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Shopping  a saint tropez

Da Silva Avanzi Rigobello

Da “i tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)”

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Confesso di essere una di quelle donne che fanno acquisti compulsivi,  ma chi non lo è?

Una volta, quando ero depressa, annoiata o mi sentivo euforica o insicura compravo scarpe; ma era perché il negozio di fronte al mio, in via Mazzini, era una Monomarca di calzature, che dalle mie vetrine si vedevano benissimo, così tra un cliente e l’altro in tre passi ero dall’altra parte della strada e nel tempo che avevo impiegato a bere un caffè, ecco che mi gratificavo con un terapeutico paio di scarpe nuove, consigliate da Renato.

Quando ho venduto il negozio la storia è finita lì. Con le scarpe. Adesso compro in modo compulsivo accessori per la cucina e per la tavola.

Si tratta di una scelta come un’altra, di cui non mi pento mai, anche se a dire il vero qualche volta ho provato un po’ di rimorso come l’altr’anno a Saint Tropez.

Da qualche anno passiamo la prima settimana di settembre a Juan les Pins e il rituale giornaliero è grosso modo sempre lo stesso : consiste nel restare in spiaggia tutta la mattina, pranzare bord de mere, praticamente  piede dans l’eau e dopo un riposino, giusto per digerire, passare il pomeriggio zonzonando ogni volta in una località diversa della Costa Azzurra o della Provenza, dove ci fermiamo anche a cena.

Quella volta,raggiungere  Saint Tropez è stato un vero inferno per via del traffico- ore di coda e chilometri di auto in fila- ma non siamo mica tornati indietro, eh no, perché noi in fatto di bazzecole siamo molto pragmatici

Comunque finalmente arriviamo.

Comodo parcheggio a pagamento, lungomare con yacht eleganti e pittori estrosi, signorili caffè all’aperto, boutiques  con marchi prestigiosi, creature di entrambi i sessi deliziosamente intente a guardarsi intorno con nonchalance per essere certe che le hai notate.

Do un’occhiatina svogliata alle vetrine, più per compiacere mio marito che per vero interesse verso i negozi di abbigliamento, dato che nessuno tiene la mia attuale taglia se non Marina Rinaldi, che naturalmente a Saint Tropez è fuori legge e poi ci si inoltra in Rue Gambetta , perpendicolare al porto.

Come guidata da un istinto primordiale, un richiamo atavico, sicura come un salmone che risale la corrente, mi dirigo subito verso un negozio sulla sinistra, un  po’ buio, di cui non ho nemmeno visto l’insegna, giuro, e lì…  eccoli!

Accatastati, ammucchiati, affastellati, raggruppati, impilati, abbandonati qua e là in un folle disordine organizzato, ci sono centinaia di oggetti di porcellana bianca, come quelli del vecchio negozio della Rosanna, ma di più, di ogni forma, prezzo e misura, da forno e non, alcuni grigi di polvere- ma chi se ne importa tanto li laveresti comunque-  ma così fantasiosi, imprevedibilmente necessari, banali o insoliti non conta, da non poter resistere!

Io non mi sono neanche provata a resistere, naturalmente, e ho comprato vaschette quadrate abbinate a cucchiaini con un fiorellino sul manico, come se si  dovessero appendere, pirofili e individuali, due mortai di misure diverse coi loro pestelli, stampi da terrine, ognuno con il coperchio sormontato da una testa di animale: cinghiale,lepre,anatra,maialino.

E poi non so cos’altro. Magari però se lo ricorda il mio eccezionale marito, che si è trascinato tutti i miei acquisti in due borsoni di plastica pesante –  rigorosamente bianchi-  attraverso  chilometri di viuzze, poi al ristorante e di nuovo sul lungomare fino al parcheggio, mentre intorno a lui altri più fortunati consorti reggevano disinvoltamente sacchetti i griffati decisamente leggeri.

Adesso vorrete sapere come utilizzo le vaschette quadrate, vero? Con differenti tipi di miele, oppure di mostarda, di confettura o di marmellata o di granelle diverse di frutta secca e nel fiorellino del manico di ciascun cucchiaino infilo uno spaghetto ( va bene anche quello per legare  l’arrosto) e attacco un cartellino con l’indicazione del contenuto della vaschetta a cui è destinato, se no finisce che me lo scordo anch’io.

