
Duccio Chiarini, alla sua opera d’esordio, decide di raccontare da un punto di vista solo apparentemente insolito i dubbi che riempiono le menti della maggior parte degli adolescenti. Da definire insolito solo all’apparenza poiché l’idea di partenza, nonostante sia molto interessante la scelta di usare corpi imperfetti riflettenti tutte le incertezze che in quella fascia d’età sono ordinaria amministrazione - se i corpi delle ragazze vengono mostrati cellulitici o caratterizzati con petti tutt’altro che generosi, la magrezza eccessiva di Edoardo, quasi rachitico, è vista come rappresentazione della mancanza di virilità comportata dal deficit fisico -, viene demolita dagli sviluppi narrativi che, procedendo, fanno venire in superficie tutti i difetti di una scrittura che non sembra curarsi troppo della propria efficienza ma appare più concentrata sul tentativo, ampiamente fallito, di creare un’innaturale empatia col personaggio - nella stessa direzione provano a convergere regia, fotografia e colonna sonora, tutti elementi che vorrebbero restituire toni delicati ma finiscono col costruire un film semplicemente poco incisivo -.
Come troppo spesso accade nel cinema leggero italiano, anche “Short skin” - non avendo arricchito in alcun modo né il linguaggio cinematografico né la dialettica riguardanti le angosce adolescenziali - si va ad aggiungere a quei titoli il cui sviluppo non rende alcuna giustizia all’ottimo spunto iniziale. Antonio Romagnoli