagio in persona) nei panni del giovane Sherlock.
“mio padre è IL MALIGNOOOO” – (cit.)
- Magari chi non conosceva il canone sarà rimasto a bocca aperta davanti alle scene con Janine. In realtà in questo caso niente fanservice o trolling vari ed eventuali… ci aveva già pensato Arthur Conan Doyle ad inventarsi il finto fidanzamento per mettere a Sherlock di arrivare a Milverton!
- Sul finale, Mycroft sembra accennare ad un terzo fratello Holmes… Sarà vero? Sarà falso? SARA’ TROLL???
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