Si ama sempre, a prescindere dall’età.
Diverse, però, sono le implicazioni che ne derivano.
Nel silenzio di quella prima notte insieme, mentre Matteo dormiva accanto a lei, sereno, Matilde affrontò il turbinio di emozioni del dopo.
L’amore, pensava, quando la metà della vita è già stata vissuta, assume connotati, se possibile, ancora più intensi.
Lo struggimento d’animo che ne deriva paga lo scotto dello scorrere del tempo, ma dà speranza alla realizzazione intrinseca del desiderio. Le rughe e i cedimenti del corpo, che si offrono, con iniziale timore, allo sguardo e alle mani dell’altro, raccontano di quella parte di noi che chiede perdono ancor prima che amore, che suscita tenerezza ancor prima che passione. È un far cadere barriere che ci espone, vestiti o svestiti, in tutta la nostra fragilità, ed è proprio lì che il coinvolgimento è ancor più totalizzante.
E pericoloso. Sì, perché di fronte alla sintonia profonda che coglie due individui che provano a rimettersi in gioco nonostante gli affanni delle rispettive storie passate, non si può non rendere conto della velata malinconia che li coglie ogni volta in cui si pensa che quella potrebbe essere l’ultima. Ed è il senso di questa precarietà che regala a ogni evento amoroso la forza e l’impeto di un turbinio che trascina e sconvolge, al di là di ogni immaginazione, talvolta del buon senso. Si lascia che il pudore, il riserbo, nel loro ricordarci la finitezza a cui siamo sottomessi, si facciano da parte, per rischiare. Con la consapevolezza di soffrire oltre misura e di non avere più forze, e soprattutto tempo, poi, per suturare le ferite e dargli modo di cicatrizzare.
Eppure ci si innamora, di nuovo, in maniera totalizzante, penetrante, sospirando di fronte all’idea di un ancora possibile.