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Se ripenso alla mia adolescenza e, tanto per citare i Tre Allegri Ragazzi morti, a quanto ha coinciso con la guerra, la mia mente non può che pensare agli autori nipponici di manga e anime. Mi vengono subito alla mente quattro nomi, ovvero quelli di Katsuhiro Otomo. il compianto Satoshi Kon, Kentaro Miura e Hayao Miyazaki. Con quest'ultimo l'amore è nato già alle medie, quando ebbi modo di vedere al cinema il suo capolavoro, La città incantata, tanto da spingermi a ricercare in lungo e in largo i suoi film per tutti gli anni a venire, vedendolo come il maestro assoluto. Perché è inutile girarci intorno, alla fine lui lo è stato. Ha saputo esprimere un proprio modo di fare animazione, con delle storie visionarie, semplici eppure bellissime, che nonostante il tempo che passa hanno mantenuto sempre la loro autonomia senza convenzionarsi alle mode o alle esigenze dei normali studi d'animazione. Perché alla fine è così, impari ad amare gli anime perché sono così diversi da quanto hai imparato a vedere prima in fatto di animazione per poi accorgerti che sono tutti uguali. Restano gli anime dello studio Ghibli che, nonostante delle inevitabili cantonate [cofcocf *I racconti di Terramare*cofcof] hanno mantenuto sempre il loro standard artistico bello alto. Ma il tempo passa per tutti, anche per i maestri, e così il sorridente Hayao ha annunciato al mondo che questo sarà il suo ultimo lavoro, il suo canto del cigno che confluirà col suo ritiro dalle scene.
E' la storia di Jiro Horikoshi (1903 - 1982), ingegnere aeronautico giapponese, che progettò il Mitsubishi A6M Zero, l'aereo da caccia usato nella seconda guerra mondiale.
Lo ammetto, della storia di un costruttore d'aerei giapponese del quale ignoravo l'esistenza, non me ne poteva fregare nulla. Ad attirarmi verso questo film è stato unicamente il nome di Miyazaki e il fatto che questo fosse il suo ultimo lungometraggio [che per dire, i distributori nostrani per 'festeggiare' questo evento hanno deciso di tenerlo nelle sale per soli tre giorni, Transformers 4 invece - che comunque, ammetto che mi ha divertito - è stato in tutti i cinema per più di un mese... poi uno non dovrebbe bestemmiare]. Per il resto avevo ben pochi motivi per andare a vedere questa pellicola, senza contare che il fatto che il sensei avesse così radicalmente cambiato le proprie tematiche topiche - non che la cosa sia un male, anzi! - mi aveva destabilizzato non poco. Ma il tutto ha dimostrato di come alla fine nel cinema e nella narrativa tutta la storia sia, in certi casi, solo un contorno, un motivo per andare a parlare d'altro. In questo film è stato così, perché la vita del signor Jiro, per quanto sia l'elemento centrale del film, alla fine appare come un piccolo contorno. Un contorno che serve a sfoggiare la grande tecnica di animazione tipica dello Studio Ghibli, qui in grado di ricreare delle vere e proprie meraviglie senza avvalersi in maniera massiccia dell'uso della CG, usandola quando serve per le scene più complicate e fondendola alla perfezione coi disegni manuali, vero fiore all'occhiello di questo studio. E serve anche per dar sfoggio di un'ottima ricostruzione degli aerei storici, perfetti in ogni dettaglio, perché a vedere quali sono state le sue produzioni e il design che ha saputo ricreare ai veicoli non stupisce sapere che il buon Hayao è stato un appassionato di aeronautica da giovane, fra le altre cose. Elementi e informazioni che quindi ci riportano al fulcro di questo film che, come non detto, non è unicamente un classico biopic, anche se in forma animata, ma una piccola poesia che senza prepotenza o sfacciataggine cerca di dare un ritratto lucido e disilluso del Giappone, cercando di dire quello che ha fatto senza peli sulla lingue e ritraendo anche i dilemmi della vita di ogni uomo. Ammetto che all'inizio io mi sono lasciato vagamente infastidire dal protagonista, così buono e perfettino, incapace di compiere o pensare una qualsiasi azione malvagia, comprendendo però che alla fine lui serviva solo come contraltare verso quello che veniva mostrato sullo sfondo: un mondo sempre più verso la rovina, un Giappone in preda alla grande recessione che lo ha colpito prima di farlo diventare la terza potenza economica mondiale che è adesso, un Giappone che si era alleato con un mostro durante la seconda guerra mondiale e che lucrava così sulle spese fatte da un feroce assassino che rispondeva al nome di Adolf Hitler. "L'uomo dimentica" dice un signore tedesco che alloggia nello stesso residence del signor Jiro, elencando una serie di cose che hanno sporcato la memoria dello stato nipponico, tra le quali anche la creazione dello stato-fantoccio del Manchukuo (Manciuria). E lo stesso Jiro è in preda a un dilemma, perché gli aerei che tanto ama verranno usati per la guerra, una delle cose più terribili che esistano. Il mondo non è buono, è sempre di più in corsa verso la rovina, e questo Horikoshi lo apprende sempre di più, anche quando arriverà a rischiare la vita per colpa di quel progresso fittizio e illusorio che sta attraversando la sua nazione fra ricatti e alleanze pericolose. Ma tutto questo è anche una storia d'amore, anzi, una doppia storia d'amore. La prima è quella del protagonista verso i suoi amati aerei, che lui non può pilotare in quanto miope, la seconda invece è verso una donna incontrata quasi per caso e ritrovata altrettanto casualmente parecchi anni dopo. Perché forse, in mezzo a tutto quello schifo che ha segnato il passaggio della Storia, forse l'amore è la sola cosa in grado di salvarci. E sarà sempre a quello che dovremmo dire grazie quando la nostra vita finirà, perché non si vive di soli aerei e nemmeno di solo progresso. Alle volte basta solo il soffio del vento, così naturale e immateriale, ma che da solo riesce a scuotere le fronde degli alberi o le estremità della memoria e dei ricordi. Non male per qualcosa che non si vede e che il sensei, con la sua solita sensibilità, è riuscito a mettere per immagini. Perché pochi possono cavalcare il vento, ma ancora meno possono filmarlo.
Miyazaki ci saluta con quello che magari non è il suo miglior film, ma è sicuramente una grande prova artistica e umana. Perché dietro alle macchine e alla loro costruzione, parallelo alla creazione di un anime, c'è dell'umanità.Voto: ★★★★
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