Sì allo “svuota carceri”. Ma cosa c’è dietro il reato?

Creato il 26 giugno 2013 da Ilkomboloi @IlKomboloi

Il consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto proposto dal Ministro Cancellieri. “Non si tratta di un decreto svuota carceri”, ha dichiarato Cancellieri. Il cambio culturale sulle carceri non può essere legato al filo labile dell’amnistia.

Il Consiglio dei Ministri approva il decreto legge contenente Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, proposto dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri. Le nuove norme erano state preannunciate a più riprese nei giorni scorsi dal guardasigilli, che fin dall’inizio del suo mandato ha individuato nell’emergenza carceri una delle priorità dell’azione del governo per il settore giustizia.

Parlando nei giorni scorsi delle norme allo studio del governo, il ministro Cancellieri ha ribadito che occorre puntare ad avere subito “meno gente nelle carceri”, anche per rispettare il termine (maggio 2014) imposto al nostro Paese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (leggi). Assicurando, al contempo: “Aspettate il provvedimento del governo sulle carceri e vedrete che non c’è nessun pericolo per la sicurezza. D’altronde “legalità è la parola d’ordine e rispetto della persona. Così come previsto dalla Costituzione è necessario che i detenuti siano trattati rispettando la dignità e i sistemi di sicurezza”.

Il piano varato prevede: 5.000 posti in più e misure alternative. Inoltre prevede, entro il 2016, la disponibilità di 10mila posti in più per ridurre l’attuale sovraffollamento. “Entro maggio 2014 avremo circa cinquemila posti in più, gli altri cinquemila entro il 2016″, ha detto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, precisando che attualmente i penitenziari italiani accolgono circa 20mila detenuti oltre la capienza prevista. Al centro del decreto ci sono però le misure alternative alla detenzione, che dovrebbero portare entro due anni a liberare altri seimila posti in cella.

Dichiarazioni

Il ministro ha chiarito che non si tratta di “un decreto svuota carceri”. “Non so sulla base di cosa i giornali hanno scritto che il decreto farà uscire i mafiosi dal carcere e che le strade si riempiranno di delinquenti: non è così”. Lo scopo del provvedimento, ha spiegato Cancellieri, è di favorire “un cambio culturale” per quanto riguarda “la gestione e il trattamento dei detenuti”. Attualmente “solo cinquemila detenuti svolgono attività lavorativa” all’interno dei penitenziari e hanno così “la possibilità di metabolizzare il passaggio in carcere”, con ricadute “interessanti” in termini di abbassamento del tasso di recidiva dei reati.

“Sono ancora convinta” della necessità dell’amnistia” ha dichiarato il ministro Cancellieri. “La passata amnistia – ha aggiunto – ha liberato 15-20mila posti nelle carceri: un’uscita così notevole consentirebbe interventi strutturali che comporterebbero interventi più duraturi” in materia di sovraffollamento.

“Serve un cambio culturale, una nuova marcia”,ha osservato il ministro, per affrontare il dramma carceri per il quale “l’Europa ci ha dato tempo fino al maggio 2014 per metterci in regola. Il problema dura da trent’anni: siamo ad un punto di non ritorno”.

Il Guardasigilli ha precisato che l’estensione dell’accesso ai lavori socialmente utili “che consentirà ai detenuti di ‘pagare’ la loro pena lavorando rientrando in carcere o al domicilio la sera” esclude comunque chi ha compiuto “reati gravi come l’associazione mafiosa” e in ogni caso sarà sempre “sotto il controllo dei magistrati”. Dai Lsu sono esclusi i condannati per stalking e maltrattamento di minori.

Cambiamento culturale

Il cambio culturale sicuramente non può essere rappresentato dall’immediato svuotamento delle carceri se poi, tra 10 anni, ci si ritrova nella stessa situazione. Il cambiamento culturale deve essere radicale. Bisogna capire che il carcere, oggi e forse sempre, è deleterio e non educativo o di recupero, anzi.

L’unico cambiamento culturale reale dovrebbe partire dalle leggi, cioè da un’abrogazione del codice Rocco o quantomeno da una rivisitazione dell’intero sistema penale. Bisogna capire chi e, soprattutto perché aumentano determinati reati in determinati periodi storici; qual’è il malessere della società che induce qualcuno a commettere un reato. Facendo un esempio su una problematica che sempre più spesso colpisce il cittadino (leggi): anche l’occupazione è un reato, ma se il cittadino non riesce a far fronte alle spese per pagare l’affitto di un appartamento per se e per la propria famiglia ed è costretto ad occuparne uno, magari abbandonato da vent’anni, vuol dire che c’è qualcosa di più grosso che non funziona e non si può reprimere il bisogno reale del cittadino in cambio di una legge che in quel determinato periodo storico è, invece ”fuori legge”.

Come afferma il professor Borgna: “Il pregiudizio è quella particolare deformazione che ci porta a giudicare gli altri generalizzando i comportamenti di un certo momento. Pensiamo ai carcerati. Quelle persone hanno compiuto reati gravissimi, ma se voglio analizzare una persona, non posso partire dal reato che hanno commesso. Metto tra parentesi quel fatto: non lo cancello, ma cerco di capire la persona com’è adesso. Una persona non è definita dal reato che ha commesso, anche se noi abbiamo la tendenza a pensare che invece sia così. Invece dobbiamo vedere la loro possibilità di ri-creazione, o meglio di rinascita”. Continua: “Paradossalmente sono i reati più gravi che possono determinare le conversioni più sconvolgenti. Più grande è il male compiuto, più è possibile essere portati a rendersi conto del proprio errore. Allora accade una cosa terribile, è come una bomba atomica che distrugge l’uomo di prima e lascia aperte strade immense per ripartire”.

Il professore sostiene che: “Quello che fa decidere per il suicidio è il passaggio dalla speranza alla disperazione”.
“Con l’ergastolo nessuno più può mantenere un lumicino di speranza. È un’eutanasia imposta da persone educate, civili, religiose. Dal punto di vista psicologico, è forse la tortura maggiore: l’uccisione della speranza. È come dire: vi uccidiamo due volte. “Quello che noi siamo – ha scritto Nietzsche – è quello che diveniamo”. È il futuro che fa di noi quello che io e lei siamo in questo momento. Noi siamo un’attesa”.



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