Col termine shutdown (letteralmente ‘Chiusura’) si intende la chiusura, l’arresto dello Stato.
Approfondiamo.
S’è più volte ricordato, anche nelle recenti analisi, del problema degli Stati Uniti di raggiungere un accordo tra democratici e repubblicani per l’innalzamento del tetto del debito (statutory limit).
Per chi volesse rileggere in modo approfondito tutti i passaggi della vicenda, vi rimando all’articolo che ho pubblicato il 19 maggio di quest’anno: ‘Debito Stati Uniti: facciamo chiarezza’.
Il tetto del debito è stato raggiunto alla fine del 2012.
Da allora un accordo sull’aumento delle tasse e due mesi dopo (fine febbraio) un mancato accordo sulla spesa pubblica che ha causato il Sequester (meccanismo che prevedeva tagli trasversali alla spesa pubblica per 85 miliardi di dollari).
Nonostante l’attuazione del sequester, restava aperta l’esigenza di un accordo tra democratici e repubblicani per poter innalzare il tetto del debito.
Alcune misure straordinarie consentivano di posticipare di qualche mese la questione, senza però risolverla.
E nella notte i nodi sono giunti inevitabilmente al pettine.
I democratici ed i repubblicani non hanno raggiunto l’accordo, in particolar modo sulla riforma sanitaria (i primi la vogliono subito, mentre i secondi tra un anno).
Risultato: alla mezzanotte negli USA (6 del mattino da noi) è scattato lo shutdown, col blocco dei fondi a molti dipendenti pubblici (circa 800 mila) e la conseguente sospensione dei servizi non essenziali (chiusura di musei, parchi, sportelli ministeriali, ecc.).
Per capire l’eccezionalità dell’evento, basti sapere che l’ultimo shutdown si verificò ben 17 anni fa (16/12/95-6/1/1996).
Al tempo il presidente era Clinton ed anche allora democratici e repubblicani non raggiunsero un’intesa per l’innalzamento del tetto.
Scattò lo shutdown che durò 28 giorni, per terminare quando fu finalmente trovato un accordo.
Si stima che l’impatto economico ammontò a 2 MLD di dollari.
Ora si sta vedendo lo stesso film.
Più tempo sarà necessario per trovare un’intesa e più il danno economico crescerà.
Per Washington, quella con più alta concentrazione di dipendenti pubblici, il contraccolpo sarà molto pesante.
Tuttavia, se invece si considerano gli Stati Uniti nel loro complesso, anche ipotizzando una perdita di 2 MLD di dollari, la somma è marginale per la prima economia al mondo.
Il problema maggiore sta però nel danno di immagine degli Stati Uniti, nel fatto che alcuni servizi non sono garantiti ai propri cittadini, nel fatto che circa 800 mila americani non riceveranno lo stipendio e che resta tuttora da trovare un’intesa duratura, che dia sicurezza al popolo ed anche ai mercati.
Già, i mercati, macchine fortemente influenzate dalla fiducia.
Difatti, seppur personalmente convinto che un accordo sarà raggiunto, se nel frattempo il sentiment degli investitori sarà cambiato, ci sarà il rischio che anche una futura intesa non basterà a riportare il sereno tra i mercati.
Concludo precisando che in assenza di accordo per l’innalzamento, l’alternativa allo shutdown è il default (mancato pagamento dei titoli di stato), soluzione che si è voluto evitare e che avrebbe avuto conseguenze economiche pesantissime.
Riccardo Fracasso