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"SHERLOCK HOLMES" un film di Guy Ritchie

Creato il 02 gennaio 2010 da Peterpasquer
Belli i tempi in cui ci si misurava con i classici della letteratura perché la loro trasposizione cinematografica venisse presa come omaggio, rivisitazione o tentativo di arricchimento del testo d’origine (“Shining” di Kubrick è un’altra cosa rispetto a quello di King ma è pur sempre “Shining”…) Belli i tempi in cui il testo letterario o il personaggio di riferimento fungevano da spunto, da espediente per proporre un’idea di cinema nuova, anticonvenzionale (“Barry Lindon” sempre di Kubrick ma anche il “Tom Jones” di Richardson, “L’età dell’innocenza” di Scorsese). Belli i tempi in cui il pubblico al cinema non veniva tradito nelle aspettative (se sul cartellone c’era scritto “Macbeth” stiamo certi che di Shakespeare in qualche modo si trattava). Belli i tempi in cui le case di produzione si avvicinavano con riverenza ai grandi autori, svolgendo quasi una funzione di divulgazione delle loro opere maggiori (“Oliver Twist” di David Lean, “Piccole donne” di George Cukor o Mervin Le Roy, “Moby Dick” di John Houston, ecc…) Belli quei tempi, punto.   

Adesso invece, salvo rare eccezioni (e mi sovviene l'Oliver Twist di Polansky), si preferisce prescindere dal testo letterario originale, cosa di per sé ammissibile qualora ci si ponesse come scopo la messa in scena del principio di tradimento dell’opera stessa. Sì, perché trasporre un testo (letteratura/cinema in questo caso…) implica volenti o nolenti un tradimento. E’ piuttosto scontato che nella traduzione qualcosa si ometta o si aggiunga a piacimento, per una convenienza narrativa, artistica. In più di un’occasione (vi rimando alla mia recensione su “Watchmen” di Zack Sneyder) ho ribadito che è più che lecito affrontare l’analisi di un film prescindendo dal testo di base e occuparsi solo del film in sé: lo “Spiderman” di Raimi – tanto per fare un esempio – è altra cosa rispetto a quello di Stan Lee e Steve Ditko e sarebbe fin troppo sciocco giudicare il film basandosi selvaggiamente sulla sua più o mene fedele corrispondenza al fumetto di appartenenza. Tuttavia le atmosfere, le caratteristiche psicologiche dei personaggi sono mantenute. Il bello sta nel vedere come Raimi si muova nel mondo di Lee. Certo, se il Peter Parker di Raimi fosse un borghesuccio latin lover muscoloso e ammiccante, tutto preso dai suoi balzi e rimbalzi tra i palazzi di New York, qualcosa non tornerebbe. Ci si chiederebbe come mai Raimi si sia cimentato con un tale personaggio se poi di tale personaggio ne restituisce un’immagine e un carattere così lontani dall’originale. Ci si chiederebbe come mai non gli sia venuto in mente, allora, di inventarsi un  altro supereroe ispirato a quello.

Queste sono le domande che mi sono posto all’uscita della sala dopo aver visto il film di Guy Ritchie. Chi è quest’impostore che dice di essere Sherlock Holmes? Dov’è finito il suo aplomb? La sua fine ironia? Perché tanta inutile adrenalina quando sarebbe bastata una storia qualsiasi di Sir Conan Doyle per tenerci incollati alla poltrona? C’è molto più Sherlock Holmes nel dottor House che nel personaggio interpretato da Robert Downey Jr! Nella saga cinematografica su Spiderman si prova ad accontentare sia l’accanito lettore di fumetti, sia lo spettatore più a digiuno. Si tenta, cioè, di portare entrambe le platee ad un livello pressoché simile di appagamento. Nello Sherlock Holmes di Ritchie invece si è preferito prescindere dai sostenitori di Conan Doyle e si è cercato di appagare un pubblico affamato di azione, scazzottate e battute accattivanti.

E’ una sensazione, questa, confermata sia dai commenti raccolti a visione conclusa, sia dalla personale lettura di quei blog o siti specializzati in cui il monito “Evitate questo film oh voi che amate lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle!” sottende la relativa, placida, recensione. Cosa fare a queste condizioni? Non mi resta che armare di tabacco la pipa (benché né l’uno né l’altra riportino il famoso timbro Peterson, ossia la marca di pipe e di tabacco preferita – si pensa – dal nostro) e redigere una brevissima scheda priva di qualsiasi rimando al personaggio letterario d’origine: 

Regia: piuttosto anonima. Carrellate, panoramiche, campi e controcampi nella media di una qualsiasi pellicola d’azione mainstream. La tecnica al servizio dello spettacolo fine a sé. Aspetti connotativi non pervenuti. Voto: 6 stiracchiato.

Sceneggiatura: farcita com’è di inverosimiglianze, gag e battute strizzanti l'occhio (mai veramente memorabili…) fatica a bilanciare suspense e commedia, azione e detection. Il binomio Sherlock Holmes/Dr. Watson non decolla, non avvince. L’affiatamento tra loro è solo sulla carta. Il coinvolgimento emotivo stenta a venir fuori persino quando la vita di uno dei due sarà in serio pericolo. Lo stesso vale per il sub-plot a tinte rosa imperniato su Sherlock Holmes e Irene Adler: l’eroe che salva la sua bella solo perché bella. Risvolti sentimentali degni di nota? Nemmeno con la lente d’ingrandimento. Del resto qual è la funzione di costei se non quella di fornire il gancio necessario per il (malaugurato) sequel? Per non parlare poi del modo con cui lo stesso Holmes ci illustra com’è giunto alla risoluzione del caso… Una sfilza di particolari rovesciati sul piatto con uno “spiegone” che gioca un po’ sporco con l’attenzione (e la pazienza) degli spettatori più esigenti. Mi fermo qui …ma potrei benissimo infierire occupandomi della superficialità con cui si è scelto di affrontare argomenti quali la massoneria inglese o l’esoterismo. Insomma, voto: 4.

Recitazione: quasi sempre sopra le righe (…magari complice la sceneggiatura), specie nel caso di Robert Downey Jr. (attore che adoro e reputo superiore a molti altri più famosi…) qui fin troppo ammiccante. Jude Law fa quel che può. Rachel McAdams sorride e scialbeggia qua e là. Voto: 5.

Fotografia e Scenografia: la Londra ottocentesca è riprodotta in modo pregevole. Le luci e le ombre danno agli ambienti e alla storia il dovuto fascino. Voto: 7.

Media finale: 5,5.

Se poi volessi prendere in considerazione, non dico la fedeltà al personaggio originale di Sherlock Holmes ma, almeno, l’atmosfera e la qualità degli intrighi di Sir Arthur Conan Doyle, il voto scenderebbe di un altro punto.


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