Dopo una prima approvazione del Ddl salva-direttori, il Senato ci ripensa e oggi boccia il primo articolo del decreto Sallusti bloccando l’intero provvedimento. Complice anche la levata di scudi da parte della FNSi e degli addetti ai lavori.
DDL SALVA-DIRETTORE - Li avevamo lasciati così:Alessandro Sallusti ex direttore di Libero, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione a mezzo stampa compiuta sul suo giornale da Renato Farina e pronta reazione della politica per rispondere a quella che in tanti hanno considerato una pena troppo severa a danno dell’ex numero uno del quotidiano milanese.
Multa da 5 mila a 50 mila euro per il direttore che abbia partecipato alla commissione del reato e fino ad un anno di carcere per i giornalisti che abbiano commesso il reato di diffamazione aggravata, questo il cuore del testo in esame. La norma la scorsa settimana sembrava aver convinto il senato che aveva provvisto ad approvarla con 122 voti favorevoli e 111 contrari. Oggi, invece il decreto, nuovamente sotto esame ha subito la stoccata finale. Bocciato l’Art 1 e seduta interrotta. Sarà davvero la fine?
LE REAZIONI – Rispetto a questo provvedimento, la Federazione nazionale della stampa italiana, in collaborazione con la Fieg (Federazione italiana editori giornali), ha deciso di indire per oggi, lunedì 26 novembre, uno sciopero dell’intera categoria. L’obiettivo della contestazione non mette in discussione la revoca del carcere per i direttori, volta a “salvare” l’ex direttore di Libero dalla pena, ma punta a manifestare contro una legge che va colpire ingiustamente la parte più debole dell’informazione: i cronisti.
L’astensione dal lavoro, come scritto nell’appello che Fnsi ha lanciato al Parlamento è un’azione di protesta contro il provvedimento sulla diffamazione che, oltre ad essere “un attacco alla stampa”, rappresenta una vera e propria minaccia al diritto dei cittadini ad essere informati.
La stessa norma invece viene sostenuta a spada tratta da Rutelli, il quale la considerarla come un limite indispensabili all’attività giornalistica e ha proposto anche di inserire nelle redazioni unregistro per annotare la vera identità degli autori anonimi dei pezzi pubblicati. Ma la proposta non ha avuto fortuna.
MA ESISTONO LIMITI ALLA LIBERTA’ DI STAMPA? – La sottile polemica che si nasconde dietro alla proprosta e alla successiva approvazione di questo testo è legata ai limiti che il giornalista dovrebbe avere o meno nell’esercizio della sua attività. Ma, come la Fnsi rivendica, non tutti sanno che questi limiti esistono già, rientrano nella deontologia della professione giornalistica e sono garantiti da una fitta e vasta gamma di documenti ufficiali, primo fra tutti la nostraCostituzione. Questa, infatti, garantisce sì la libertà di espressione del proprio pensiero, ma con il comma 6 dell’articolo 21 pone dei limiti rigidi alle pubblicazioni stampa, agli spettacoli e a tutte le pubbliche manifestazioni che vadano a ledere il buon costume, dove per buon costume si intende – a seguito della sentenza 293 del 2000 della Cassazione - la dignità personale di ogni individuo.
La legge professionale n. 69 del 1963, anticamera della Carta dei doveri del giornalista pubblicata nel 1993 – relativamente in ritardo rispetto ad altri Paesi europei -, pone in essere i due obblighi fondamentali per il professionista che opera nei mass media: il rispetto della verità sostanziale dei fatti e il rispetto della persona. Chi viola questi due precetti fondamentali finsce immediatamente sotto procedimento disciplinare (Art. 48 legge 69, 1963) e rischia di essere sanzionato con uno dei 4 provvedimenti previsti dalla legge professionale: avvertimento, censura, sospensione da 2 a 12 mesi e radiazione. Questo a testimonianza del fatto che limiti e tutele giuste e oneste per la categoria esistono già e che questo disegno di legge altro non è se non un ulteriore schiaffo alla libertà dei giornalisti, descritti da Umberto Eco come “gli storici dell’istante”; la stragrande maggioranza dei quali, oltre a doversi confrontare con la precarietà del mondo dell’informazione, da oggi dovrà scontrarsi con le pericolose anomalie introdotte da questa norma.
L’informazione nel mondo contemporaneo gioca un ruolo difficile ma per comprenderne davvero il significato e l’utilità urge appellarsi allo studio pubblicato nel 1967 dal giurista Aldo Loiodice, secondo il quale il diritto all’ informazione viene cosiderato come una sorta di precondizione alla Carta Costituzionale. Infatti, come scrive Loiodice: “la Costituzione italiana postula la realizzazione dello Stato attraverso la partecipazione del cittadino alla vita democratica, ma è ovvio che questa partecipazione possa avvenire soltanto là dove il cittadino è informato”.
di Giulia Molari - http://dailystorm.it