Naturalmente la mia fantasia e l’impegno muscolare di Lino  meritano lo sforzo di preparare una cena alla francese o almeno un gran piatto di formaggi, questi non necessariamente Francesi ( ma sarebbe meglio), proprio bello grande, per giustificare almeno l’acquisto delle vaschette quadrate.

La cucina Francese secondo alcuni è sopravvalutata, ma io la trovo interessante e mi piace misurarmi ogni tanto con qualche piatto transalpino di sicuro effetto e di gusto insolito ma non troppo particolare.

Leggendo tutto il libro troverete un sacco di ricette vagamente galliche un po’ dappertutto.

Fossi in voi qualcuna la proverei. 

TERRINA  CAMPAGNOLA

 150 gr di lardo affettato sottile, 400 gr di polpa di maiale macinata due volte, 200 gr di prosciutto affumicato (tipo Praga ) a fette, 1 uovo, 1 tartufo medio (o due piccoli), aglio, prezzemolo, sale e pepe.

Fodero con il lardo uno stampo di porcellana da forno lasciando debordare le fette.

Con le mani inumidite mescolo il macinato con l’uovo, 1/2 spicchio d’aglio,oppure uno intero se preferite, ridotto a crema, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe.

Divido questo impasto in tre parti. La prima la sistemo sul fondo dello stampo sopra il lardo,la livello e la copro con metà’ del prosciutto e metà del tartufo affettato. Sopra spalmo un altro terzo di impasto premendo bene per non lasciare vuoti e copro col restante prosciutto e le fettine di tartufo.

Completo con l’ultimo terzo di impasto e batto ripetutamente lo stampo sul tavol0  (coperto con un canovaccio mi raccomando perché è di porcellana e Lino non torna più a Saint Tropez a comprarne un altro se si rompe), ripiego sopra le fettine di lardo che avevo lasciato debordare, incoperchio e inforno a 180 gradi per circa un’ora e mezza.

Poi lo lascio raffreddare nel forno spento e lo passo in frigorifero per almeno 6-8 ore prima di servirlo.

Un’ultima cosa: per rendere ancora più rustica questa terrina si può sostituire il prosciutto con la porchetta al forno.

Per questa ricetta uso lo stampo con la testa di cinghiale, ma va bene anche quella col maialino, oppure un foglio di alluminio se non avete ancora visitato Saint Tropez.

FLAN DI SOGLIOLE

500 gr di filetti di sogliola (  o di platessa naturalmente),  150 gr di panna da montare, 2 albumi, 200 gr di foglie di spinaci lessate ,succo di limone, prezzemolo tritato, olio, sale e pepe.
Per prima cosa scotto le foglie di spinaci in acqua salata in ebollizione, le scolo e le metto ad asciugare su un canovaccio ( può essere lo stesso di cui mi sono servita per la ricetta precedente).

Frullo i filetti di pesce, monto la panna e, separatamente, gli albumi a neve. Unisco tutto aggiungendo il succo di limone, il prezzemolo, un pizzico di sale e abbondante pepe e mescolo con molta delicatezza per mantenere il composto leggero e spumoso.

Fodero con  le foglie di spinaci degli stampini monoporzione unti d’olio ma anche uno stampo unico da souffle’ se volete fare prima-  poi li riempio fino a 2/3 con il composto e inforno a 200 gradi per circa 20 minuti.
Questi flan li servo tiepidi, su piatti individuali come entree, appena irrorati  di olio saporitissimo e sormontati da mezza fettina di lime o di limone, quello che avete in frigo.

Per risparmiare tempo si può senz’altro utilizzare anche un ‘unico stampo da plumcak e affettare il flan, sformato, in tavola. In questo caso la cottura in forno dovrà essere prolungata di altri 10/15 minuti.

Pennino

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Archiviato in:Antipasti Tagged: filetti sogliola, flan di sogliole, lardo, limone, polpa maiale, spinaci, stampi di porcellana, tartufo, terrina campagnola

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