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Cosa accade quando una mente geniale ne incontra un’altra? Da questa domanda si sviluppa il romanzo scritto da una nostra vecchia (si fa per dire perché è giovanissima) conoscenza. Antonella Mecenero ha recentemente pubblicato un apocrifo, “Sherlock Holmes e il mistero dell’uomo meccanico” in cui riprende vita il famosissimo investigatore inventato da sir Artur Conan Doyle.
L’azione si colloca nel 1881, quando il mito di Sherlock Holmes stava prendendo forma e il dottor Watson era appena tornato dalla guerra, ferito nel corpo e nell’animo.
L’autrice immagina che il geniale investigatore inglese si trovi a dover indagare su un caso che coinvolge le scoperte fatte da un altrettanto geniale quanto misconosciuto inventore, Innocenzo Manzetti.
La storia si fa ancora più interessante perché Manzetti è realmente esistito, anche se probabilmente la maggior parte di voi non ne ha mai sentito parlare. I suoi genitori provenivano dalla zona del lago d’Orta (da Invorio e Pogno per la precisione), ma lui nacque e visse ad Aosta tra il 1826 e il 1877. Durante la sua breve e sfortunata vita diede vita ad invenzioni che ne fanno un pioniere in molti campi. Inventò la macchina per la pasta, il primo motore pneumatico, un’autovettura a vapore in grado di circolare su strada e molto altro. Tra questo spiccano le sue ricerche sugli automi, che coltivò per moltissimi anni, che lo portarono a indagare il fenomeno dell’induzione elettromagnetica, ipotizzando già nel 1843 la possibilità di trasmettere la voce con questo sistema.
Probabilmente avrete sentito parlare dello “scippo” che Bell fece a Meucci, soffiandogli il merito dell’invenzione del telefono. Bene, allora dovete sapere che lo stesso Antonio Meucci, apprese dalla stampa nel 1865 della scoperta di Manzetti e confidò ad un giornale americano: “Io non posso negare al sig. Manzetti la sua invenzione”. Che non solo era precedente,m ammolto più funzionale, perché per parlare col telefono di Meucci occorreva tenere una barretta tra i denti, mentre con quello di Manzetti si poteva utilizzare una più comoda cornetta. Una cosa univa Manzetti a Meucci, oltre al fatto di essere italiani: nessuno dei due aveva i soldi per brevettare la scoperta. Ci pensò Alexander Graham Bell che nel 1876 brevettò il suo sistema.
Da notare che il nostro governo si rifiutò di appoggiare l’invenzione di Manzetti in quanto temeva che il telefono, a differenza del telegrafo che richiedeva la presenza di un telegrafista in grado di controllare il contenuto delle conversazioni, potesse essere usato a scopo di cospirazione. Così andava l’Italia nel 1865.